Gentile amico di Vicenza, cara amica,
le Dolomiti – un passo oltre – pochi mesi dopo essere divenute
patrimonio mondiale dell’umanità, hanno visto una corsa sfrenata per
accappararsi logo, sede e giurisdizione. Finalmente anche loro hanno
un marchio per essere distinte come merce. Così sembra. Soprattutto se
a parlare sono persone che non hanno mai messo né mani né piedi sulle
rocce verticali delle Dolomiti. Costoro sperano in una ricaduta
economica più che nella salvaguardia del patrimonio. Una conseguenza
economica viziosa,
se così fosse.
Un passo breve. Vicenza, che nel 1994 ha ricevuto
questo marchio per meriti storico-culturali, meriti che avrebbero
potuto generare conseguenze economiche
virtuose, ha
venduto la sua virtù in cambio di non si sa bene cosa. Compensazioni?
Ecomonia di genere? Turismo paramilitare? La virtù di Vicenza
è stata l’urbanesimo, di cui si voleva fosse esempio al
mondo, e il lascito Palladiano. Sappiamo com’è andata.
Un passo oltre. Non c’è libro delle Dolomiti – ne
sono usciti a frotte – che non riporti la dicitura Patrimonio Mondiale
Naturale dell’UNESCO. Le copertine sembrano dire: “Venite tutti a
consumare le Dolomiti!”, visto che sono pensate per i turisti di
transito veloce, dotati di mezzi e vincolati da questi, non tanto per
i camminatori, gli alpinisti o gli ecursionisti, meno che meno per i
montanari, gli abitanti, i pastori, i malgari. L’UNESCO, comunque e
ovunque, è per principio, o di principio, o al principio, un bene. Ma
non sono in grado di dire se il Patrimonio UNESCO per la complessità
delle Dolomiti è
bene o male. I primi segnali sono negativi. Marchio e sede contesi;
libri strenna ritirati e riposizionati, griffati, dagli editori;
esasperazione del facile accesso e dell’immagine di superficie, del
mordi e fuggi; rifugi che diventano alberghi.
Un passo breve. Se dovessi considerare seriamente
il caso di Vicenza non so a cosa
sia servito il
marchio UNESCO o quale esempio possa essere stata Vicenza per il
mondo. Vicenza venti anni fa
era una cosa. Ora è una città deformata. Meglio, deprivata.
L’intorno e i dettagli sono bellissimi. Il mezzo è liquefatto,
mediocre, deforme. E avanza; rompendo ogni corrispondenza tra
superficie e interiorità, ogni
concreta verità su
questa spaesata
città. L’UNESCO, in quanto antidoto e valorizzatore, è dunque servito
a niente. Le conseguenze virtuose qui non si sono mai viste. Si
continuano a fare festicciole, teatrini, celebrazioni scialbe,
pedemontane, installazioni militari, capannoni marzottiani, banche
impopolari. La Base
Hullweck-Variati (ex Dal Molin, Del Din per gli
insabbiatori, Nosiglia-Zonin per i veri cristiani) è lunga due
chilometri e dista la stessa misura dalla Basilica Palladiana. Ora qui
fanno da Raffaello verso
Picasso. Bene. Io co/stringerei tutti i visitatori a fare,
usciti dalla mostra,
Dall’ex Dal Molin verso Site Pluto, passando per Caserma
Ederle, deviando sul Tormeno, per sbucare a destinazione.
Una full
immersion (espressione non a caso angloamericana,
subacquea) di passeggiata artistico-militare, con in mezzo Villa La
Rotonda, a complemento di un percorso culturale che chiude con
doverosa visione d’insieme la tangibile arte contemporanea che
distingue Vicenza. Un passo
oltre la clamorosa serie di quadri fatti assemblare nel
nobile contenitore palladiano da Goldin, il demiurgico curatore che si
stupisce della sterilità della città. I visitatori del complemento
vedranno infatti
installazioni. Non è questo il linguaggio dell’arte
contemporanea? Della metropoli diffusa?
Le installazioni? Sì!
Il fatto è che a Vicenza le installazioni dotate di una certa fama
sono purtroppo solo militari. Altre non se ne vedono in giro. Un vero
peccato, perché contraddice la vocazione culturale di Vicenza che il
marchio UNESCO voleva incrementare.
