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 Questione Sicurezza 
 

10 febbraio 2003
Lettera 01
Rif:  
comunicato stampa del Collegio Regionale Guide Alpine della Lombardia 05.02.03

di Marco Vegetti
 

Perché non parlarne?

Ho letto il comunicato e rimango sempre più stupefatto.
Veramente questo è un comunicato ufficiale delle GA Lombarde?
C'è da sbalordire quando si leggono cose così!
Ma prima vorrei sgomberare il campo da possibili equivoci: io non punto il dito accusatorio contro nessuno, non sono un giudice e non condanno nessuno a priori. Se vorrete leggere le mie parole in, questo modo, sappiate find'ora che siete in malafede.

> Il Collegio Regionale Guide Alpine della Lombardia non ritiene opportuno
> entrare nel merito dell'incidente della Val Gerola. In certe situazioni, visto
> il cangiare degli elementi in gioco, o sei sul posto o, a posteriori, non puoi
> che valutare realtà diverse al momento dei fatti.

Che significa questo?
Ormai è successo, tiriamoci una riga sopra?
Ma state scherzando, cari amici?
A questo punto, sciogliamo qualsiasi organizzazione di studio e di ricerche sulle valanghe: è inutile, dopo che son cadute!
Cari amici che scrivete queste cose, andate a Davos e ditegli che lavorano da decine d'anni per niente, ditelo all'AINEVA, ditelo allo SVI.
O, meglio, abbiate il coraggio, invece che di scrivere, di organizzare veramente e alla svelta un Convegno nazionale sulla sicurezza, invitando non solo chi davanti al vostro nome si inchina, ma pure chi ha dubbi (che voi non conoscete), chi percepisce diversamente da voi!

Ma, ancora una volta, sembra, a me beninteso, un modo di svicolare dalle domande, dalle questioni, dalla voglia di capire.
Perché alcuni gruppi di scialpinisti si son fermati molto in basso, in zona sicura, quando hanno avvertito la possibilità di un pericolo ed invece il gruppo travolto no?
Perché la GA ha perso tempo, come da sue dichiarazioni in TV quindi non
travisate dai giornalisti, a gridare per alcuni minuti a quelli sopra che mettevano tutti in pericolo invece di far scendere velocemente i suoi "clienti" (lanciando questi avvertimenti, la GA era dunque conscio di trovarsi in zona a rischio)?
Perché l'esternazione televisiva a meno di 24 ore dalla morte di tre suoi "clienti"?

> Ritiene altresì che, fatte salve la volontarietà o l'incapacità d'intendere e
> di volere conclamate,­ non sia possibile, trattandosi di ambiente naturale non
> assoggettabile a regolamentazione di sicurezza, esaurire la questione della
> responsabilità.

E questo, che significa?

> Il primo elemento di presa di responsabilità consiste nel prendere coscienza
> che in Montagna come nella Vita il rischio d'imprevisto è ineludibile.

Vedete, cari amici, che ancora una volta usate il doppio metro di giudizio?
Se io escursionista fai da te rimango travolto da una valanga, viene messa in risalto la mia incoscienza, la mia impreparazione, la mia temerarietà; qualora ad essere travolto è un gruppo portato da una GA o una GA stessa, ecco che ritorna a galla il ridicolo ritornello della "fatalità".

E' un caso, una coincidenza, eppure i tecnici del CNSAS spesso dicono - e
scrivono - che la fatalità subentra per percentuali infime nella dolorosa statistica delle morti in montagna; combinazione o caso, sempre, mi chiedo, quando sono coinvolti vostri colleghi?

Questo non è un modo serio di affrontare un malumore diffuso nell'ambiente alpinistico e, lo sapete meglio di me, anche nello stesso ambito delle Guide
Alpine.

In questo modo non aiutate affatto una crescita culturale sul fattore sicurezza, ma vi nascondete dietro un dito e belle parole.

Infine, sia chiaro questo: non c'è intento di colpevolizzare individualmente nessuno; ma c'è il sentore di un male di "sistema" all'interno delle GA. Negarlo è anche questo nascondersi, fuggire un confronto serio e corretto. Gli incidenti che riguardano le GA sono aumentati, sia che portino clienti sia che frequentino corsi: qualcosa non va.

Perché non parlarne?

Marco Vegetti
marco.vegetti@iol.it

                                                                
 
 

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