intraisass


Rivista di Letteratura, Alpinismo e Arti Visive   
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

home page  indice  info  special

 51° Filmfestival "Città di Trento" 2003 

5 maggio 2003
Redazione Intraisass
Alberto Peruffo

 

51° Filmfestival "Città di Trento"
 Un Festival d'incontri

Un racconto-reportage dietro le quinte

 

 

Clang!
L'ultima moneta cade nella pancia del parcometro.
Ritiro il biglietto, chiudo la porta della macchina e mi giro alzando la testa. Un leggero sospiro. L'aria è umida e la città semideserta. Sono le 9 del mattino. Di fronte a me il Centro Santa Chiara di Trento.
Sta per iniziare la mia avventura di outsider del Festival, di uno che ha poco a che fare con la fotografia cinetica, la fotografia in movimento che è il comune denominatore del Festival, di un osservatore che proverà ad affiancare, contrariamente alle sue abitudini iconografiche (o iconoclaste), immagini statiche agli strumenti che meglio conosce, le spoglie - d'icone - parole.
Un Festival, sotto certi aspetti, molto magro e assai grasso e che qualcuno dei miei amici ha definito seduto, nonostante le decine di chilometri che ho dovuto percorrere per sperimentare nemmeno la decima parte di una manifestazione tradizionalmente molto intensa.

Vorrei, per grazia dei lettori, lasciare in margine la cronaca ufficiale del Festival e provare ad accompagnarvi per la straordinaria serie d'incontri che ha caratterizzato le mie giornate trentine, quasi per condividere i percorsi di un viaggio culturale che inevitabilmente, nel bene e nel male, solo la rassegna trentina permette di fare, anche al più disincantato e irriverente degli alpinisti.

Dicevo, Centro Santa Chiara di Trento. Appena messo piede in segreteria per accreditarmi, neppure il tempo di compilare il modulo che già due persone si concretizzano alle mie spalle, salutandomi. Marko Mosetti, il morigerato redattore di Alpinismo Goriziano, con il giovane figlio Enrico. Quest'ultimo, vedrete più avanti, non tarderà a dimostrarsi una carta determinante, per gioventù (la carta più magra del Festival) e perspicacia, del mio festival. Due parole con i nuovi venuti che fa capolino, col suo aspetto eternamente serafico, l'esploratore con il quale oramai posso confidarvi di nutrire una singolare collaborazione. Pensate, dopo essere riuscito a fare scrivere il selvatico Lorenzo Massarotto, sul numero 2 di intraisass Franco Michieli, il teorico dell'esplorazione all'incontrario, si cimenterà per la prima volta in un testo letterario. Il potere della letteratura e della fatica contro l'inflazione dell'immagine. Di certe immagini.

In sala stampa, ancora silenziosa e percorsa da poche figure, sconosciute, appena emerse dal sonno, butto subito  l'occhio sulla zona computer. Tutto libero (eufemismo). L'unico PC gratta come una vecchia suola sulla carta vetrata per pescare i file dalla rete. Improvvisamente, con andatura decisa e capelli cinerei ondeggianti su passi leggeri, entra un tizio occhialuto. Si ferma di fronte alla macchina del caffè e armeggia con disinvoltura. Il tizio, l'avevo dedotto dalla sigla dell'auto da cui era sbucato in albergo, è polacco. Vado per associazione. Poco prima avevo intravisto esposta una rivista polacca. La recupero al tavolo. La sfoglio velocemente in coda e in testa. Trovo una foto del direttore. E' lui! Come non detto. Mi siedo di lato al polacco sfogliando la rivista GiA (Góry i Alpinizm) e incomincio subito a indagare. Scopro un reportage di alpinismo esplorativo sull'Hindu Kush, zona a me nota. Quante cose fanno i polacchi (e non solo) completamente ignorate dalla stampa specializzata italiana, mi viene da dire (76 spedizioni polacche in Hindu Kush dal 1960 al 1983!).  Discretamente faccio conoscenza con Aleksander Lwow per approfondire il discorso e lui si presenta molto simpaticamente mettendomi di fronte un biglietto da visita con un sfilza di sei-sette-ottomila fatti da lui. Io sorrido, pensando all'alpinista-redattore che sa di cosa  scrive quando scrive. Aleksander sarà il mio compagno d'albergo per i prossimi giorni.