Un passo medio. C’è dunque qualcosa che non va in
questo UNESCO. C’è una
vergogna bidirezionale. Vicenza che si vergogna di se
stessa e l’UNESCO che è vergognoso perché non ha voluto fare quello
che era suo dovere fare. La
verecondia della
parola latina è poca cosa. Qui ci vuole qualcosa di più. Qualcosa che
parli un linguaggio chiaro, arcaico e contemporaneo, visibile,
inequivocabile, che esprima il colore della vergogna all’ennesima
potenza perché non è tangibile. Misurabile. Qualcosa che si spande. Al
di là dei limiti di extraterritorialità che la vergogna non contempla.
Anzi di extrapersonalità.
Perciò: vergonatevi Sindaci, vergognatevi Cooperative Rosse,
vergognatevi Industriali, vergognatevi Commissari, Ministri, Governo,
Parlamento Italiano. Vergognati UNESCO.
Un passo fermo.
La Vergogna. Questo
è il sentimento del cittadino che si affaccia da Monte Berico.
Viene da sé che la nostra vergogna la esprimeremo
in modo civile, con una performance collettiva che supera in un colpo
solo tutto il disimpegno e la veste che Vicenza continua a indossare
ad arte.
A cosa serve l’arte se
addolcisce la coscienza civile degli uomini, se compensa le
barbarie, se ci chiude dentro a spazi nobili che non hanno alcuna
relazione con l’ambiente, con l’esterno, con la terra in cui si vive?
Se non dice: “Ehi amico: visto questo quadro, esci fuori! Io ti ho
dato la capacità di indossare il mio abito mentale, di
abitare per un
momento in un altro luogo, di vedere, di capire, di interrogare i tuoi
sensi, in definitiva di agire. Insomma, non so come dirtelo: l’arte
dentro a una stanza è solo il primo passo per uscire fuori dal tuo
mondo chiuso e manipolabile da chi lo
usa a suo uso e
consumo!”. L’arte, vorrei dire, è un dono che l’artista ci fa per il
nostro bene. Un’alleanza
segreta che l’artista vuole contrarre con te e che nessun
rapporto clientelare può rendere merce. Neppure il più astuto tra i
galleristi o tra i curatori d’arte.
Camminate quindi vicentini, visitate la mostra di
Goldin, per poi salire in alto. Sarà ancora più facile trovare la
risposta alla domanda che io continuo a fare alla memoria di Palladio,
ad Andrew Palladio, ogni volta che salgo sul piazzale di Monte Berico
e guardo giù. La risposta che mi arriva è sempre la stessa, da cinque
anni.
Vergogna. Vicenza. Vergogna.
Sui generis UNESCO?
Vicenza. Patrimonio
vergognoso dell’UNESCO.
Un passo sospeso.
Vergogna è un
titolo originale per un’opera d’arte. Che ne pensi Goldin? Se l’arte
fosse solo fatta di fumo e
di formulazione di un pensiero, non saresti concorde con me
che Vergogna è un bel titolo. Te la immagini la faccia di un artista o
di un qualsiasi cittadino indignato di fronte alla cosa più
abominevole che gli possa capitare sulla sua terra,
dove i suoi figli
vanno a scuola nel
baricentro geografico non in guerra più militarizzato che esista al
mondo su suolo urbano? Ti ricordi che cos’è l’urbe romana? E la civitas? L’urlo di Munch non sarebbe sufficiente. Non si sentirebbe,
né si vedrebbe. Io immagino che a tutti – artisti e persone – esca
fumo rosso dalle orecchie. La terra stessa immagino irata. E fumante.
Rossa di rabbia, direttamente proporzionale alla vergogna che
riverseremo ad eternum su chi ha la
colpa di avere
trasformato una città
culturale in una città militare.
L’8 dicembre – giorno dell’Immacolata Concezione
– daremo voce visibile a questo titolo e all’affermazione che
l’accompagna. Il rosso nel giorno del bianco. Faremo, tecnicamente,
una performance di contrasto – quasi fosse un sortilegio
chimico-onirico – all’installazione militare. Perimetrale.
Una disinstallazione temporanea.
Uno sconfinamento dove non possiamo mettere il naso ma
possiamo mettere il fumo. Per alimentare un nuovo immaginario,
invadendo l’ininvadibile,
la potenza americana. Il fallimento di Obama, premio Nobel prematuro
per la Pace. Lo faremo per dare ossigeno alle nostre coscienze e per
non desistere dalla nostra lotta. Vi immaginate i militari americani a
combattere il fumo rosso della vergogna che supererà il loro impotente
filo spinato? Noi saremo sempre come quel fumo. Imprendibili.
Inclassificabili. Inviolabili.
