Sceneggiatura

L'ultimo scavalcamontagne

 

di Claudio Quinzani


Per affinitą con gli usi, i costumi ed il paesaggio descritto si puņ riconoscere la vicenda ispirata alla Val di Rabbi. Anche se non viene riportata la tipica parlata locale, č stato ricercato nei dialoghi un linguaggio pratico e quotidiano che ne rievochi la provenienza.
Per una migliore comprensione del soggetto, laddove mi č sembrato rilevante il modo in cui l'immagine scorre sullo schermo, ho ritenuto opportuno riportare brevi suggerimenti tecnici di ripresa, (atteggiamenti dei personaggi), riferimenti alla colonna sonora. Il corsivo sottolineato ed (il corsivo tra parentesi) sono configurati nel testo per specificare queste scelte e rendere pił scorrevole la consultazione dello stesso.
Sono stati citati solo i nomi dei personaggi pertinenti alla narrazione. Le comparse sono contrassegnate dal mestiere o dal genere maschile o femminile d'appartenenza.
La sceneggiatura si riferisce ad un lungometraggio di fiction non ancora realizzato. Idea, soggetto e sceneggiatura di Claudio Quinzani.

Scene: 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 -20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 -28 - 29 - 30 - 31

 

Scena 1
Esterno sera. Verso l'imbrunire. Fine autunno 1945.

Un uomo visto di spalle attraversa un bosco. I suoi piedi calpestano arbusti e piccoli rami di alberi. La sua andatura č lievemente zoppicante, come se a suo tempo avesse subito una frattura alla caviglia che gli procura quel tipo di camminata.
Giunto alla sommitą del bosco, si pone di tre quarti tra due alberi per riposare; osserva in fondo al declivio la luce di una casa. Respira piano ma affannosamente, dalla sua bocca esce del fumo: sta cominciando l'inverno e fa piuttosto freddo. Il suo viso appare stanco e provato da una lunga fatica, ha la barba folta e non curata. Gli occhi sono tondi e vivacissimi. Il suo volto sembra quello di un satiro o di un giullare medioevale.

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Scena 2
Esterno sera.

L'uomo si avvicina a passi decisi verso la casa attigua al maso con la stalla. La tendina di una finestra viene scostata e il proprietario osserva accigliato la figura che avanza nella penombra.

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Scena 3
Interno cucina.

Capofamiglia: (aprendo la porta e riconoscendo il viandante) E' arrivato Straluną!

Straluną non parla ma accenna ad un sorriso. Il padrone di casa gli batte una mano sulla spalla e lo invita a sedersi a tavola. I presenti si scambiano sguardi interrogativi. Intorno al tavolo: la moglie, due bambine e l'anziana suocera stanno ultimando di mangiare.

Capofamiglia: (rassicurando tutti) Non abbiate paura. Non mangia mica! E' buono. E' un po' matto, ma č buono come il pane. (rivolgendosi a Straluną che attende titubante) Siediti. Mangia con noi. Sapevo che saresti tornato.

L'uomo accetta di buon grado l'invito.
La donna versa della mosa per l'ospite che mangia di gusto, in maniera un po' goffa, al punto da suscitare l'ilaritą delle bambine che si guardano ammiccando.

Suocera: (lanciando una bonaria occhiata di rimprovero alle bambine e rivolgendosi al convenuto) Come va Straluną?

L'uomo accenna con la faccia ad un sentimento di rassegnazione e sospira storcendo un po' gli occhi.
Le bambine ridono ancora pił forte.

Suocera: (guardando le nipoti) Oh, č tanto un brav'uomo!

Straluną nel frattempo ha ultimato di mangiare e posa il cucchiaio nel piatto rumorosamente, notato con severitą dalla giovane donna.

Il marito si rivolge a lei, scusandosi con le spalle.

Suocera: (a Straluną) Sarą almeno un anno che non passi da queste parti! Dove sei stato tutto questo tempo?

L'uomo si esprime con gesti enfatici muovendo in alto le braccia e mostrando stanchezza in viso, come a significare che ha camminato a lungo per molto tempo; infine si protegge gli occhi e sobbalza di paura quasi avesse visto cose terribili.
Le bambine lo scrutano con meraviglia.

Suocera: E' la guerra! Brutta roba. E tutto questo tempo sei rimasto nascosto?

Straluną indica con le braccia grandi cime e il cielo.

Capofamiglia: Sei rimasto sulle montagne e in mezzo al bosco?

L'uomo annuisce con la testa.

Capofamiglia: Povero Straluną! Tutta Italia era piena di soldati fino a qualche mese fa. Sei andato fin su in cima, in cima? Dopo il passo?

L'uomo lascia intendere che č conciato piuttosto male: mostra le scarpe rotte, dai cui fori si intravedono i piedi pieni di escoriazioni e geloni. Poi si toglie il berretto di lana e indica i capelli, caduti in pił punti, la cute rossastra e chiazze di pelle con tagli.

Capofamiglia: (con un certo imbarazzo guarda ancora la moglie come per giustificarsi con lei del malcapitato, poi a Straluną) Dai valą! Fermati qui per qualche giorno che ti rimetti in sesto. La sposa trova fuori un vestito che non mi va pił bene e soprattutto un paio di scarpe!

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Scena 4
Interno stanza da letto. 

La moglie pone bruscamente alcuni abiti su di una sedia. Si scioglie la crocchia di capelli e rimbrotta il marito che sfila la forma in legno con i mattoni caldi da sotto le lenzuola e si sistema per la notte.

Moglie: Sempre generoso te vero! Non ne abbiamo neanche per noi fra un po'!

Marito: (sottovoce cercando di rabbonirla) Dai Maria, parla piano che svegli le bambine!

Moglie: Ogni anno č la stessa storia! Perché non cerca un lavoro come si deve?