Non tardano ad arrivare vecchie conoscenze come Flavio Faoro, coordinatore di Oltre le vette, mio grande amico e infaticabile organizzatore della rassegna culturale bellunese. Mi presenta Augusto Golin, veronese di origine e greco d'aspetto, curatore della versione bolzanina del Festival. E nel mentre parliamo, inconfondibile con la sua lunga barba bianca, nere ciglia su occhi curiosi, si avvicina Roberto Mantovani. Il direttore della Rivista della Montagna non ha bisogno di presentazioni per tutti quelli che masticano alpinismo. Io lo conosco personalmente dall'anno scorso. Non è il caso di fare compiacenze. Lo stimo molto e abbiamo un amico in comune, Renato Casarotto. Si siede subito accanto a me e parliamo degli ultimi sviluppi dei miei progetti. Poco importano. Nel corso degli ultimi lavori per intraisass ho scoperto legami ancora più forti di quanto pensavo tra Renato e Roberto. E' inevitabile che i nostri discorsi finiscano su Renato. Mi racconta di alcuni vecchi, ma tuttora affascinanti, progetti che stavano programmando insieme. Un giorno forse si sapranno, e vedo Roberto commosso nel raccontarmi del giorno in cui gli giunse l'ultima lettera di Renato dal K2 e la tragica telefonata, un urlo, che gli annunciò la perdita dell'amico.

M'infilo nel buio della sala cinematografica. Si succedono film. Riemergo dall'oscurità frammentata da lampi di luce e di ombre, a volte di arte, e vado a pranzare con amici. Quest'anno la mensa è stata spostata all'interno della struttura dell'Università. Un bene per chi soffre d'acciacchi, un male per la vita conviviale del Festival. Non occorre che dica di più, anzi sottolineo che la parvenza di gioventù vista all'interno del classico tendone intorno alla struttura boulder non sopperisce ai pochissimi alpinisti giovani visti quest'anno al Festival. Ed essendo la parvenza un fuoco di paglia per raccontarsi avventure di montagna e l'alpinismo himalayano (tema di quest'anno) riservato a una certa età, questo e altro fa sì che alla sera non ci sia anima viva. Rimpiango le allegre serate (e giornate) dell'anno scorso, Luca Maspes e compagnia.

    Reinhold Messner
Everest Evening
    Reinhold Messner
Sergio Martini
Everest Evening
    Reinhold Messner
Mario Curnis
Everest Evening
    Reinhold Messner
Peter Habeler
Everest Evening
    Reinhold Messner
Alberto Inurrategi
Everest Evening
    Reinhold Messner
Krzysztof Wielicki
Everest Evening
    Reinhold Messner
Simone Moro
Everest Evening
    Reinhold Messner
e la morte sull'Everest
Everest Evening
    L'autore incontra
Krzysztof Wielicki
    Piera Biliato ritrae
Franco Miotto alla presentazione
del libro "La forza della natura"
    Roberto Mantovani
commenta di fronte
a un'attenta platea:
Franco Michieli, Flavio Faoro,
Mauro Corona, Roberto
De Martin e Tona Sironi
    Roberto De Martin, Gabriele
Bianchi, SPDX, Mirella
Tenderini, Franco Miotto
e l'autrice Luisa Mandrino
    Uno scorcio verso l'area
boulder con Mauro Calibani
e Cristian Brenna
    Lucio De Franceschi, Franco
De Battaglia, Silvia Metzeltin
e Gabriele Bianchi
    Lucio De Franceschi
presenta il nuovo volume
della collana CAI-TCI:
Pale di San Martino I
    Leo Dickinson premiato
dai rappresentanti
dell'International Alliance
for Mountain Film
    Il direttore di GiA,
l'esperto alpinista polacco
Aleksander Lwow
    Marco Benedetti e Franco
Giovannini, le forze motrici
dell'Ufficio Stampa del Festival
    Le pazienti segretarie
del Festival
    I giornalisti di montagna
s'incontrano: Marco Grandi
presenta i 10 film da salvare
    Italo Zandonella Callegher
introduce il verdetto della
Giuria
    Alberto Inurrategi
riceve il Premio della Stampa
    Kurt Diemberger legge
le critiche della Giuria tra
il direttore del Festival e
Spiro Dalla Porta Xydias
    Vittorino Mason e Cesarino
Fava durante il tragitto in bus
per il pranzo finale
    Il direttore che conta...
i presenti nel bus
    Rolly Marchi improvvisato pianista al pranzo finale
    Una tavola di vino e pensieri:
Silvia Metzeltin, Cesarino Fava
e Kurt Diemberger
    Vecchie glorie al caffè:
Armando Scandellari e
Spiro Dalla Porta Xydias
    Enogastronomia dolomitica
al Tendone
    Ultimo sguardo al Tendone
di Montagna Libri
1

