Scena 1
Esterno sera. Verso
l'imbrunire. Fine autunno 1945.
Un uomo visto di spalle attraversa un bosco. I suoi
piedi calpestano arbusti e piccoli rami di alberi. La sua andatura č
lievemente zoppicante, come se a suo tempo avesse subito una frattura alla
caviglia che gli procura quel tipo di camminata.
Giunto alla sommitą del bosco, si pone di tre quarti tra due alberi per
riposare; osserva in fondo al declivio la luce di una casa. Respira piano
ma affannosamente, dalla sua bocca esce del fumo: sta cominciando
l'inverno e fa piuttosto freddo. Il suo viso appare stanco e provato da
una lunga fatica, ha la barba folta e non curata. Gli occhi sono tondi e
vivacissimi. Il suo volto sembra quello di un satiro o di un giullare
medioevale.
^
L'uomo si avvicina a passi
decisi verso la casa attigua al maso con la stalla. La tendina di una
finestra viene scostata e il proprietario osserva accigliato la figura che
avanza nella penombra.
^
Scena 3
Interno
cucina.
Capofamiglia: (aprendo
la porta e riconoscendo il viandante) E' arrivato Straluną!
Straluną non parla ma
accenna ad un sorriso. Il padrone di casa gli batte una mano sulla spalla
e lo invita a sedersi a tavola. I presenti si scambiano sguardi
interrogativi. Intorno al tavolo: la moglie, due bambine e l'anziana
suocera stanno ultimando di mangiare.
Capofamiglia:
(rassicurando tutti) Non abbiate paura. Non mangia mica! E' buono. E'
un po' matto, ma č buono come il pane. (rivolgendosi a Straluną che
attende titubante) Siediti. Mangia con noi. Sapevo che saresti
tornato.
L'uomo accetta di buon grado l'invito.
La donna versa della mosa per l'ospite che mangia di gusto, in maniera un
po' goffa, al punto da suscitare l'ilaritą delle bambine che si guardano
ammiccando.
Suocera: (lanciando una bonaria occhiata
di rimprovero alle bambine e rivolgendosi al convenuto) Come va
Straluną?
L'uomo accenna con la faccia ad un sentimento di
rassegnazione e sospira storcendo un po' gli occhi.
Le bambine ridono ancora pił forte.
Suocera: (guardando le nipoti) Oh, č
tanto un brav'uomo!
Straluną nel frattempo ha ultimato di mangiare e
posa il cucchiaio nel piatto rumorosamente, notato con severitą
dalla giovane donna.
Il marito si rivolge a lei, scusandosi con le
spalle.
Suocera: (a Straluną) Sarą almeno un anno
che non passi da queste parti! Dove sei stato tutto questo tempo?
L'uomo si esprime con
gesti enfatici muovendo in alto le braccia e mostrando stanchezza in viso,
come a significare che ha camminato a lungo per molto tempo; infine si
protegge gli occhi e sobbalza di paura quasi avesse visto cose terribili.
Le bambine lo scrutano con meraviglia.
Suocera: E' la
guerra! Brutta roba. E tutto questo tempo sei rimasto nascosto?
Straluną indica con le
braccia grandi cime e il cielo.
Capofamiglia: Sei
rimasto sulle montagne e in mezzo al bosco?
L'uomo annuisce con la
testa.
Capofamiglia:
Povero Straluną! Tutta Italia era piena di soldati fino a qualche mese fa.
Sei andato fin su in cima, in cima? Dopo il passo?
L'uomo lascia intendere
che č conciato piuttosto male: mostra le scarpe rotte, dai cui fori si
intravedono i piedi pieni di escoriazioni e geloni. Poi si toglie il
berretto di lana e indica i capelli, caduti in pił punti, la cute
rossastra e chiazze di pelle con tagli.
Capofamiglia: (con un
certo imbarazzo guarda ancora la moglie come per giustificarsi con
lei del malcapitato, poi a Straluną) Dai valą! Fermati qui per qualche
giorno che ti rimetti in sesto. La sposa trova fuori un vestito che non mi
va pił bene e soprattutto un paio di scarpe!