Marito: Ma sģ! Gli č successa una disgrazia, e non ricorda pił niente. Lo dicono tutti gił in paese. Insomma, un po' di caritą per chi sta peggio di noi

Moglie: (ponendo un paio di scarpe sopra i vestiti e sedendosi sul bordo del letto) Io gli do tutto quel che serve, ma per me lo fa apposta a fare il matto.

Marito: (cercando la candela con le dita per spegnerla) Dai, mettiti a dormire che fra un po' dobbiamo alzarci.

La donna si fa il segno della croce.

Dissolvenza in nero.

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Scena 5
Mattina inoltrata. Interno fienile.

Uno spicchio di sole penetra attraverso le assi di legno e infastidisce gli occhi di Straluną che dorme beato in mezzo al fieno. Strabuzza gli occhi alla luce, si rigira e si copre con il fieno la faccia.
Rumori e schiamazzi provengono dall'aia sottostante. L'uomo si alza di scatto e cammina carponi verso la piccola apertura del fienile, guarda verso il basso.

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Scena 6
Esterno aia.

Una folla di gente osserva con il fiato sospeso uno strano tipo con un cappello piumato in testa ed una carabina in mano che preciso e sicuro nei movimenti si inginocchia rapido, punta l'arma e con un solo colpo ammazza un maiale a pochi metri da lui. L'animale attratto nel cortile da un secchio contenente qualche boccone insolito, non ha neppure avuto il tempo di rialzare il grifo, che č stato freddato all'istante con una pallottola tra gli occhi. Il tiratore si rialza, il macellaio cinto di un grembiule blu lo avvicina, parlotta un attimo in disparte e gli allunga del denaro. L'uomo intasca il compenso, si accomiata rapidamente e scompare dietro la casa, incamminandosi verso il sentiero.
Vocii e ordini piovono sull'aia. Tutti si danno da fare, ciascuno con un compito ben distinto, anche le donne e i bambini. Si procede in fretta e con precisione: si scuoia e si sventra la bestia in mezzo a vapori d'acqua bollente. Alcune interiora vengono portate all'interno di un vņlto.

Lo sguardo della macchina da presa procede in piano sequenza verso l'alto fino al volto di Straluną che guarda attonito.

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Scena 7
Interno fienile.

Straluną si siede sul fieno con aria triste, gira lentamente il viso e si accorge degli abiti con le scarpe vicino all'uscita del fienile che qualcuno gli ha portato al mattino presto.

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Scena 8
Esterno maso. Dal lato opposto.

Straluną scende gli ultimi gradini della scala esterna verticale con indosso gli abiti di sempre e il suo berretto di lana. Ha calzato solo le scarpe che gli hanno regalato, leggermente larghe. Si guarda intorno, respira profondamente e si incammina verso il bosco da cui č venuto il giorno prima. Un cane poco lontano emette un guaito.

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Scena 9
Interno cucina. Mezzogiorno.

L'ambiente č denso di fumi e vapori. Alcune donne cucinano dentro un paiolo parti di interiora del maiale. Gli uomini e i bambini prendono posto a tavola. Una donna dispone al centro del tavolo un grande piatto con lo spezzatino e versa la polenta.

Macellaio: (infilzando con un forchettone un pezzo di carne) Finalmente un inverno un po' normale!

Una donna: Senza tanta paura di schioppettate!

Alcuni ridono.

Capofamiglia: (guardandosi intorno, verso la moglie) Dov'č Straluną?

La donna fa cenno di non saperlo con le braccia aperte e gli occhi al cielo.

Suocera: (sorridendo) Lo sai che quando ammazzano il maiale lui sta male!

Tutti ridono divertiti.

Un uomo: (con commiserazione) Povero disgraziato!

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Scena 10
Esterno giorno. Tardo pomeriggio. Sera.

La macchina da presa osserva dall'alto un fondovalle a gola stretta e lunga, attraversato da un fiume tortuoso con le acque in frastuono; si avvicina lentamente. Straluną cammina ai bordi del corso d'acqua, risalendo la corrente; il terreno č impervio e ripido, qua e lą chiazze d'erba compresse dal gelo, sassi e rocce sporgenti.
Una musica di sottofondo dapprima lieve, poi sempre pił intensa. Una melodia con tema di apertura e leitmotiv orecchiabile, malinconico ma non troppo.
La gola si stringe sempre pił, fino a raggiungere la sommitą in cui appare  strettissima, tra due rocce ravvicinate. Per attraversare l'ultimo tratto Straluną č costretto a sistemare grossi sassi nel fiume e guadare cosģ per un tratto fino ad oltrepassare le rocce. E' quasi sera. Tutto intorno una leggera foschia. Appena dall'altra parte del fiume appare, avvolto nella penombra, un gruppo di case allungato, circondato da una vasta zona di verde e rocce. Soggettiva del gruppo di case illuminate da luci tremolanti. Lo sguardo sale lento lungo il pendio, fino a raggiungere la vetta di un'alta montagna. La musica sfuma.

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Scena 11
Esterno sera.

Da una stalla illuminata provengono suoni di risa e battimani. Straluną si avvicina e guarda da una piccola finestra. Ripreso in soggettiva esterna si scorge attraverso l'apertura un vecchio uomo con una buffo paio di baffi bianchi che racconta qualcosa vicino a un lumino ad olio. La luce crea giochi d'ombre sulle pareti. La bocca dell'uomo si allarga molto nell'enfasi del racconto, si intravedono alcuni denti mancanti. Quando accentua parti della narrazione o singole parole, intorno a lui alcuni bambini gridano e si spaventano coprendosi gli occhi con le mani. I suoni giungono indistinti, si sente in rilievo il fiato grosso di Straluną che cerca di capire qualcosa e corre da una finestrella all'altra per vedere meglio.
A semicerchio e sparsi in gruppi, uomini che ascoltano, sorseggiano vino, qualcuno fuma la pipa. Donne lavorano intorno alla rocca per filare. Una ragazza aiuta una di esse a comporre la matassa avvolgendo il filo attorno alle mani aperte.