 

Nel corridoio di servizio per depositare i resti del pranzo, nell'algida sala mensa universitaria,  da un tavolo mi arriva un cenno. E' Bruno Quaresima, l'uomo del Versante Sud. Nonostante le mie frequentazioni alpinistiche siano più a Nord, le nostre esperienze di giovani editori di montagna possono crescere reciprocamente. Si parla di alcuni nostri progetti. E quasi a nominare un autore comune, mi sento battere su una spalla. Non posso che alzarmi e salutare con il rispetto di un allievo Samuele Scalet, il grande dolomitista trentino, un mito per amico. Samuele mi rapina per portarmi da una persona di cui siamo entrambi amici ma che io conosco solo per lettera e per fama, Ivo Rabanser. Finalmente stringo la mano e osservo curioso i lineamenti netti e scolpiti del grande alpinista gardenese, mio coetaneo (più o meno), un viso antico come avrà modo di sottolineare, argutamente, il feroce Marco Vegetti, molto attento non solo alle scolaresche editoriali in gita aziendale (v. go-mountain).

Con Ivo, accompagnato dalla giovane moglie, passerò parecchie ore tra oggi e domani. Parla in modo, per così dire, sincopato. Ovviamente non nella voce, ma nel significato. Chiede con tono pacato, ma deciso, e poi attende in silenzio. Al chiosco, sorseggiando il caffè, il mio occhio abituato a segni annunciatori, a volte vicini (le mani di Ivo, massicce e potenti, mani che sempre osservo agli alpinisti), a volte lontani, si posa su un'Aquila, ovviamente di San Martino. Un'altra conoscenza di vecchia data, Duilio Boninsegna, gestore del Rifugio Pradidali. Presento Duilio a Ivo e non tardo molto a scappare. Voglio assolutamente vedere il film inglese del 1955 che danno al Teatro Sperimentale. Ritorno nel buio.

Soddisfatto del film faccio una corsa a Montagna Libri. Devo dispensare le cartoline di intraisass2 stampate per l'occasione. Non passa molto tempo che mi trovo immerso nello sfogliare libri e riviste. Assorto come sono mi risveglio dall'angoscia cartacea (disagio mio tipico ogni volta che entro in libreria) al richiamo di una voce memorabile, proprio in fatto di memoria e di racconti d'alpinismo che più di una volta ho avuto il piacere di ascoltare. E' il bassanese Mauro Moretto. Lo affianca un tipo che io non vedo da più di dieci anni, quando iniziavo ad allenarmi nelle solari pareti di Lumignano, Flavio Carraro, non di meno di Mauro, compagno del mitico Massarotto. Una birra al Pedavena non ce la leva nessuno. Ricordare le avventure in Pale di San Lucano fa la gola arsa. Parliamo della nuova guida, annunciata e misteriosa, che dovrebbe presto uscire per conto di Luca Visentini. Autore Ettore De Biasio. Chi altri sennò? Mai parlare del diavolo. Io manco lo conoscevo di persona, Mauro era più di vent'anni che non lo vedeva. D'un tratto, l'Ettore bellunese, con la sua bella parlata agordina si materializza davanti a noi, a dir poco esterrefatti. Dall'altra parte del bancone pare ci ascoltasse. Tu sei, io sono. Eco ricorrente del mio festival.