^
Scena 4
Interno stanza da letto.
La moglie pone bruscamente
alcuni abiti su di una sedia. Si scioglie la crocchia di capelli e
rimbrotta il marito che sfila la forma in legno con i mattoni caldi da
sotto le lenzuola e si sistema per la notte.
Moglie: Sempre
generoso te vero! Non ne abbiamo neanche per noi fra un po'!
Marito: (sottovoce
cercando di rabbonirla) Dai Maria, parla piano che svegli le bambine!
Moglie: Ogni anno č
la stessa storia! Perché non cerca un lavoro come si deve?
Marito: Ma sģ! Gli
č successa una disgrazia, e non ricorda pił niente. Lo dicono tutti gił in
paese. Insomma, un po' di caritą per chi sta peggio di noi
Moglie: (ponendo un
paio di scarpe sopra i vestiti e sedendosi sul bordo del letto) Io gli
do tutto quel che serve, ma per me lo fa apposta a fare il matto.
Marito: (cercando la
candela con le dita per spegnerla) Dai, mettiti a dormire che fra un
po' dobbiamo alzarci.
La donna si fa il segno
della croce.
Dissolvenza in nero.
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Scena 5
Mattina inoltrata.
Interno fienile.
Uno spicchio di sole
penetra attraverso le assi di legno e infastidisce gli occhi di Straluną
che dorme beato in mezzo al fieno. Strabuzza gli occhi alla luce, si
rigira e si copre con il fieno la faccia.
Rumori e schiamazzi provengono dall'aia sottostante. L'uomo si alza di
scatto e cammina carponi verso la piccola apertura del fienile, guarda
verso il basso.
^
Una folla di gente osserva
con il fiato sospeso uno strano tipo con un cappello piumato in testa ed
una carabina in mano che preciso e sicuro nei movimenti si inginocchia
rapido, punta l'arma e con un solo colpo ammazza un maiale a pochi metri
da lui. L'animale attratto nel cortile da un secchio contenente qualche
boccone insolito, non ha neppure avuto il tempo di rialzare il grifo, che
č stato freddato all'istante con una pallottola tra gli occhi. Il tiratore
si rialza, il macellaio cinto di un grembiule blu lo avvicina, parlotta un
attimo in disparte e gli allunga del denaro. L'uomo intasca il compenso,
si accomiata rapidamente e scompare dietro la casa, incamminandosi verso
il sentiero.
Vocii e ordini piovono sull'aia. Tutti si danno da fare, ciascuno con un
compito ben distinto, anche le donne e i bambini. Si procede in fretta e
con precisione: si scuoia e si sventra la bestia in mezzo a vapori d'acqua
bollente. Alcune interiora vengono portate all'interno di un vņlto.
Lo sguardo della
macchina da presa procede in piano sequenza verso l'alto
fino al volto di Straluną che guarda attonito.
^
Scena 7
Interno fienile.
Straluną si siede sul
fieno con aria triste, gira lentamente il viso e si accorge degli abiti
con le scarpe vicino all'uscita del fienile che qualcuno gli ha portato al
mattino presto.
^
Scena 8
Esterno
maso. Dal lato opposto.
Straluną scende gli ultimi
gradini della scala esterna verticale con indosso gli abiti di sempre e il
suo berretto di lana. Ha calzato solo le scarpe che gli hanno regalato,
leggermente larghe. Si guarda intorno, respira profondamente e si
incammina verso il bosco da cui č venuto il giorno prima. Un cane poco
lontano emette un guaito.
^
Scena 9
Interno cucina.
Mezzogiorno.
L'ambiente č denso di fumi
e vapori. Alcune donne cucinano dentro un paiolo parti di interiora del
maiale. Gli uomini e i bambini prendono posto a tavola. Una donna dispone
al centro del tavolo un grande piatto con lo spezzatino e versa la
polenta.