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Scena 12
Interno stalla.

Straluną entra dalla porta, prestando molta attenzione a non farsi notare. Appena nella stalla si strofina piano le braccia, rinfrancato dal calore dell'ambiente. Il racconto del vecchio č terminato da poco, tutti applaudono, i bambini chiedono altre emozioni. Straluną si avvale del tramestio per avvicinarsi veloce e chino senza essere visto. Cammina quasi carponi dietro gli astanti. Una donna lo scopre, ma appena lo vede scoppia in una fragorosa risata perché Straluną improvvisa una faccia stranissima ed esilarante contorcendo bocca, naso ed occhi. Avanza solo di qualche metro, che gią un'altra, esortata dalla prima, ride con la mano premuta sulla bocca agitando le spalle, quando scorge il guitto che la asseconda con un'espressione ancora pił buffa della prima. In breve Straluną si trova al centro dell'attenzione, molti si scostano per vederlo meglio e fanno capannello intorno alla sua figura. Egli balzella carponi da un punto all'altro in una sorta di danza, suscitando risa sguaiate e spontanee. I bambini lo seguono curiosi infilando la testa sotto le gambe degli adulti, sgomitando tra di loro, ridendo stupiti. Straluną si ritrova incitato dai presenti e spinto dai bambini al centro della stalla, nei pressi della luce.
Per un istante osserva tutti che attendono impazienti, si gratta la testa sotto il berretto di lana e comincia ad imitare i versi e le pose di una scimmia, un elefante, una tigre; procedendo carponi e levandosi in piedi, rotolando per terra, raggomitolandosi. Il leggero difetto fisico della deambulazione rende i suoi atteggiamenti ancora pił buffi. L'allegria ed il coinvolgimento sono generali. Straluną prosegue improvvisando una serie di numeri diversamente esilaranti: una preda alata che scappa impaurita, un cacciatore che le spara, un cane che corre ad afferrarla; una gallina impegnatissima a produrre un uovo, un gallo impaziente che starnazza nell'aia; un maiale che grufola e finisce con la testa in un secchio. Infine esausto, mima un uomo legato mani e piedi che cerca di afferrare una mosca tediante con la bocca. Ne riproduce il ronzio e segue i movimenti con gli occhi rapidi e statici in continui cambiamenti di ritmo. Finge che la mosca si posi sul suo naso, e piega gli occhi all'inverosimile fino a vederla; allunga la lingua e si tocca la punta del naso: la mosca scappa e ricomincia a infastidirlo. Con un morso ben assestato riesce ad afferrare un'ala con i denti: la mosca impazzisce cercando di divincolarsi, il naso gli prude tremendamente. Starnutisce fragorosamente. La mosca per terra si riprende e ricomincia in crescendo ossessivo la sua danza. Straluną strabuzza gli occhi atterrito e mima che la mosca lo colpisca con un grosso fendente in pieno volto. Casca con le gambe all'aria come se fosse svenuto.
Tutti esplodono in applausi incontenibili, grida di approvazione; i bambini saltellano intorno a lui, cercano di destarlo e lo incitano ad alzarsi da terra. Gli uomini lo accolgono tra di loro, lo invitano a sedersi su una delle panche e gli offrono del vino. Un uomo estrae di tasca un'armonica a bocca e battendo con il piede a terra esorta tutti a seguirlo con le mani. Qualcuno balla. Una musica ritmata e cadenzata accompagna questo momento suggestivo.

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Scena 13
Interno giorno. Un fienile.

La luce del sole filtra attraverso le fessure delle assi di un fienile. Straluną apre gli occhi, ma si accorge che alcuni bambini lo stanno osservando nascosti in mezzo al fieno. Spalanca gli occhi vistosamente e finge un risveglio svogliato e sonnacchioso stendendo le braccia in aria e imitando versi di sbadigli. Si porta le mani agli occhi, li stropiccia, guarda il sole e si getta nuovamente in mezzo al fieno fingendo di dormire, russando rumorosamente. I bambini non riescono a contenere le risate. Straluną si gira in mezzo al fieno e rotola a due passi dai ragazzini che si alzano, ridacchiano e scappano inseguendosi, fino a gettarsi addosso manciate di fieno.

Straluną sente delle grida e guarda dalla piccola apertura che dą sull'aia.

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Scena 14
Esterno giorno.

Un uomo sta rimproverando sua moglie chiedendo dove sia il figlio. E' molto adirato e si esprime gesticolando con il volto severo e corrucciato.

Piero: Dov'č quello scansafatiche di tuo figlio? Sempre in giro con gli altri. E' ora di lavorare qui!

Anna: Ma dai, lascia perdere: č inverno, fa freddo. Vacci da solo in paese.

Piero: No! E' gią tardi. Lo voglio con me!

L'uomo guarda verso l'alto, nel fienile e scorge il volto di Straluną che si sposta troppo tardi per non essere visto.

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Scena 15
Interno fienile.

Straluną fa cenno a tutti i bambini di nascondersi sotto il fieno. L'uomo entra nel fienile e comincia a scalciare in mezzo al fieno, urlando ancor pił incollerito.

Piero: Inutile che vi nascondete farabutti! Lo so che siete qui con il matto. Giovanni vieni fuori!

Giovanni, un bambino di circa cinque anni, intimorito riconosce la voce del padre e fa capolino dal mezzo del fienile.

Piero: (gridando) Ah! Ti ho trovato finalmente!