Amiamo Vicenza, i Colli Berici, i Lessini e le
Prealpi che fanno da piede alla Dolomiti e siamo pronti a presidiare
la città e la nostra terra con fermezza civile, senza mai usare
violenza, senza retrocedere
di un passo di fronte alla volgarità politica che ha
generato questa mostra. Ops. Questo mostro. Una città militare. Un
complesso di installazioni militari il cui unico frutto certo è la
morte. L’economia di morte.
E lo faremo a prescindere dall’UNESCO. Alla
faccia ipocrita di chi ha elaborato le compensazioni. O altri generi
di prodotti culturali compensatori. Merci senza processo. Città senza
cittadini.
Che la pace torni tra noi.
Alberto
Peruffo
NOTA OPERATIVA
La performance si svolgerà allo scoccare delle 12.10 di sabato 8
dicembre 2012 e necessita di 100 persone serie e responsabili. Ad
ognuna di esse sarà consegnato un fumogeno boetta da 3 minuti,
ecologico e notificato, che dovrà essere riconsegnato alla fine.
Le adesioni saranno
raccolte da domenica 30 settembre durante l’iniziativa di digiuno del
Coordinamento Cristiani per la pace
e all’indirizzo mail
vergogna.unesco@gmail.com
I dettagli saranno
spiegati personalmente alle 50 persone coinvolte.
Si invitano i partecipanti a inviare una
mail congiunta a
p.totcharova@unesco.org;
m.marana@unesco.org;
icomos@icomositalia.com;
comm.unesco@esteri.it; info@lineadombra.it;
vergogna.unesco@gmail.com
con scritto in oggetto
VERGOGNA. VICENZA PATRIMONIO VERGOGNOSO DELL’UNESCO
inserendo nel testo un vostro personale pensiero e il seguente link:
1.
http://www.iborderline.net/frontline/2012/04/qui-vicenza/
(entrate su questa pagina per vedere il recente reportage sulla Base
Dal Molin dal titolo QUI VICENZA // AB NORME EXTRA RATIO)
2.
http://www.antersass.it/vergogna.htm
(la pagina dell’azione VERGOGNA. VICENZA PATRIMONIO VERGOGNOSO
DELL’UNESCO)
3.
http://www.facebook.com/events/459863590716972/
(la pagina FB come azione di rinforzo digitale a VERGOGNA. VICENZA
PATRIMONIO VERGOGNOSO DELL’UNESCO)
TESTI DI APPROFONDIMENTO E DI PROPOSTA
«“Accordi” internazionali per finalità che violano principi fondativi
del Diritto internazionale e del Diritto costituzionale, che assommano
alla non pubblicità la ‘forma semplificata’ in flagrante violazione
della Costituzione, che avallano l’uso del territorio nazionale per
l’impiego del militare a fini non strettamente difensivi, che fanno di
un insediamento urbano un target militare ad altissimo rischio, che
coinvolgono nel rischio intere popolazioni, territori e beni artistici
internazionalmente protetti, che offendono la retta coscienza,
vanno denunciati unilateralmente per manifesta incostituzionalità e
manifesta illegalità internazionale».
[Antonio Papisca, Cattedra Unesco.
Testo della
Conferenza Unesco per Vicenza
organizzata da Alberto Peruffo il 3 ottobre del 2008]
L’UNESCO può decidere di togliere
l’egida Unesco alla città militare di Vicenza, prendendo atto che la
Base ormai è stata fatta, illegalmente, contro i principi stessi
dell’UNESCO; o di mantenere l’egida a una condizione: riconvertire la
base militare in qualcosa di culturalmente utile. Noi proponiamo la
riconversione in un campus universitario di livello internazionale,
anche americano, di quelli che tutto il mondo invidia per le
conoscenze, specializzato in architettura, considerato che Vicenza è
la Città del Palladio e preso atto che la Risoluzione
numero 259 del Congresso Americano datata 6
dicembre 2010 ha riconosciuto
Palladio “Father of American Architecture”. La stessa Facoltà
di Architettura di Venezia potrebbe qui trovare il giusto spazio e le
giuste sinergie internazionali per coltivare e condividere il
patrimonio dell’architettura italiana che i suoi professori difendono
e insegnano quotidianamente. E all’Architettura, in uno spazio così
grande, potrebbero essere affiancate altre Arti e Discipline che hanno
reso celebre il patrimonio culturale italiano.
[Testo
tratto da Casadicultura.it per lanciare l'azione di
rinforzo digitale su Facebook]