Macellaio: (infilzando
con un forchettone un pezzo di carne) Finalmente un inverno un po'
normale!
Una donna: Senza
tanta paura di schioppettate!
Alcuni ridono.
Capofamiglia:
(guardandosi intorno, verso la moglie) Dov'č Straluną?
La donna fa cenno di non
saperlo con le braccia aperte e gli occhi al cielo.
Suocera: (sorridendo)
Lo sai che quando ammazzano il maiale lui sta male!
Tutti ridono divertiti.
Un uomo: (con
commiserazione) Povero disgraziato!
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Scena 10
Esterno giorno. Tardo pomeriggio. Sera.
La macchina da presa osserva dall'alto
un fondovalle a gola stretta e lunga, attraversato da un fiume tortuoso
con le acque in frastuono; si avvicina lentamente. Straluną
cammina ai bordi del corso d'acqua, risalendo la corrente; il terreno č
impervio e ripido, qua e lą chiazze d'erba compresse dal gelo, sassi e
rocce sporgenti.
Una musica di sottofondo dapprima lieve, poi sempre pił intensa. Una
melodia con tema di apertura e leitmotiv orecchiabile, malinconico ma non
troppo.
La gola si stringe sempre
pił, fino a raggiungere la sommitą in cui appare strettissima, tra due
rocce ravvicinate. Per attraversare l'ultimo tratto Straluną č costretto a
sistemare grossi sassi nel fiume e guadare cosģ per un tratto fino ad
oltrepassare le rocce. E' quasi sera. Tutto intorno una leggera foschia.
Appena dall'altra parte del fiume appare, avvolto nella penombra, un
gruppo di case allungato, circondato da una vasta zona di verde e rocce.
Soggettiva del gruppo di case illuminate da luci tremolanti.
Lo sguardo sale lento lungo il pendio, fino a raggiungere la
vetta di un'alta montagna. La musica sfuma.
^
Da una stalla illuminata
provengono suoni di risa e battimani. Straluną si avvicina e guarda da una
piccola finestra. Ripreso in soggettiva esterna si scorge
attraverso l'apertura un vecchio uomo con una buffo paio di baffi bianchi
che racconta qualcosa vicino a un lumino ad olio. La luce crea giochi
d'ombre sulle pareti. La bocca dell'uomo si allarga molto nell'enfasi del
racconto, si intravedono alcuni denti mancanti. Quando accentua parti
della narrazione o singole parole, intorno a lui alcuni bambini gridano e
si spaventano coprendosi gli occhi con le mani. I suoni
giungono indistinti, si sente in rilievo il fiato grosso di Straluną
che cerca di capire qualcosa e corre da una
finestrella all'altra per vedere meglio.
A semicerchio e sparsi in gruppi, uomini che
ascoltano, sorseggiano vino, qualcuno fuma la pipa. Donne lavorano intorno
alla rocca per filare. Una ragazza aiuta una di esse a comporre la matassa
avvolgendo il filo attorno alle mani aperte.
^
Straluną entra dalla
porta, prestando molta attenzione a non farsi notare. Appena nella stalla
si strofina piano le braccia, rinfrancato dal calore dell'ambiente. Il
racconto del vecchio č terminato da poco, tutti applaudono, i bambini
chiedono altre emozioni. Straluną si avvale del tramestio per avvicinarsi
veloce e chino senza essere visto. Cammina quasi carponi dietro gli
astanti. Una donna lo scopre, ma appena lo vede scoppia in una fragorosa
risata perché Straluną improvvisa una faccia stranissima ed esilarante
contorcendo bocca, naso ed occhi. Avanza solo di qualche metro, che gią
un'altra, esortata dalla prima, ride con la mano premuta sulla bocca
agitando le spalle, quando scorge il guitto che la asseconda con
un'espressione ancora pił buffa della prima. In breve Straluną si trova al
centro dell'attenzione, molti si scostano per vederlo meglio e fanno
capannello intorno alla sua figura. Egli balzella carponi da un punto
all'altro in una sorta di danza, suscitando risa sguaiate e spontanee. I
bambini lo seguono curiosi infilando la testa sotto le gambe degli adulti,
sgomitando tra di loro, ridendo stupiti. Straluną si ritrova incitato dai
presenti e spinto dai bambini al centro della stalla, nei pressi della
luce.