Il padre afferra rapido Giovanni e gli assesta due ceffoni in pieno viso sfogando tutta la sua rabbia. Gli tira forte un orecchio e quasi lo trascina con sé. Il bambino riesce a fatica a trattenere le lacrime, rosso dalla vergogna. Straluną ha visto tutto da uno spiraglio nel fieno, il bambino si volta verso di lui e lo guarda negli occhi. Il guitto non riesce pił a trattenersi, emerge fulmineo dal fieno, sgattaiola appresso al genitore e gli sferra un calcio poderoso nel didietro. Questi si gira, lascia il bambino, e senza interporre tempo gli assesta un pugno sul naso. Straluną si comprime il volto per il dolore, poi reagisce afferrando l'uomo alle gambe che per poco non perde l'equilibrio; si divincola, afferra un forcone poggiato contro la parete e lo scaglia addosso a Straluną. Questi riesce ad evitarlo all'ultimo istante compiendo un balzo di lato. Il forcone lanciato con forza si pianta nelle assi del pavimento. L'uomo lo riprende in mano e lo brandisce in aria come per lanciarlo ancora contro il malcapitato che gli fa segno di fermarsi, di stare calmo. Il bambino corre a mettersi davanti a lui. Il padre emette un urlo d'ira misto a stupore, scaraventa il forcone in mezzo al fieno e scende dalla scala esterna bofonchiando tra sé, una volta sotto continua a gridare con la moglie. Straluną tira il fiato. Giovanni lo abbraccia spontaneamente soffocando le ultime lacrime e tremando per la paura. Tutti gli altri bambini escono spaventati dal fieno, alzando solo le teste. Straluną ha gli occhi lucidi, accarezza la testa del bambino, una lacrima riga il suo volto.

Dissolvenza in nero.

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Fine primo tempo

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Secondo tempo

Scena 16
Sera. Interno cucina.

Sono seduti intorno al tavolo Giovanni, il padre e la madre. Un'anziana donna si riscalda davanti al focolare. Gli altri mangiano in silenzio: un mutismo pesante e insopportabile. Il bambino ha un brutto segno rosso su una guancia.

Piero: (batte il pugno sul tavolo e intima a voce alta, rivolto alla moglie) Non lo voglio pił vedere quel matto qui! Non č neanche del paese. Non ha voglia di lavorare. (spezza del pane e lo indica con la mano) Questo va sudato! (si alza in piedi, verso il figlio) Hai capito te?!

Giovanni non riesce a mangiare e rimane a testa china sul piatto.

Piero: (in tono minaccioso) Mangia. Mangia o ne buschi che te le ricordi per un pezzo!

La madre fa un timido cenno per calmare il marito che le si rivolta contro.

Piero: Zitta tu! Mio figlio deve venire su una persona seria. (concludendo perentorio, risedendosi) Domani mattina quell'uomo deve andarsene.

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Scena 17
Sera tardi. Interno fienile.

Straluną, illuminato appena dal bagliore della luna, guarda fuori dalla piccola apertura, per accertarsi che tutto sia tranquillo. Scorge il riflesso della luce di una stanza che si spegne nella casa poco lontana; si impegna per scendere la scala del fienile senza far rumore. Non appena mette un piede sul primo scalino si arresta, fermato da Giovanni con in mano una tazza di brodo e un pezzo di pane.

Giovanni: Aspetta!

Straluną lo osserva attonito, il bambino lo sollecita a rientrare guardando gił intimorito.
All'interno del fienile i due sono seduti; Straluną con lo sguardo assorto, un livido sul naso, in mano la ciotola, il pezzo di pane.

Giovanni: Mangia che diventa freddo.

Straluną lo guarda meravigliato, poi mangia lentamente.

Giovanni: Mio padre vuole che te ne vai domani.

Straluną: Lo capisco.

Giovanni: (quasi gridando) Ma tu...!

Straluną: (a voce bassa, indicandogli di tacere) Sssccchhh! Che ti scoprono.

Giovanni: (contenendo stupore ed entusiasmo) Ma come fai a parlare?

Straluną: Promettimi che resterą un segreto fra te e me.

Giovanni accenna al giuramento con le dita sulla bocca. Straluną beve lentamente e continua a parlare. Il suo tono č pacato e tranquillo, il volto disteso e normalissimo. Sembra quasi che la maschera del guitto sia rilassata: tutti i movimenti rapidi del viso sono rimandati.

Straluną: Grazie della cena. Hai gią rischiato fin troppo per me. Bisogna che dai retta a tuo padre. Sarą scorbutico, ma in fondo ti vuole bene.

Giovanni: Ma perché davanti a tutti non parli e fai finta di essere matto?

Straluną: Per sopravvivere, amico mio. Per sopravvivere. Non ha importanza quello che sei, ma quello che gli altri vedono di te. Tanto, come stai veramente, qui dentro, (indicandosi il petto) nessuno puņ saperlo.

Giovanni lo scruta con occhi interrogativi.

Straluną: Vedi, tuo padre č buono. E' preoccupato per te, per il tuo futuro: vuole che cresci sano e forte, un bravo lavoratore. Ti vuole un gran bene, anche se ti tratta male.

Giovanni: Perché fa cosģ?

Straluną: Perché si vergogna di essere se stesso. Non vuole farsi vedere piangere, non puņ farti una carezza, anche se vorrebbe tanto: la dolcezza č delle madri. La forza č degli uomini.

Giovanni: E perché tu non sei cosģ?

Straluną: (sorride e scompiglia i capelli del bambino) Giovanni... io non sono nato in questa valle.

Giovanni: Da dove vieni?

Straluną: (riprendendo a mangiare) Da un posto vicino al mare, molto lontano da qui.

Giovanni: E come hai fatto a venire fin quassł?

Straluną: E' stato per via della guerra. Lavoravo in una compagnia di attori.

Giovanni: Chi sono gli attori?

Straluną: Tanti amici che vanno in giro da un paese all'altro per divertire la gente.

Giovanni: Come fai tu?

Straluną: Sģ, un po' come faccio io. Solo che quando si č tutti insieme si fanno degli spettacoli, si canta, si balla, si fanno dei numeri... come posso spiegarti? (posando la tazza a terra)

Giovanni: Come quello che si fa a carnevale?