Con Mauro e Flavio decidiamo di anticipare la cena. Entrando a Santa Chiara, come fosse una barca a vela sospinta dal vento di primavera, solitaria in mezzo a una marea di barconi a motore, impossibile non ammirarla, incrocio la silhouette di Simonetta Quirtano, l'Ufficio Commerciale in persona della Vivalda. Lascio gli altri due incrociatori andare scossi alla deriva e io attracco per un momento. Sempre gentile e molto bella, ci scambiamo brevi impressioni (ci conosciamo dai tempi della spedizione Makalu delle Aquile) e riparto per la mia rotta.
Una cena veloce a sentire le avventure di Flavio in Sudamerica con Lorenzo Massarotto e Umberto Marampon (un libro tragicomico potrebbe uscirne senza affanni) e via alla serata di Messner. Usciamo dalla mensa e già un putiferio di gente si accalca al botteghino. A malincuore, avendo il pass, abbandono gli amici sperando di riunirmi all'interno dell'Auditorium. Speranza vana. Centinaia di persone sono in sala e altrettante fuori. Vago per un paio di minuti in cerca di un posto.  Accedo alla zona riservata. Molti posti liberi. Mi sto per sedere quando, girando l'occhio qua e là, incontro chi mai avrei sperato di incontrare. Io sono, tu sei. L'ultima volta lo lasciai, una decina di anni fa, ai piedi della Nordovest del Civetta che grondava acqua. Per telefono e per lettera invece ogni tanto ci sentiamo. Ermanno Salvaterra scala di un posto per farmi sedere al suo fianco. Un onore, nonché divagazioni assicurate. Alcune battute sullo Spiz di Lagunaz e sul Burél. E poi a parlare di Patagonia e Himalaya.

Inizia la serata sull'Everest. Impareggiabile Leo Dickinson, divertente Kurt Diemberger, egocentrico e perfetto alle esigenze del pubblico Reinhold Messner.  Per chi conosce la storia dell'himalaysmo niente di nuovo. Ma il pubblico è vario e non certo uniformabile soprassedendo ai livelli diversi di conoscenza. A parte una premessa sulla geologia delle montagne himalayane, scolastica e sommaria, alcune divagazioni tormentose sullo Yeti e sulla seconda morte di Mallory, una non equilibrata ricostruzione degli itinerari dell'Everest (alcuni dimenticati o appena citati), una fulminea presenza sul palcoscenico degli ospiti, a parte tutto ciò e altre quisquiglie il finale di Messner è stato un crescendo tecnicamente perfetto di senso e comunicazione. Non mi soffermo di più.
Un buco nell'acqua l'epilogo con il film di Brando Quilici. Tutto già visto. Chi è stanco esce di sala. Un ultima birra e poi a nanna.

Dei giorni seguenti (il secondo tono di grigio e il nero nella sequenza di foto) potrei raccontarvi che al mattino non sono mancato alla presentazione del libro di Franco Miotto, per conoscere Luisa Mandrino, l'autrice del testo. Ma sarebbe più interessante sapere come d'un colpo, mentre parlavo con non ricordo chi, mi si è presentato innanzi una persona canuta e vitalissima, mi ha preso la mano e me l'ha quasi ridotta a una paccottiglia di ossa (per fortuna ho reagito). Tu sei, io sono. Infatti, nientedimeno che Franco Miotto, uomo di cui avevo sognato le vie nei libri e sentito narrare meravigliose avventure. L'amico giornalista Marco Conte, anche lui al battesimo del primo incontro, gli aveva parlato delle mie preferenze alpinistiche e dei corteggiamenti alle pareti che anche Miotto ama di più. E lui veloce a invitarmi a tale e ad altre ripetizioni. Per non parlare di Ivo Ferrari, amico mio e di Franco, la nuova primula rossa di San Lucano al quale porto i saluti per conto del decano.

Potrei dirvi che il racconto sull'addio al bracconaggio di Franco Miotto è stato tra i momenti più alti del mio festival. Ma sarebbe più interessante sapere del pranzo inter nos tra il sottoscritto, Franco Miotto, Ivo Rabanser, Luisa Mandrino, il vulcanico (anche di pelo) Vittorino Mason e la sensibile pittrice Piera Biliato e... uno studente universitario. Quest'ultimo ci ha pure regalato un fulmine, forse a ciel sereno, sulla ricettività esterna al mondo del Festival. Ma voi chi siete? ci ha chiesto molto discretamente. Un filosofo ungherese avrei potuto tranquillamente rispondere, come mi ha suggerito Faoro. Noi siamo quelli... del Festival. Ah sì, ha risposto lo studente, quelli del cartellone con la montagna che si vede qua fuori. Va là?!