Per un istante osserva
tutti che attendono impazienti, si gratta la testa sotto il berretto di
lana e comincia ad imitare i versi e le pose di una scimmia, un elefante,
una tigre; procedendo carponi e levandosi in piedi, rotolando per terra,
raggomitolandosi. Il leggero difetto fisico della deambulazione rende i
suoi atteggiamenti ancora pił buffi. L'allegria ed il coinvolgimento sono
generali. Straluną prosegue improvvisando una serie di numeri diversamente
esilaranti: una preda alata che scappa impaurita, un cacciatore che le
spara, un cane che corre ad afferrarla; una gallina impegnatissima a
produrre un uovo, un gallo impaziente che starnazza nell'aia; un maiale
che grufola e finisce con la testa in un secchio. Infine esausto, mima un
uomo legato mani e piedi che cerca di afferrare una mosca tediante con la
bocca. Ne riproduce il ronzio e segue i movimenti con gli occhi rapidi e
statici in continui cambiamenti di ritmo. Finge che la mosca si posi sul
suo naso, e piega gli occhi all'inverosimile fino a vederla; allunga la
lingua e si tocca la punta del naso: la mosca scappa e ricomincia a
infastidirlo. Con un morso ben assestato riesce ad afferrare un'ala con i
denti: la mosca impazzisce cercando di divincolarsi, il naso gli prude
tremendamente. Starnutisce fragorosamente. La mosca per terra si riprende
e ricomincia in crescendo ossessivo la sua danza. Straluną strabuzza gli
occhi atterrito e mima che la mosca lo colpisca con un grosso fendente in
pieno volto. Casca con le gambe all'aria come se fosse svenuto.
Tutti esplodono in
applausi incontenibili, grida di approvazione; i bambini saltellano
intorno a lui, cercano di destarlo e lo incitano ad alzarsi da terra. Gli
uomini lo accolgono tra di loro, lo invitano a sedersi su una delle panche
e gli offrono del vino. Un uomo estrae di tasca un'armonica a bocca e
battendo con il piede a terra esorta tutti a seguirlo con le mani.
Qualcuno balla. Una musica ritmata e cadenzata accompagna questo
momento suggestivo.
^
Scena 13
Interno giorno. Un fienile.
La luce del sole filtra
attraverso le fessure delle assi di un fienile. Straluną apre gli occhi,
ma si accorge che alcuni bambini lo stanno osservando nascosti in mezzo al
fieno. Spalanca gli occhi vistosamente e finge un risveglio svogliato e
sonnacchioso stendendo le braccia in aria e imitando versi di sbadigli. Si
porta le mani agli occhi, li stropiccia, guarda il sole e si getta
nuovamente in mezzo al fieno fingendo di dormire, russando rumorosamente.
I bambini non riescono a contenere le risate. Straluną si gira in mezzo al
fieno e rotola a due passi dai ragazzini che si alzano, ridacchiano e
scappano inseguendosi, fino a gettarsi addosso manciate di fieno.
Straluną sente delle grida
e guarda dalla piccola apertura che dą sull'aia.
^
Un uomo sta rimproverando
sua moglie chiedendo dove sia il figlio. E' molto adirato e si esprime
gesticolando con il volto severo e corrucciato.
Piero: Dov'č quello
scansafatiche di tuo figlio? Sempre in giro con gli altri. E' ora di
lavorare qui!
Anna: Ma dai,
lascia perdere: č inverno, fa freddo. Vacci da solo in paese.
Piero: No! E' gią
tardi. Lo voglio con me!