Straluną: Ecco sģ, un po' cosģ. Per gli artisti č sempre carnevale.

Giovanni: Ma cosa č successo ai tuoi amici?

Straluną spalanca gli occhi inorridito, come se ricordasse qualcosa di triste; quindi volge rapido lo sguardo e riprende in mano la scodella.

Giovanni si avvicina.

Straluną: (riprendendosi, stringendo la tazza e porgendogliela) Vai adesso che č tardi. Grazie ancora per la cena. Non ti dimenticherņ.

Il bambino si inoltra lentamente per la scala del fienile. Una volta a terra saluta Straluną con la mano che gli sorride.

L'uomo si volta e getta lo sguardo sul fieno.

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Scena 18
Flashback. Interno-esterno di un fienile presso una casa colonica.

All'interno di un fienile in fiamme una donna grida in mezzo al fuoco, un uomo tenta di scendere le scale. Il fienile visto dall'esterno crolla. Straluną poco lontano nei pressi di un albero si gira atterrito. Un frastuono sovrastante e rapidissimo: un aereo da guerra vola basso sulla zona e sgancia una bomba. Straluną corre via. Il fragore poco lontano della deflagrazione. Alcuni sassi lo colpiscono come proiettili sulla gamba. L'uomo grida accasciato a terra, mentre tutto intorno a lui divampano le fiamme.

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Scena 19
Notte. Interno fienile. Esterno casa.

Soggettiva del fieno. Straluną osserva assorto, infine distoglie lo sguardo. Emette un sospiro, si alza e guarda gił nell'aia.
Scende lentamente la scala, si allontana, volge un ultimo sguardo alla casa, si incammina nel bosco. Nella penombra del maso gli occhi vigili di una faina si muovono rapidi.

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Scena 20
Mattina presto. Esterno-interno fienile.

Giovanni sale la scala del fienile con un pezzo di pane e una tazza di latte. Cerca l'uomo chiamandolo per nome a voce bassa. Appoggia la tazza ed il pane a terra, guarda ovunque tra il fieno. Volge lo sguardo al bosco con gli occhi tristi e commossi.
Una musica lenta e malinconica (che riprende il leitmotiv accennato alla scena 10), raccorda questa scena (20) alla successiva (21).

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Scena 21
Esterno giorno. Mattino inoltrato. Sera tardi.

Straluną č seduto su una roccia vicino ad un ruscello. Alza un lembo dei calzoni e osserva a lungo una cicatrice profonda poco sotto il ginocchio che si prolunga fino alla caviglia. Ricopre la gamba, si alza lentamente e si inoltra lungo il pendio della montagna. Il sentiero č ripido, l'uomo fatica a camminare. Pił avanti incontra un laghetto con una cascata sovrastante. La luce del giorno cala gradualmente fino al buio. Procedendo, Straluną trova la neve che risale fino in cima al monte. Scruta intorno, scorge una grotta naturale ai piedi di un dirupo e si rifugia all'interno. Prova a sdraiarsi per dormire. E' troppo freddo, trema e non trova quiete. Si alza e cerca alcuni rami. Ne racimola assai pochi. A fatica accende un piccolo fuoco cercando di scaldarsi un po'.
La musica sfuma. Dissolvenza in nero.

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Scena 22
Esterno giorno. Mattino presto. Estate 1946.

La madre di Giovanni sistema un prosacco sulle spalle del figlio, infila all'interno un pezzo di formaggio e del pane.

Anna: Il viaggio č lungo. Tuo padre ti saluta. Vedrai che i mesi passano in fretta!

Lo bacia sulla guancia incoraggiandolo ad incamminarsi. Il bambino segue un uomo dal passo risoluto e lo sguardo severo con un buffo cappello sulla testa.
Da una piccola finestra in cima alla casa il padre osserva Giovanni, badando bene di non essere scorto, stringendo il pugno intorno alla grata dell'apertura, cercando di vincere la commozione.

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Scena 23
Interno giorno. Cucina di casa.

La madre rientra in cucina e si rivolge con tono dubbioso alla nonna di Giovanni che armeggia davanti ad una pentola.

Anna: Speriamo che non soffra troppo di nostalgia lassł in malga.

Anziana donna: Non avrą tanto tempo per pensare. Il lavoro č duro e il Mario č di buona compagnia!

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Scena 24
Esterno giorno. Interno malga.

Il fondovalle č pieno di erba rigogliosa. L'estate č cominciata da poco. Mario e Giovanni si inoltrano su per la montagna a passo sostenuto. Il bambino fatica a stare dietro all'adulto che cammina davanti a lui e non dice una parola. Una musica ironica e cadenzata sottolinea la marcia dei due. Il paesaggio č identico alla scena 21, ma sono trascorsi diversi mesi e la stagione calda ha cambiato le forme delle strutture ambientali. La luce decresce gradualmente. I due ripercorrono tutta la strada calcata da Straluną in inverno. A sera inoltrata giungono alla malga. La musica sfuma.
Mario spalanca la porta e si mette ad armeggiare intorno al focolare.

Mario: Cerca le posate e prepara la tavola. Io accendo il fuoco e metto qualcosa in pentola.

Destreggiandosi tra il paiolo ed il tavolo, l'uomo apparecchia della ricotta stagionata e mescola della polenta. Si siede con un sospiro, taglia il formaggio e lo porge a Giovanni.

Mario: Domattina ci dobbiamo alzare presto che c'č da mungere tutte le vacche.

Dissolvenza in nero.

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Scena 25
Interno sottotetto. Notte inoltrata.

Il bambino č sdraiato su di un letto sottotetto in una stanza minuta. Sente dei rumori provenire dal basso. Apre gli occhi incuriosito. I rumori sono accompagnati da muggiti. Si alza, si dispone carponi e tende l'orecchio sul pavimento; nota una fessura tra le assi, guarda attraverso e scorge le mucche nella stalla con Mario che munge indaffarato.