Potrei parlarvi del pomeriggio dove ho visitato le mostre della Sat, partecipato alla presentazione della nuova guida delle Pale di Lucio De Franceschi, parlato con il criptico (non nel linguaggio, ma nello sguardo) Luca Visentini e il folgorante Mario Crespan. E qua mi espongo. Mario è la persona nuova che mi ha lasciato forse il segno più profondo del mio festival. Il suo viso e il suo modo di parlare sembravano appartenere a quelli di un fratello che conosco dalla notte dei tempi, i miei tempi (qui intesi come spazi della mente e delle montagne da me frequentate).  Sarà la sua scrittura minuta in un quaderno oblungo e nero, corsiva e perfetta, saranno i suoi disegni meritatamente in mostra a Trento, insomma di Mario sentirete parlare ancora e presto.

Potrei narrarvi dei numerosi incontri nei corridoi, dall'amico romano Aldo Frezza al ricorrente Vegio, dalla grande alpinista Silvia Metzeltin, con cui ho scambiato alcune parole sulle guide CAI-TCI, alla direttrice blu (negli occhi e nel fare) di ALP, Linda Cottino. Oppure soffermarmi su Silvana Rovis, la preziosa intervistatrice de Le Alpi Venete, piena di entusiasmo per l'alpinismo e talmente gentile da fermarmi in un secondo momento per presentarmi l'ascetico Armando Scandellari, direttore della preziosa rassegna veneta di alpinismo (intraisass pare proprio sia letto a diversi livelli di senescenza!). Potrei anche dirvi cosa mi ha confessato il regista Giovanni Cenacchi a proposito di poesia e Mauro Corona. Ma potrei anche dimenticarmi di raccontarvi il mio incontro con uno dei fari del mio intendere l'alpinismo, il polacco Krzysztof Wielicki. Pensate, a vederlo sembra mio zio, un tipo da bar, tranquillo. E' invece tra gli alpinisti più forti e innovativi al mondo. E neppure vi dico che mi ha corso dietro mezz'ora per Trento, così mi ha detto lui, dopo averlo abbandonato sulle scale a Santa Chiara. Voleva che regalassi una copia di intraisass anche al suo grande amico italiano, Mario Corradini. Pensavamo fossi scappato via... mi dicono i due segugi, ovviamente braccato di nuovo assorto a Montagna Libri.

Potrei chiudere con le ultime birre al tendone dove il figlio di Marko, ricordate l'inizio, appena quattordicenne, non esita a registrare le sconnessioni del padre su certi passaggi filmici. Un vero e disincantato (nel senso tecnico, che non si incanta) osservatore, o meglio l'hard disk di riserva per il padre. Birre bevute insieme a Vito, Piera, Flavio per discutere del Festival, o con Franco Michieli a parlare di progetti futuri ed esplorazione. E potrei sottoporvi, infine, brevi flash, come le entrate nel tendone di un barbone con un motorino sgangherato quanto i suoi vestiti (tuttavia dietro il sedere aveva appeso le scarpette d'arrampicata, forse per il boulder di fine serata) o il discreto scivolare di Marco Benedetti, il responsabile stampa del Festival, con la sua bicicletta e a tracolla, diligentemente, la cartella di lavoro.

Potrei parlarvi di mille altre cose e persone.
Invece chiudo con l'indecifrabile smorfia di Alberto Inurattegi, a un metro da me, vincitore del Festival, al momento della comunicazione al Palazzo della Provincia. Forse perché felice del Premio ma ancora profondamente infelice per la morte del fratello, Felix, a cui il film è dedicato. Un leggero sorriso quando gli stringo la mano. Niente di più.
Chiudo, perché è notte fonda e domani, nonostante il mio festival sia stato straordinariamente positivo, dovrò inventarmi come sfornare il pane.


Alberto Peruffo
redazione intraisass
5 maggio 2003

 

_______________________
>>> comunicato stampa
del Filmfestival con i vincitori e i verbali della Giuria internazionale e della Giuria premi speciali

 

 

 copertina 

 

Antersass
Casa Editrice

copyright© 2000-2003 intra i sass

all rights reserved

Hosting by Net Trade