Itinerario storico-letterario
Soglio Rosso (Monte Pasubio) 1650 m

PARETE SUD DEL SOGLIO ROSSO
Carlesso-Casetta e Casarotto-Campi

Nei momenti in cui mi soffermo a indagare sul perché tanto si osannano i campioni dello sport moderno, ciclisti calciatori o atleti di altro genere pubblicamente riconosciuti, non posso non pensare al giorno in cui uscii esterrefatto dalla Carlesso-Sandri alla Torre Trieste. “Formiche” mi dicevo, “formiche” ripetevo ricordando quanto rumore avevano fatto i giornali e la televisione per celebrare delle imprese sportive che rispetto alla suddetta erano bazzecole, briciole per formiche. L’impegno psico-fisico continuo e sostenuto, ore su ore, per risolvere grandi pareti, la complessità del problema ambientale, naturale e non ricreato per le esigenze del gioco, i relativi rischi, tutto questo non permettevano alla mia mente di avvicinare il grande alpinismo classico a nessuna delle discipline sportive normali, cosicché i campioni dell’alpinismo del passato sembravano essere dei giganti in confronto ai professionisti idolatrati e massificati dai media sportivi. Provate a ripetere le loro imprese, magari immedesimandovi nelle contingenze storiche dei primi salitori, e poi traetene da voi le conclusioni.

Uno di questi campioni dell’alpinismo fu negli anni Trenta Raffaele Carlesso. Friulano di nascita (seppur nato a Costa di Rovigo) e valdagnese per necessità, egli è stato uno dei più grandi alpinisti del suo tempo e - a parer mio - dal punto di vista tecnico il più forte. Ciò che infatti stupisce della tecnica alpinistica di Carlesso è che essa viene portata al massimo livello in ogni suo aspetto, sia che si parli di arrampicata libera o artificiale, sia che si parli di tecniche di camino, di placca, di diedro o di strapiombo, per non dire inoltre del controllo psicologico e dell’arte del chiodare, tecniche anche queste indispensabili all’alpinismo. Vi dirò, per farvi capire meglio il personaggio, che dal livello raggiunto da Carlesso - specie in arrampicata libera - non si è fatta molta strada al giorno d’oggi, in alpinismo... (che non è da confondere con l’arrampicata sportiva su grandi pareti). Pure le sue concezioni erano all’avanguardia visto che non disdegnava affrontare pareti aperte senza linee guida, ma alla scoperta del dettaglio, come ormai è in uso ai nostri giorni. Per trovare conferma salite la prima parte della Carlesso al Soglio Rosso e domandatevi se non era forte, coraggioso, abile e con uno sguardo rivolto verso il futuro l’uomo che per primo accarezzò quei minuti e fragili appigli. Un vero architetto dell'alpinismo, come suole definirlo Castagna nel sottolineare il notevole senso estetico delle salite del “Biri”. Tra le molte cose vi rammento che già in quegli anni ci si allenava, si usavano le scarpette d’arrampicata con suola di feltro e la pece greca per farle meglio aderire alla roccia, quasi fosse l'attuale magnesio. Altro che primitivi! Dopo di loro sopraggiunse l’artificiale sistematico, con il chiodo a pressione e lo scarpone pesante (era più comodo della scarpetta nelle lunghe ore di arrampicata sulle staffe...), lasciando così un buco storico nell’evoluzione dell’alpinismo che ancora oggi grava sulla mentalità di molti giovani alpinisti amanti dell’arrampicata libera e ignari del grande livello raggiunto negli anni Trenta.

 

 


Il 2° tiro (dopo la Cengia dei Ragni) della Carlesso

SCHEDA TECNICA: Carlesso-Casetta
SCHEDA TECNICA: Casarotto-Campi

 

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