Mario: (accorgendosi di lui, senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro) Continua a dormire. Ieri hai camminato troppo, sei ancora stanco. Per stamattina me la sbrigo da solo. Pił tardi ti chiamo e liberiamo le capre.

Il bambino sembra deluso ma poi si infila presto nel letto e si rigira infreddolito sotto le coperte.

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Scena 26
Esterno giorno.

Mario e Giovanni badano ad un gregge di capre lungo un pendio dove c'č erba sufficiente per il pascolo. In mezzo al gregge scalcia buffamente una giovane capra tutta nera con una macchia bianca sul muso.

Mario: (rimproverandola bonariamente) Buona Cispa! (rivolto a Giovanni) Oggi fa un mese che sei quassł. Te la cavi bene. Bravo.

Giovanni sorride timidamente, poi prende del sale dal prosacco e lo porta alla capra che lo mangia in un attimo, mentre il bambino ride divertito.

Mario: (guardando nel prosacco) Che stupido! Ho dimenticato il pane e il formaggio sul tavolo. Torno gił a prenderlo. Stai tu una mezz'ora con le capre e bada a Cispa! Se capita l'Orso non dargli retta che se ne va da solo.

Giovanni: (quasi intimorito) Chi č l'Orso?

Mario: (indicando con la mano una costruzione diroccata qualche chilometro pił in su, sopra un'altura) Il tipo strano che č tornato da poco in quella malga abbandonata!

Mario si incammina di buon passo. Giovanni, rimasto solo, si siede su un masso sporgente, estrae di tasca uno zufolo e comincia a suonare un allegro motivetto.
La macchina da presa osserva il paesaggio: brullo, pieno di costoni impervi, erba folta solo in alcuni punti, sassi, rocce ripide. Da dietro una rupe fa capolino un uomo con i capelli lunghi e la barba folta che osserva il ragazzino. Giovanni si gira e nota quasi impaurito quella strana figura. L'uomo balza in maniera aggraziata dal nascondiglio, fa un verso strano con la bocca e strabuzza gli occhi.

Giovanni: (meravigliato) Straluną!

Questi compie una piroetta e fa un inchino. Giovanni sorride divertito e si mostra contento di rivederlo dopo tanti mesi.

Straluną: Ciao Giovanni!

Giovanni: Cosa fai con i capelli cosģ lunghi?

Straluną: (togliendosi una parrucca e mostrando la calvizie ormai completa) I capelli? Sono finti! (Giovanni ride e subito dopo si mostra preoccupato) Li ho persi tutti. Questa č una vecchia parrucca di scena. Tu non dirlo a nessuno. (se la calza nuovamente con cura) Come stai? Ti hanno mandato quassł a fare il pastore?

Giovanni: Sģ, sono a servizio dal Mario.

Straluną: Il Mario č un brav'uomo. Per lui sono l'Orso, che non parla mai. Ricordi il nostro segreto?

Giovanni: Sģ: tu non parli! Ma cosa fai lassł?

Straluną: Niente. Adesso niente. Per molti mesi ho tagliato legna per un contadino al di lą del valico. Ho messo via qualche soldo. Fra qualche giorno me ne vado.

Giovanni: Dove vai Straluną?

Straluną: Il mio vero nome č Franco.* Comunque, chiamami pure cosģ. Vado fin sotto: dove passa il treno e torno gił, vicino al mare. Al paese c'č ancora mia madre. Poi un vecchio amico gira con una compagnia. Torno a recitare con loro.

Giovanni: Vengo con te.

Franco: (sorridendo) E' molto lontano. E poi...  [*d'ora in avanti Franco nel testo]

Giovanni senza dire nulla cammina sulle mani e compie alcune capriole, imitando l'andamento di un ubriaco. Si butta a terra, rotola sull'erba, con lo zufolo imita il volo di un uccello mentre con gli occhi lo osserva muoversi nell'aria. Si blocca, guarda Franco allibito con gli occhi sgranati.

Giovanni: Non dirlo a nessuno!

Franco: (applaude)  Bravissimo. Devono vederti tutti! Bravo.

Giovanni: Mio padre non vuole. Mi ha mandato quassł apposta, perché... (si arresta d'improvviso, avvertito da un rumore in lontananza) Il Mario! (fa cenno a Franco di tacere, mentre questi si dilegua in fretta dietro una grossa sporgenza di roccia un po' pił lontano)

Mario compie l'ultimo tratto di strada.

Mario: (avvicinandosi e sedendo su di un sasso) Finalmente! Vieni qui che mangiamo.

Mario porge a Giovanni formaggio, pane e due patate arrostite. Giovanni ringrazia e infila tutto nelle tasche dei calzoni. Corre verso la roccia dietro cui si č nascosto Franco.

Mario: (stupito) Dove scappi?

Giovanni fa segno a Mario che deve andare a fare pipģ.

Mario: (alzando il braccio) Ah! Vai, vai pure.

Dietro la sporgenza di roccia, Giovanni invita Franco ad abbassarsi piano. Nascosti bene dividono insieme il pranzo e sorridono divertiti.
Dissolvenza in nero.

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Scena 27
Interno notte. Stanza di Giovanni.

Una musica cadenzata in crescendo accompagna in maniera buffa il primo momento della scena. Giovanni si alza dal letto impegnandosi a fare piano, senza troppi rumori. Si veste lentamente, scende le scale dalla piccola stanza sottotetto che comunica in parte con la stalla, ed entra in cucina. Procede basso quasi carponi, avanzando di un passo ogni volta che sente russare Mario. Esce dalla porta e corre lungo il pendio fino alla malga abbandonata dove alloggia Franco. Dalle fessure vede uscire un raggio di luce. Bussa alcune volte. La musica torna lenta e quasi triste.
Entra e scorge Franco seduto al tavolo di cucina senza nulla sul capo, con la testa fra le mani, affranto e desolato.