L'uomo guarda verso
l'alto, nel fienile e scorge il volto di Straluną che si sposta troppo
tardi per non essere visto.
^
Scena 15
Interno fienile.
Straluną fa cenno a tutti
i bambini di nascondersi sotto il fieno. L'uomo entra nel fienile e
comincia a scalciare in mezzo al fieno, urlando ancor pił incollerito.
Piero: Inutile che
vi nascondete farabutti! Lo so che siete qui con il matto. Giovanni vieni
fuori!
Giovanni, un bambino di circa cinque anni,
intimorito riconosce la voce del padre e fa capolino dal mezzo del
fienile.
Piero: (gridando) Ah!
Ti ho trovato finalmente!
Il padre afferra rapido
Giovanni e gli assesta due ceffoni in pieno viso sfogando tutta la sua
rabbia. Gli tira forte un orecchio e quasi lo trascina con sé. Il bambino
riesce a fatica a trattenere le lacrime, rosso dalla vergogna. Straluną ha
visto tutto da uno spiraglio nel fieno, il bambino si volta verso di lui e
lo guarda negli occhi. Il guitto non riesce pił a trattenersi, emerge
fulmineo dal fieno, sgattaiola appresso al genitore e gli sferra un calcio
poderoso nel didietro. Questi si gira, lascia il bambino, e senza
interporre tempo gli assesta un pugno sul naso. Straluną si comprime il
volto per il dolore, poi reagisce afferrando l'uomo alle gambe che per
poco non perde l'equilibrio; si divincola, afferra un forcone poggiato
contro la parete e lo scaglia addosso a Straluną. Questi riesce ad
evitarlo all'ultimo istante compiendo un balzo di lato. Il forcone
lanciato con forza si pianta nelle assi del pavimento. L'uomo lo riprende
in mano e lo brandisce in aria come per lanciarlo ancora contro il
malcapitato che gli fa segno di fermarsi, di stare calmo. Il bambino corre
a mettersi davanti a lui. Il padre emette un urlo d'ira misto a stupore,
scaraventa il forcone in mezzo al fieno e scende dalla scala esterna
bofonchiando tra sé, una volta sotto continua a gridare con la moglie.
Straluną tira il fiato. Giovanni lo abbraccia spontaneamente soffocando le
ultime lacrime e tremando per la paura. Tutti gli altri bambini escono
spaventati dal fieno, alzando solo le teste. Straluną ha gli occhi lucidi,
accarezza la testa del bambino, una lacrima riga il suo volto.
Dissolvenza in nero.
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Fine primo tempo
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Secondo tempo
Scena 16
Sera. Interno cucina.
Sono seduti intorno al
tavolo Giovanni, il padre e la madre. Un'anziana donna si riscalda davanti
al focolare. Gli altri mangiano in silenzio: un mutismo pesante e
insopportabile. Il bambino ha un brutto segno rosso su una guancia.
Piero: (batte il pugno
sul tavolo e intima a voce alta, rivolto alla moglie) Non lo voglio
pił vedere quel matto qui! Non č neanche del paese. Non ha voglia di
lavorare. (spezza del pane e lo indica con la mano) Questo va
sudato! (si alza in piedi, verso il figlio) Hai capito te?!
Giovanni non riesce a
mangiare e rimane a testa china sul piatto.
Piero: (in tono
minaccioso) Mangia. Mangia o ne buschi che te le ricordi per un pezzo!
La madre fa un timido
cenno per calmare il marito che le si rivolta contro.
Piero: Zitta tu!
Mio figlio deve venire su una persona seria. (concludendo perentorio,
risedendosi) Domani mattina quell'uomo deve andarsene.
^
Scena 17
Sera tardi. Interno fienile.
Straluną, illuminato
appena dal bagliore della luna, guarda fuori dalla piccola apertura, per
accertarsi che tutto sia tranquillo. Scorge il riflesso della luce di una
stanza che si spegne nella casa poco lontana; si impegna per scendere la
scala del fienile senza far rumore. Non appena mette un piede sul primo
scalino si arresta, fermato da Giovanni con in mano una tazza di brodo e
un pezzo di pane.
