Perché non parlarne?
Ho letto il
comunicato e rimango sempre più stupefatto.
Veramente questo è un comunicato ufficiale delle GA Lombarde?
C'è da sbalordire quando si leggono cose così!
Ma prima vorrei sgomberare il campo da possibili equivoci: io non
punto il dito accusatorio contro nessuno, non sono un giudice e non
condanno nessuno a priori. Se vorrete leggere le mie parole in, questo
modo, sappiate find'ora che siete in malafede.
> Il Collegio
Regionale Guide Alpine della Lombardia non ritiene opportuno
> entrare nel merito dell'incidente della Val Gerola. In certe
situazioni, visto
> il cangiare degli elementi in gioco, o sei sul posto o, a
posteriori, non puoi
> che valutare realtà diverse al momento dei fatti.
Che significa
questo?
Ormai è successo, tiriamoci una riga sopra?
Ma state scherzando, cari amici?
A questo punto, sciogliamo qualsiasi organizzazione di studio e di
ricerche sulle valanghe: è inutile, dopo che son cadute!
Cari amici che scrivete queste cose, andate a Davos e ditegli che
lavorano da decine d'anni per niente, ditelo all'AINEVA, ditelo allo
SVI.
O, meglio, abbiate il coraggio, invece che di scrivere, di organizzare
veramente e alla svelta un Convegno nazionale sulla sicurezza,
invitando non solo chi davanti al vostro nome si inchina, ma pure chi
ha dubbi (che voi non conoscete), chi percepisce diversamente da voi!
Ma, ancora una
volta, sembra, a me beninteso, un modo di svicolare dalle domande,
dalle questioni, dalla voglia di capire.
Perché alcuni gruppi di scialpinisti si son fermati molto in basso, in
zona sicura, quando hanno avvertito la possibilità di un pericolo ed
invece il gruppo travolto no?
Perché la GA ha perso tempo, come da sue dichiarazioni in TV quindi
non
travisate dai giornalisti, a gridare per alcuni minuti a quelli sopra
che mettevano tutti in pericolo invece di far scendere velocemente i
suoi "clienti" (lanciando questi avvertimenti, la GA era dunque
conscio di trovarsi in zona a rischio)?
Perché l'esternazione televisiva a meno di 24 ore dalla morte di tre
suoi "clienti"?
> Ritiene
altresì che, fatte salve la volontarietà o l'incapacità d'intendere e
> di volere conclamate, non sia possibile, trattandosi di ambiente
naturale non
> assoggettabile a regolamentazione di sicurezza, esaurire la
questione della
> responsabilità.
E questo, che
significa?
> Il primo
elemento di presa di responsabilità consiste nel prendere coscienza
> che in Montagna come nella Vita il rischio d'imprevisto è
ineludibile.
Vedete, cari
amici, che ancora una volta usate il doppio metro di giudizio?
Se io escursionista fai da te rimango travolto da una valanga, viene
messa in risalto la mia incoscienza, la mia impreparazione, la mia
temerarietà; qualora ad essere travolto è un gruppo portato da una GA
o una GA stessa, ecco che ritorna a galla il ridicolo ritornello della
"fatalità".
E' un caso, una
coincidenza, eppure i tecnici del CNSAS spesso dicono - e
scrivono - che la fatalità subentra per percentuali infime nella
dolorosa statistica delle morti in montagna; combinazione o caso,
sempre, mi chiedo, quando sono coinvolti vostri colleghi?
Questo non è un
modo serio di affrontare un malumore diffuso nell'ambiente alpinistico
e, lo sapete meglio di me, anche nello stesso ambito delle Guide
Alpine.
In questo modo
non aiutate affatto una crescita culturale sul fattore sicurezza, ma
vi nascondete dietro un dito e belle parole.
Infine, sia
chiaro questo: non c'è intento di colpevolizzare individualmente
nessuno; ma c'è il sentore di un male di "sistema" all'interno delle
GA. Negarlo è anche questo nascondersi, fuggire un confronto serio e
corretto. Gli incidenti che riguardano le GA sono aumentati, sia che
portino clienti sia che frequentino corsi: qualcosa non va.
Perché non
parlarne?
Marco Vegetti
marco.vegetti@iol.it