Giovanni: (salutandolo imbarazzato) Perché piangi?

Franco mostra a Giovanni una fotografia in bianco e nero che ritrae una donna anziana davanti al mare, su di una spiaggia. La musica sfuma.

Franco: Guarda, questo č il mare. L'avevi mai visto?

Giovanni: No. E quella signora chi č?

Franco: Quella signora č mia madre, pace all'anima sua.

Giovanni: (con sguardo dubbioso e incredulo)  Ma...

Franco: Siediti, ti scaldo del latte.

Franco si affaccenda dietro il vecchio focolare, silenzioso e mesto. Sopra di lui il tetto č tutto pieno di caligine. L'abitazione č tetra e decrepita: rimessa in sesto lo stretto indispensabile per viverci. Non ci sono altre stanze. Un angolo del pavimento coperto di pagliericcio e qualche vecchia coltre consunta fungono da giaciglio. Franco porge a Giovanni una tazza di latte e pochi biscotti a forma di ciambella.

Franco: (esortandolo con voce rauca) Bevi. I biscotti sono del paese mio. Mi sono arrivati gił in valle l'altro ieri. Me li ha portati il vecchio Bepi, insieme a una lettera di mia sorella, con la notizia che mamma se ne č andata in due giorni; e io non sono neppure riuscito a vederla!

Giovanni lo guarda senza dire nulla con un biscotto mangiucchiato in mano.

Franco: Stava cosģ bene!

L'uomo non riesce a trattenere le lacrime e scoppia a singhiozzare coprendosi la faccia con le mani. Il bambino solleva la foto e la guarda a lungo. Beve ancora un po' di latte, morde un pezzetto di biscotto, osserva Franco che appare inconsolabile e sembra non tenere pił conto della sua presenza. Giovanni si alza senza farsi notare ed esce lentamente dalla porta. Appena fuori corre via veloce fino alla malga di Mario lungo il declivio, sotto una luna enorme che illumina l'intero versante della montagna ed i crinali pił lontani.

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Scena 28
Interno-esterno vecchia osteria del paese. Domenica, poco prima di mezzogiorno.

Molti uomini entrano e ordinano del vino, ridono e brindano a voce alta. Da una finestra si intravede la chiesa di fronte. Ad un tavolo č seduto Mario con Giovanni e suo padre.

Piero: Allora, come č andata lassł?

Mario: Bevi Piero. Tuo figlio se l'č cavata benissimo. Un malgaro, come pochi!

Il padre batte una mano sulla spalla del figlio e gli versa mezzo bicchiere, incitandolo a bere.

Piero: Tieni, questo č il tuo primo bicchiere di vino!

Il ragazzino beve sorridendo appena. Con il bicchiere in mano si guarda intorno e vede tutti gli adulti che alzano boccali, urlano e ridono sguaiatamente. Ha inizio una musica mesta e leggermente distorta che richiama con strumentazione diversa il leitmotiv. In fondo al locale, seduto ad un tavolo, solo, c'č Franco con il berretto calato sulla testa, lo sguardo basso davanti ad un bicchiere di vino, il volto paonazzo. Giovanni posa il bicchiere, attende qualche momento, guardando i due adulti che discutono tra di loro, poi accenna ad alzarsi.

Piero: (rimbrottandolo subito) Dove vai?

Giovanni: (timidamente) Al gabinetto.

Piero: (indicando il balcone) E' lģ fuori.

Giovanni attraversa tutto il locale e raggiunge il balcone da una porta secondaria, continuando a guardare Franco, badando di non farsi scorgere dal padre. Percorre tutto il balcone all'esterno fino alla porta del bagno. Dalla finestra che dą nel locale finalmente riesce a vedere meglio Franco seduto al tavolo. Muove pił volte la mano per salutarlo; ma lui č troppo immerso nei suoi pensieri e non vede il ragazzino. Resta chino con le mani sulla fronte senza guardare nessuno.
Sfuma la musica. Dissolvenza in nero.

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Scena 29
Esterno giorno. 21 settembre 1946. Mattina molto presto.

Giovanni segue il padre che cammina davanti a lui con alcuni capi di bestiame. Sono equipaggiati per un viaggio piuttosto lungo. Scendono il fondovalle e imboccano la strada principale fino al luogo della fiera di San Matteo. Portano a vendere alcune mucche. Giovanni cammina a piedi scalzi e si spaventa ogniqualvolta vede passare grossi camion. Suo padre gli fa cenno di stare a destra. La musica del leitmotiv comincia lenta e segue la scena in crescendo. Arrivano nel luogo della vendita e cercano una postazione consona. E' pieno di contadini con il loro bestiame. Alcuni sensali vestiti di grigio esaminano con poche occhiate esperte una mucca dopo l'altra. Un mediatore si ferma proprio davanti alla loro postazione. Osserva deciso e rapido, poi parla con il padre di Giovanni che esita un attimo: abbozza una mezza parola indicando che vorrebbe qualcosa di pił. L'uomo fa cenno che ripassa pił tardi.
Giovanni guarda proprio di fronte a lui e nota un uomo con un berretto calcato sugli occhi, lo sguardo perso nel vuoto, vicino ad un contadino, alcuni vitelli e qualche manza. L'agricoltore lo rimbrotta scorbutico e gli fa segno di stare pił vicino agli animali.
Ritorna il sensale che aveva parlato con il padre di Giovanni, gli dice una parola e indica con un gesto che si tratta dell'ultima offerta. Il padre guarda le sue mucche, l'uomo, poi allunga la mano in segno di accordo.
Nel frattempo Giovanni si allontana rapido verso la postazione di Franco e del contadino. Cerca di richiamarlo con versi e boccacce, ma Straluną ha gli occhi vitrei, fissi, sembra non riconoscere il ragazzino. Improvvisamente un carico pesante di sacchi barcolla dal piano di un carro, la cui ruota si incastra tra un sasso. Franco alza rapido lo sguardo e si accorge di quel che sta per accadere, compie un salto veloce verso il bambino e cerca di proteggerlo. I sacchi gli piombano addosso. Per il contraccolpo Franco batte il capo a terra. Giovanni, protetto dal corpo di Franco, riesce a divincolarsi e guarda l'uomo in volto. Franco, stremato dal dolore, gli sorride, il berretto scivola dal suo capo e gli copre il volto.
Il bambino č come paralizzato dallo stupore davanti al corpo dell'amico; sbarra gli occhi incredulo. Intorno, per brevi istanti tutta la piazza si arresta. La musica sovrasta la scena mentre lo sguardo della macchina da presa sale verso l'alto e osserva in panoramica, fino a raggiungere il grigio intenso del cielo plumbeo.
Dissolvenza sul colore del cielo. La musica sfuma.