Giovanni: Aspetta!
Straluną lo osserva
attonito, il bambino lo sollecita a rientrare guardando gił intimorito.
All'interno del fienile i
due sono seduti; Straluną con lo sguardo assorto, un livido sul naso, in
mano la ciotola, il pezzo di pane.
Giovanni: Mangia
che diventa freddo.
Straluną lo guarda
meravigliato, poi mangia lentamente.
Giovanni: Mio padre
vuole che te ne vai domani.
Straluną: Lo
capisco.
Giovanni: (quasi
gridando) Ma tu...!
Straluną: (a voce bassa, indicandogli di tacere)
Sssccchhh! Che ti scoprono.
Giovanni: (contenendo
stupore ed entusiasmo) Ma come fai a parlare?
Straluną:
Promettimi che resterą un segreto fra te e me.
Giovanni accenna al
giuramento con le dita sulla bocca. Straluną beve lentamente e continua a
parlare. Il suo tono č pacato e tranquillo, il volto disteso e
normalissimo. Sembra quasi che la maschera del guitto sia rilassata: tutti
i movimenti rapidi del viso sono rimandati.
Straluną: Grazie
della cena. Hai gią rischiato fin troppo per me. Bisogna che dai retta a
tuo padre. Sarą scorbutico, ma in fondo ti vuole bene.
Giovanni: Ma perché
davanti a tutti non parli e fai finta di essere matto?
Straluną: Per
sopravvivere, amico mio. Per sopravvivere. Non ha importanza quello che
sei, ma quello che gli altri vedono di te. Tanto, come stai veramente, qui
dentro, (indicandosi il petto) nessuno puņ saperlo.
Giovanni lo scruta con
occhi interrogativi.
Straluną: Vedi, tuo
padre č buono. E' preoccupato per te, per il tuo futuro: vuole che cresci
sano e forte, un bravo lavoratore. Ti vuole un gran bene, anche se ti
tratta male.
Giovanni: Perché fa
cosģ?
Straluną: Perché si
vergogna di essere se stesso. Non vuole farsi vedere piangere, non puņ
farti una carezza, anche se vorrebbe tanto: la dolcezza č delle madri. La
forza č degli uomini.
Giovanni: E perché
tu non sei cosģ?
Straluną: (sorride e scompiglia i capelli del
bambino) Giovanni... io non sono nato in questa valle.
Giovanni: Da dove vieni?
Straluną: (riprendendo a mangiare) Da
un posto vicino al mare, molto lontano da qui.
Giovanni: E come hai fatto a venire fin
quassł?
Straluną: E' stato
per via della guerra. Lavoravo in una compagnia di attori.
Giovanni: Chi sono
gli attori?
Straluną: Tanti
amici che vanno in giro da un paese all'altro per divertire la gente.
Giovanni: Come fai
tu?
Straluną: Sģ, un
po' come faccio io. Solo che quando si č tutti insieme si fanno degli
spettacoli, si canta, si balla, si fanno dei numeri... come posso spiegarti?
(posando la tazza a terra)
Giovanni: Come
quello che si fa a carnevale?
Straluną: Ecco sģ,
un po' cosģ. Per gli artisti č sempre carnevale.
Giovanni: Ma cosa č
successo ai tuoi amici?
Straluną spalanca gli
occhi inorridito, come se ricordasse qualcosa di triste; quindi volge
rapido lo sguardo e riprende in mano la scodella.
Giovanni si avvicina.
Straluną:
(riprendendosi, stringendo la tazza e porgendogliela) Vai adesso che č
tardi. Grazie ancora per la cena. Non ti dimenticherņ.
Il bambino si inoltra
lentamente per la scala del fienile. Una volta a terra saluta Straluną con
la mano che gli sorride.
L'uomo si volta e getta lo sguardo sul fieno.
