Pizzo Badile
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di Giancarlo Biasin | |
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di Giancarlo Biasin |
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__________ Dal notiziario ai Soci del CAI di Verona, Novembre 1958 Un lungo inverno era trascorso inutilmente: un
banale incidente sciistico mi aveva costretto all'inattività per alcuni
mesi. Mattino del 21 luglio: riprendiamo l'arrampicata
sulla parete nord della Cima Ovest di Lavaredo. Dopo dodici ore
d'immobilità, trascorse con gambe infilate nelle staffe ondeggianti sul
vuoto sotto una pioggia insistente, finalmente ricomincio a salire. Quando ormai sto per aver partita vinta mio
fratello, che desidera trascorrere un breve periodo di vacanza in
Svizzera, m'avverte che partirà in “Lambretta”, perciò sarò costretto a
cercarmi un mezzo di trasporto. Dopo poche ore parto per Riva. L'amico mi aspetta
ma quando sente che non son riuscito a trovare la guida delle Alpi Retiche
né la relazione della salita su qualche rivista mensile del C.A.I. va su
tutte le furie e quando poi, salito sul motoscooter, dopo averlo caricato
di altri due zaini, vede che non riusciamo a superare i quaranta orari, fa
previsioni addirittura catastrofiche sulla riuscita della nostra impresa. Cerchiamo perciò di passare il confine a Chiavenna, ma qui naturalmente ci
ricacciano indietro in malo modo quando, alla richiesta di esibire il
passaporto, tiriamo fuori la carta d'identità. Sento un dolore terribile alla coscia sinistra e sto per svenire mentre
intravedo confusamente il mio compagno cercare di prendere per il bavero
il conducente dell'automezzo. Succede un parapiglia indescrivibile al
termine del quale ci portano tutti al comando dei carabinieri. Siamo bagnati fradici ma contenti. La prima tappa del nostro viaggio si è
conclusa felicemente. E' notte ormai quando, tutti sporchi e gocciolanti,
calpestiamo i tappeti dell'ingresso dell'Hotel Bragaglia di Promontogno.
Ci facciamo accompagnare nella peggiore camera dell'albergo, proprio
all'ultimo piano. Finalmente riesco a prendere sonno. Al mattino mi alzo presto; il tempo è
incerto. Siamo subito in marcia portandoci ad est di Promontogno e
risalendo una stretta e ripidissima strada dove Fausto è costretto a venir
su a piedi. Ad un certo punto davanti a me non c'è che il bosco. Il sentiero sale a serpentina in un bosco meraviglioso intersecato da freschi ruscelli alimentati dai ghiacciai sovrastanti. Alla nostra destra appare a poco a poco la grande muraglia del Badile, meta dei nostri desideri. Camminiamo ed ammiriamo in silenzio con il cuore pieno di speranze. Ognuno si chiede con un po' di apprensione dove si troverà quel medesimo istante l'indomani. Sento sempre una fitta dolorosa alla coscia sinistra ogniqualvolta tento un passo troppo lungo, ma spero di riprendermi quasi completamente prima dell'attacco. Per il resto mi sento benissimo ed è tanto grande il mio entusiasmo ed il mio desiderio di vedere per la prima volta questi luoghi meravigliosi, che senza accorgermi lascio indietro i compagni giungendo in breve alla capanna. Tutt'intorno è una cerchia di guglie arditissime. Alle due suona la sveglia ed un'ora dopo, trangugiata a forza un'abbondante colazione a base di uova fresche, marmellata, burro e tè, ci mettiamo in marcia. Per andare all'attacco ci sono circa tre ore di cammino. Bisogna dapprima attraversare alcuni impetuosi corsi d'acqua spiccando lunghi salti alla luce delle pile su grossi massi instabili. E' una ginnastica fatta apposta per svegliarci completamente ed infatti, quando arriviamo sulla faticosissima morena e poi sul ghiacciaio, siamo già tutti e tre inzuppati di sudore. Davanti al crepaccio nero e profondo che ci divide dal granito dell'attacco, ci leghiamo in cordata. Salirò usufruendo di due corde di perlon alle cui estremità si sono già legati i miei due compagni. Jack riesce a superare il profondo abisso che ci separa dalla parete; una
volta arrivato su questo gelido mondo di pietra proseguo subito in testa
impegnandomi a fondo anche per riscaldarmi un po'. La sera prima avevo detto a Canali che speravo di essere in buona forma perché volevo, una volta superata la parete Nord, scendere in giornata per lo spigolo in arrampicata libera. Se continuiamo di questo passo probabilmente potremo attuare anche quest'altro progetto. Susatti dice che corriamo troppo, ma non gli do ascolto. Siamo senza sacchi da bivacco e sappiamo bene che prima di noi ben poche cordate di tre elementi sono giunte in vetta in giornata da questo itinerario. Questa salita tutta in arrampicata libera mi entusiasma. Con un sorriso
accolgo Jack che mi porge sollecito i moschettoni e mi spingo prontamente
sempre più in alto senza aspettare Fausto che mi offre da bere. Arriviamo
in breve al piccolo nevaio incastonato come una gemma nel bel mezzo della
parete. Ci fermiamo un attimo per guardarci un po' d'attorno. La giornata
è stupenda e nulla ormai potrà impedirci di realizzare il nostro sogno. Ecco il gran diedro, massima difficoltà della salita. Salgo rapidamente
per trenta metri, quindi faccio venire i compagni e proseguo. Mentre le
difficoltà aumentano, m'accorgo che i chiodi infissi diminuiscono. Arrivo
sotto un enorme tetto nero da dove precipita una gelida cascata d'acqua.