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Scena 30
Interno di una stua, verso la metą degli anni settanta. Sera tardi.

Intorno ad un tavolo siede Giovanni: un giovane di circa trentacinque anni. Vicino altri commensali: due donne, un regista teatrale sulla cinquantina; Anna: la madre di Giovanni, piuttosto invecchiata, altri attori, alcuni tecnici di una compagnia. Tutti alzano i calici e brindano festosamente. Nel capoluogo di provincia c'č stata la prima dell'Amleto. Giovanni č un attore di teatro ormai affermatosi da qualche stagione. Insieme al suo regista e a tutta la compagnia cena nel paese d'origine: con l'occasione č riuscito a fare un salto a salutare sua madre. Intorno alle pareti della stua premi e maschere teatrali di valore, alcune foto in bianco e nero di parenti deceduti, tra le quali spicca quella della nonna e del padre di Giovanni. Verso le estremitą di una parete, una stufa a olle cilindrica e decorata.

Regista: (verso Giovanni) Bravo! Un Amleto stupendo.

Un tecnico: (gridando alla donna seduta accanto a Giovanni) Brava Ofelia!

Anna: (quasi tra sé con compianto) Eh! Ti avesse visto tuo padre!

Verso la fine della cena la donna accanto a lui si alza innervosita senza un motivo apparente, non notata dai convenuti che proseguono nella baldoria generale. Esce dalla stua e si incammina veloce in cucina. Giovanni si alza dopo un attimo e la segue per tranquillizzarla.

Donna: (muovendo a scatti le braccia e gridando) Lasciami stare. Non hai capito niente!

Giovanni: Scusami, non era mia intenzione. Non avevo la pił pallida idea che tu...

Donna: (senza darsi quiete) Il solito! Sei sempre il solito!

Giovanni le si avvicina per abbracciarla ma lei lo scosta bruscamente e sale le scale della casa verso una camera.

Donna: (in cima alle scale, voltandosi e concludendo sbrigativa) Ringrazia tua madre e dille che la cena era deliziosa. Ho bisogno di dormire!

Giovanni rientra nella stua e si dirige verso sua madre. Il regista lo guarda un attimo, come chiedendo spiegazioni.

Giovanni: (leggermente imbarazzato) Tutto bene, tutto bene!

Giovanni si avvicina alla madre, le sussurra due parole all'orecchio; le dą un bacio. La donna sorride.

^

Scena 31
Esterno notte.

Giovanni chiuso nel suo cappotto, infila un sentiero sopra il paese ed entra nel cimitero che sta a precipizio sulla vallata. Una musica richiama il leitmotiv, arrangiata in modo da rievocare per affinitą il mondo del circo: nei momenti di fine spettacolo quando tutto termina e cala il tendone. Giovanni si dirige verso una croce di legno con un tettuccio sgretolato dalle intemperie. Guarda a lungo la tomba, poi getta un fiore di campo sopra la terra. Estrae dalla tasca un berretto, lo tiene stretto tra le mani: č il berretto di Franco.
Intagliato nel legno sul braccio orizzontale della croce č scritto:

“Straluną    M. 21-09-1946”

Giovanni volge lo sguardo verso il cielo rischiarato appena dalla luna.

Dissolvenza in nero.

Compare la scritta:

«‘Scavalcamontagne’: erano chiamati gli attori di avanspettacolo che giravano da un paese all'altro per proporre i loro numeri, alle fiere, nelle stazioni, in teatri sgangherati e poco confortevoli, sfidando intemperie e ristrettezze economiche. In Italia conobbero un relativo periodo di gloria tra il 1937 e il 1947.»

La musica prosegue per tutta la durata dei titoli di coda.

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Arco (TN), 2002
© luglio 2002 intraisass  

Claudio Quinzani

 

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Nota sull'autore e sulla sceneggiatura

Claudio Quinzani č nato a Merano (Bz) il 24 dicembre 1965 e risiede ad Arco (Tn). Scrive per il teatro e per progetti cinematografici. Parte di questi si sono realizzati insieme ad una compagnia teatrale della zona; altri tramite un'associazione culturale, sono diventati cortometraggi ed hanno ottenuto riconoscimenti anche a livello nazionale.
Al Filmfestival della Montagna di Trento 2002 ha partecipato con una sceneggiatura per un lungometraggio di fiction. La sua opera e la sua idea, valutate tecnicamente, hanno riscosso consenso tra gli addetti ai lavori.
La redazione di
Intraisass ringrazia l'autore per aver concesso la sceneggiatura per le pagine della rivista e per il suo ‘ampio’ pubblico.
Per contattare l'autore scrivete a claudio.quinzani@dnet.it.

N.d.a. Luoghi e ambientazioni della sceneggiatura sono derivati dalla lettura suggestiva del libro Rabbi, piccola patria (Centro Studi per la Val di Sole, 1999) di GIOVANNI MENGON.
 

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