^
Scena 18
Flashback. Interno-esterno di un fienile presso una
casa colonica.
All'interno di un fienile
in fiamme una donna grida in mezzo al fuoco, un uomo tenta di scendere le
scale. Il fienile visto dall'esterno crolla. Straluną poco
lontano nei pressi di un albero si gira atterrito. Un frastuono
sovrastante e rapidissimo: un aereo da guerra vola basso sulla zona e
sgancia una bomba. Straluną corre via. Il fragore poco lontano della
deflagrazione. Alcuni sassi lo colpiscono come proiettili sulla gamba.
L'uomo grida accasciato a terra, mentre tutto intorno a lui divampano le
fiamme.
^
Scena 19
Notte. Interno fienile. Esterno casa.
Soggettiva del
fieno. Straluną osserva assorto, infine distoglie lo sguardo. Emette un
sospiro, si alza e guarda gił nell'aia.
Scende lentamente la scala, si allontana, volge un
ultimo sguardo alla casa, si incammina nel bosco. Nella penombra del maso
gli occhi vigili di una faina si muovono rapidi.
^
Scena 20
Mattina presto. Esterno-interno fienile.
Giovanni sale la scala del
fienile con un pezzo di pane e una tazza di latte. Cerca l'uomo
chiamandolo per nome a voce bassa. Appoggia la tazza ed il pane a terra,
guarda ovunque tra il fieno. Volge lo sguardo al bosco con gli occhi
tristi e commossi.
Una musica lenta e malinconica (che riprende il
leitmotiv accennato alla scena 10), raccorda questa scena (20) alla
successiva (21).
^
Scena 21
Esterno giorno. Mattino inoltrato. Sera tardi.
Straluną č seduto su una
roccia vicino ad un ruscello. Alza un lembo dei calzoni e osserva a lungo
una cicatrice profonda poco sotto il ginocchio che si prolunga fino alla
caviglia. Ricopre la gamba, si alza lentamente e si inoltra lungo il
pendio della montagna. Il sentiero č ripido, l'uomo fatica a camminare.
Pił avanti incontra un laghetto con una cascata sovrastante. La luce del
giorno cala gradualmente fino al buio. Procedendo, Straluną trova la neve
che risale fino in cima al monte. Scruta intorno, scorge una grotta
naturale ai piedi di un dirupo e si rifugia all'interno. Prova a sdraiarsi
per dormire. E' troppo freddo, trema e non trova quiete. Si alza e cerca
alcuni rami. Ne racimola assai pochi. A fatica accende un piccolo fuoco
cercando di scaldarsi un po'.
La musica sfuma. Dissolvenza in nero.
^
Scena 22
Esterno giorno. Mattino presto. Estate 1946.
La madre di Giovanni
sistema un prosacco sulle spalle del figlio, infila all'interno un pezzo
di formaggio e del pane.
Anna: Il viaggio č
lungo. Tuo padre ti saluta. Vedrai che i mesi passano in fretta!
Lo bacia sulla guancia
incoraggiandolo ad incamminarsi. Il bambino segue un uomo dal passo
risoluto e lo sguardo severo con un buffo cappello sulla testa.
Da una piccola finestra in
cima alla casa il padre osserva Giovanni, badando bene di non essere
scorto, stringendo il pugno intorno alla grata dell'apertura, cercando di
vincere la commozione.
^
Scena 23
Interno giorno. Cucina di
casa.
La madre rientra in cucina
e si rivolge con tono dubbioso alla nonna di Giovanni che armeggia davanti
ad una pentola.
Anna: Speriamo che
non soffra troppo di nostalgia lassł in malga.
Anziana donna: Non
avrą tanto tempo per pensare. Il lavoro č duro e il Mario č di buona
compagnia!
^
Scena 24
Esterno giorno. Interno malga.
Il fondovalle č pieno di
erba rigogliosa. L'estate č cominciata da poco. Mario e Giovanni si
inoltrano su per la montagna a passo sostenuto. Il bambino fatica a stare
dietro all'adulto che cammina davanti a lui e non dice una parola.