Sono sorpreso e nello stesso tempo indispettito: mi sembra di essere
caduto in una trappola. Evidentemente siamo fuori strada. Scendiamo a corde doppie fino al punto dove si deve deviare a sinistra e,
dopo pochi istanti, siamo nel secondo diedro. Arriviamo alla fine del camino, attraversiamo a sinistra su di una cengia
e ci caliamo con due corde doppie nel colatoio terminale, che dovrebbe
essere facilissimo in condizioni normali, ma che ora è ricoperto di neve e
vetrato per il maltempo dei giorni scorsi. Metro dopo metro m'avvicino
alla vetta. Scelgo il percorso che mi sembra più facile e sicuro e faccio
molta attenzione a non scivolare su questi lastroni inclinati cementati
dal gelo. Non sarebbe simpatico precipitare per mille metri di muro
verticale proprio così vicini alla meta. Un freddo vento scende dalla
cresta del Badile ancora riscaldata dal sole: pochi attimi e la parete
Nord è alle nostre spalle. Oggi ho finalmente realizzato un sogno accarezzato da anni. Non vorrei più abbandonare questa cima e nello stesso tempo vorrei essere già a casa per far partecipi della mia felicità i pochi amici che sanno di questo mio progetto. Dalle due di notte non abbiamo mangiato niente e divoriamo con avidità la frutta sciroppata. Il sole sta per tramontare, quindi addio progetto di scendere ora per lo spigolo Nord; è tardi proprio per quello stupido errore di percorso! Ancora uno sguardo al panorama e poi scendiamo per la normale al rifugio Giannetti. Qui pensiamo di trovare un buon letto ma è tutto occupato sicché, dopo complimentose manate sulle spalle della guida Fiorelli e di altri alpinisti, con una vecchia coperta m'avvolgo per terra con Susatti. Sopportiamo anche questo. Il pensiero che, con le cordate di Lacedelli e Lorenzi siamo fra i primi dolomitisti a ripetere la parete nord, ci inorgoglisce. Alle quattro del mattino ripartiamo superando il passo di Bondo e
giungendo in poco più di tre ore alla capanna Sciora ed infine al
Promontogno. Addio Svizzera, addio Badile che svetti superbo nel cielo e
che ci hai reso così felici! Con te Jack ci rivedremo su qualche altra
parete. Arrivederci. Ora non badiamo ai chilometri, al sonno, alla
stanchezza, questa sera vogliamo essere a casa a far festa con gli amici.
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<1958> | |
Giancarlo Biasin
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____________________ N.d.r. Il testo è pubblicato per gentile concessione della Sezione C.A.I di San Bonifacio, ex Sottosezione “Giancarlo Biasin”, Verona. Come già riportato a margine del racconto Su gli ultimi passi di Giancarlo Biasin di Arturo Castagna, ricordiamo che Giancarlo Biasin, forte alpinista nativo d'Illasi, morì il 3 agosto 1964 scivolando dall'ultima balza del Sentiero dei Cacciatori, ripida ed esposta traccia che si alza sopra la Val Pradidali, Pale di San Martino. Aveva appena concluso una delle più difficili salite dolomitiche dell'epoca, accompagnando Samuele Scalet al suo ennesimo tentativo. Samuele trovò in Giancarlo il giusto e leale compagno (Biasin, contrariamente alle sue abitudini, fece da secondo di cordata) per la soluzione finale.
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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALEHERMANN BUHL, E' buio sul ghiacciaio, Milano 1987. ----------------------------------------------------------------------------------------------------
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