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 la recensione letteraria di intra i sass 

Titolo: I racconti del mugo
Autore: Vittorino Mason
Prefazione di Spiro Dalla Porta Xydias
Pagg. 190
14,50
Editore: Nordpress - febbraio 2004
Collana
: Campo Base

 

 

Le montagne di casa  recensione di Flavio Faoro

“Le montagne di casa, quelle che uno vede dalla finestra, o che raggiunge con un breve viaggio in auto, possono essere sentite come esotiche e misteriose, abitate da esseri (animali e uomini) quasi mitici, terreno per avventure dove le letture, le passioni e i sogni finalmente si realizzano”.
Viene da pensare così dopo la lettura del libro di Vittorino Mason I racconti del mugo, editore Nordpress, 190 pagine, euro 14,50. Sì perché queste montagne descritte da Mason sono le Dolomiti Meridionali, quelle cime selvagge e difficili dove la stessa dolomia, intesa come roccia sana e pulita, va conquistata con ore di salita fra mughi e ‘loppe’ (erbe lisce che crescono anche sul verticale), fra le insidie di zecche, vipere e infiniti passaggi esposti e improteggibili.
Luoghi come i Monti del Sole, la Schiara e i suoi picchi ombrosi, il Moschesin e gli Spiz di Mezzodì: questi sono gli ambienti dove Mason ambienta i suoi racconti. Montagne, appunto, vicine, ma non per questo prive di mistero, di potere di agire sulle anime sensibili, di potenzialità di avventura almeno pari alle più esotiche cordigliere andine o catene himalayane.

Il volume (che segue il notevole Sui sentieri dei portatori himalayani, scritto dallo stesso autore e pubblicato da Piazza editore nel 2001) raccoglie 15 racconti autobiografici, scritti con il gusto di narrare una piccola storia/non storia, come sono le avventure del proprio animo, o gli incontri con persone che – talvolta loro malgrado, proprio per la condizione di ‘non personaggi’ - assurgono a dignità di racconto.
Parte importante nel libro ha la figura dell'alpinista bellunese Franco Miotto, personaggio descritto in libri e film, fortissimo scalatore degli anni Settanta e Ottanta e, prima ancora, implacabile cacciatore, non sempre rispettoso delle leggi venatorie. Mason ha una venerazione sincera per Miotto, autore di itinerari non soltanto in verticale, sulle spaventose pareti del Burel, del Col Nudo e di molte altre cime, ma anche in orizzontale. Sono quei terribili viàz, percorsi di cengia che attraversano anche interi gruppi montuosi, con passaggi da brivido anche per sestogradisti abituati al vuoto, d'accordo, ma con la sicurezza della roccia solida, di giuste protezioni, di una corda ben annodata all'imbrago. Miotto ci guida in alcuni racconti del libro, fra cenge e cacce, traversate e bevute, bivacchi e lotte estenuanti fra i mughi, restituendoci un po' il clima di quell'alpinismo bellunese che, poco sensibile agli echi del Nuovo Mattino e della scalata come gioia e divertimento, in un ultimo sprazzo di stagione eroica portò alcune cordate (Riccardo Bee, Benito Saviane, Gianni Gianneselli, e alcuni altri oltre allo stesso Miotto) a realizzare imprese di assoluto valore nella storia dell'alpinismo.

Così si legge con piacere, questo libro, godendo delle storie che attraversano i racconti che Mason ci presenta, senza pretese di avventure straordinarie e di analisi psicologiche o sociali profonde ed originali, ma con la semplicità di chi, periodicamente, riesce a raggiungere dalla pianura il terreno dove il magico e il mitico – cima, animale o uomo che sia – si realizzano e si manifestano.

Fra tutti, da segnare almeno il racconto Il ricordo di Eleonora, dove la attenta cronaca di una escursione ‘qualsiasi’, quasi banale per fatica e impegno, si intreccia con le motivazioni profondamente umane della salita, restituendoci con efficacia la commozione per la perdita di una persona amata e il clima di serenità e accettazione del destino che la grande montagna sa trasmettere anche a chi è più provato dal dolore. Oppure il brano La forestale sul viàz del cacciatore, dove, quasi con una nemesi tardiva, Franco Miotto e Vittorino Mason guidano su un difficile percorso di cenge una ragazza del Corpo Forestale dello Stato, proprio di quelle guardie che per anni, ai tempi delle sue cacce, avevano tessuto appostamenti e controlli per catturare il ‘cacciatore’ più astuto e determinato delle Dolomiti Meridionali.

Ah, un appunto per l'editore: il prezzo del libro e, soprattutto, il rispetto per l'autore avrebbero richiesto una correzione di bozze più rigorosa, per evitare alcuni refusi e improprietà.

Flavio Faoro
Belluno, aprile 2004
 

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