ANTERSASS
confluenze artistiche
FATTORIA ARTISTICA_FRONTEDELLACULTURA_HRANET
09/09/2009 >> Invito all’opera:
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Gentile amica, caro
amico,
rileggendo le lettere d'invito a
The Wandering Cemetery e a
The Sad Smoky Mountains, mi rendo conto che scrivere una lettera
incisiva d'invito all'azione è un fatto eccezionale quanto l'azione alla
quale si vuole invitare, nel senso che non è affatto né facile né
scontato tanto lo scrivere quanto l'azione.
Proverò anche questa volta aiutandomi con suggestioni e raccontando
aneddoti che hanno portato alla concezione di questa nuova idea.
Anticipo che stavo già lavorando con diversi amici a uno sviluppo
ulteriore delle opera-azioni precedenti, ciò che io per praticità chiamo
operazionismo, l'inscindibile composizione tra azione civile e opera
d'arte.
Luogo dell'azione è ancora una volta Vicenza, la mia città, dove nel
sentire comune, di tutti noi cittadini, si avverte l'urgente bisogno di
una forte scossa dopo lo sconforto subentrato a seguito degli sviluppi
infausti causati dall’inizio della costruzione della nuova base
militare. Anzi, per sostituire questo dato di fatto con
un'astrazione legittima, da tutti comprensibile, anche da chi è a
favore, mi piacerebbe scrivere “dall'instaurazione dell'illegalità”.
Ripeto e declino: sconforto, torpore e sgomento nato a seguito
dell'instaurazione dell'illegalità, ora imperante. Curiosa,
davvero, questa "informe forma" di imperialismo che ha fagocitato le
ideologie del secolo scorso.
Per tornare alla storia, è indubbio che Vicenza in questi anni sia
diventata punto di riferimento nazionale per la pace e i diritti civili.
Lo dimostrano molti fatti, specie la straordinaria lotta civile messa in
campo da migliaia di cittadini per opporsi alla militarizzazione del
territorio. Ma lo sappiamo bene: non basta la sola buona volontà delle
masse per cambiare gli eventi. Ammesso questo, anche solo come triste
attendibile ipotesi, diventa necessario studiare sempre nuove strategie
e impegnare le proprie forze a livelli diversi. Senza mezze misure. Solo
così si inizia veramente a cambiare qualcosa e si scardinano le false o
mezze-verità di chi detiene il potere (le “possibilità” di ognuno
di noi!). In altre parole, ci vuole una scossa culturale per far
sì che le cose cambino a tutti i livelli. Altrimenti -
September's here again - piovono compensazioni. Non
dimentichiamocelo: l'attuale crisi è in primo luogo una crisi culturale.
Dei percorsi, delle esperienze, delle pratiche attualmente in uso. Ci
vuole quindi qualcosa che porti del nuovo alla Città, non solo in
termini di semplice economia, soprattutto se questa alimenta le
industrie di guerra che producono armi e distruzione. Bisogna
costruire - dicevamo tra amici - qualcosa che faccia capire la
propensione di Vicenza per la pace e la cultura, come è scritto nel
Patrimonio Unesco. Non per le basi militari. Insomma, un percorso
culturale lungimirante. In molte persone ci stiamo lavorando.
Capita poi che - per questa attitudine alla pace di Vicenza - la Città
riceva in regalo una Statua di Gandhi dal Consolato Indiano, proprio
quest'anno, nel 140°anniversario della nascita. «Una statua?! Che ce ne
facciamo e dove la mettiamo?», esclama qualcuno dei miei cari amici
vicentini. «Tu, Alberto, che hai fatto parlare - in modo piuttosto
informale - la Statua del Palladio [v. il
Triste Palladio Fumante], perché non fai parlare anche questa nuova
statua o escogiti qualcosa che eviti la classica inaugurazione che poi
tutti dimenticano?».
Io, quel giorno, avanzai verso casa cercando di fermare la
memoria su ciò che mi legava a Gandhi. Appena rientrato andai subito in
cerca, nel reparto speciale “libri con documenti” della mia libreria
personale, di un volume che non aprivo da 20 anni: Antiche come le
montagne. E di montagne nella mia vita ne ho percorse molte.
Soffiai via la polvere. Lo aprii, indotto da forte curiosità, a pagina
68 (2a ediz., Saggi Mondadori, 1987), dove un segnalibro depositava
l'attenzione su di una frase segnata in modo indelebile. Un insegnamento
che non ho più dimenticato. A far da segnalibro, per niente
trascurabile, riposava il mio Foglio di congedo assoluto dal
mondo militare. La frase sottolineata diceva: «L'unico possesso è il
non-possesso».
Dopodiché ho chiuso gli occhi e ho immaginato come ora voglio fare con
voi l’ampio Campo Marzo di Vicenza.
È il calare della sera, 400 schermi baluginanti riflettono la propria
singolare luce, leggera. Dietro, in lontananza, la Statua di Gandhi,
punto focale di una configurazione che disegna secondo linee precise la
posizione di 400 banchi/sedie di scuola, rivolti a Monte Berico. Poi,
mentre avanza la sera, centinaia di persone iniziano a prendere posto.
Nel loro schermo si apprestano ad accogliere molteplici varianti di un
messaggio di pace scritto, pensato, emesso da quel punto focale, non
morto e statico, ma vivo e dinamico, quasi fosse un maestro che invita i
suoi allievi a operare, a entrare in azione. Ecco così levarsi da
Vicenza un
estremo appello al Diritto Internazionale, all'UNESCO, che di
computer in computer, grazie alla forza esponenziale iniettata in rete
dai moderni social network e dal netmailing, si propaga in ogni angolo
del Pianeta, producendo scariche informatiche generate da un
unico luogo, la nostra città, ora più che mai punto permanente,
resistente, irremovibile, di pace. E infine, respirando, tra un
messaggio e l'altro, come fossero respiri di meraviglia, una musica che
si sprigiona dalla moltitudine di voci digitali che costituiscono
l'opera.
Così ho sognato Vicenza, sotto la nuova luce diffusa da una moltitudine
di schermi policromatici.
Vicenza, Una Sola Moltitudine per richiamare il titolo del libro
di Pessoa che più amo o, per rendere omaggio al lavoro di Paul Hawken,
una Moltitudine Inarrestabile.
Vicenza, Una sola moltitudine inarrestabile per fermare le
ingiustizie dei nostri tempi. Una sola moltitudine inarrestabile che si
alza dal medesimo campo d'erba dove due anni fa depositammo le croci di
The Wandering Cemetery, il cimitero vagante sceso dai nostri
altipiani per non dimenticare la voce di giovani e civili morti nelle
guerre. Voci che qui rinascono per riprendere lo spazio dell'etere che
l'ingiustizia delle guerre rubò.
Chiudo questo invito citando il pensiero dell'amico, collaboratore e
filosofo, Stefano Bellanda: «Sono molto scettico rispetto ai movimenti
di massa, mentre abbastanza ottimista circa i movimenti di rete».
Lo sono anch'io.
Ciò che faremo non sarà facilmente cancellato, specie nel cuore dei
partecipanti.
In estrema sintesi, la pace è una rete.
La verità e
la non violenza sono antiche come le montagne.
Vi aspetto sabato 3 ottobre numerosi.
Un cordiale ciao.
Alberto Peruffo [ Italy ]
PS: è possibile partecipare anche restando a
casa/ufficio/postazione come semplice sostenitore, propagando il
messaggio in contemporanea o in differita, i giorni successivi al 3
ottobre, appena avrai accesso al tuo computer
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