Una musica ironica e cadenzata sottolinea la marcia dei due. Il paesaggio
č identico alla scena 21, ma sono trascorsi diversi mesi e la
stagione calda ha cambiato le forme delle strutture ambientali. La
luce decresce gradualmente. I due ripercorrono tutta la strada calcata da
Straluną in inverno. A sera inoltrata giungono alla malga. La musica
sfuma.
Mario spalanca la porta e
si mette ad armeggiare intorno al focolare.
Mario: Cerca le
posate e prepara la tavola. Io accendo il fuoco e metto qualcosa in
pentola.
Destreggiandosi tra il paiolo ed il tavolo, l'uomo
apparecchia della ricotta stagionata e mescola della polenta. Si siede con
un sospiro, taglia il formaggio e lo porge a Giovanni.
Mario: Domattina ci dobbiamo alzare presto
che c'č da mungere tutte le vacche.
Dissolvenza in nero.
^
Scena 25
Interno sottotetto. Notte inoltrata.
Il bambino č sdraiato su
di un letto sottotetto in una stanza minuta. Sente dei rumori provenire
dal basso. Apre gli occhi incuriosito. I rumori sono accompagnati da
muggiti. Si alza, si dispone carponi e tende l'orecchio sul pavimento;
nota una fessura tra le assi, guarda attraverso e scorge le mucche nella
stalla con Mario che munge indaffarato.
Mario: (accorgendosi di
lui, senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro) Continua a dormire.
Ieri hai camminato troppo, sei ancora stanco. Per stamattina me la sbrigo
da solo. Pił tardi ti chiamo e liberiamo le capre.
Il bambino sembra deluso
ma poi si infila presto nel letto e si rigira infreddolito sotto le
coperte.
^
Mario e Giovanni badano ad
un gregge di capre lungo un pendio dove c'č erba sufficiente per il
pascolo. In mezzo al gregge scalcia buffamente una giovane capra tutta
nera con una macchia bianca sul muso.
Mario: (rimproverandola
bonariamente) Buona Cispa! (rivolto a Giovanni) Oggi fa un mese
che sei quassł. Te la cavi bene. Bravo.
Giovanni sorride
timidamente, poi prende del sale dal prosacco e lo porta alla capra che lo
mangia in un attimo, mentre il bambino ride divertito.
Mario: (guardando nel
prosacco) Che stupido! Ho dimenticato il pane e il formaggio sul
tavolo. Torno gił a prenderlo. Stai tu una mezz'ora con le capre e bada a
Cispa! Se capita l'Orso non dargli retta che se ne va da solo.
Giovanni: (quasi
intimorito) Chi č l'Orso?
Mario:
(indicando con la mano una costruzione diroccata qualche chilometro pił in
su, sopra un'altura) Il tipo strano che č tornato da poco in quella
malga abbandonata!
Mario si incammina di buon
passo. Giovanni, rimasto solo, si siede su un masso sporgente, estrae di
tasca uno zufolo e comincia a suonare un allegro motivetto.
La
macchina da presa osserva il paesaggio: brullo, pieno di costoni
impervi, erba folta solo in alcuni punti, sassi, rocce ripide. Da dietro
una rupe fa capolino un uomo con i capelli lunghi e la barba folta che
osserva il ragazzino. Giovanni si gira e nota quasi impaurito quella
strana figura. L'uomo balza in maniera aggraziata dal nascondiglio, fa un
verso strano con la bocca e strabuzza gli occhi.
Giovanni:
(meravigliato) Straluną!
Questi compie una piroetta
e fa un inchino. Giovanni sorride divertito e si mostra contento di
rivederlo dopo tanti mesi.
Straluną: Ciao
Giovanni!
Giovanni: Cosa fai
con i capelli cosģ lunghi?
Straluną: (togliendosi
una parrucca e mostrando la calvizie ormai completa) I capelli? Sono
finti! (Giovanni ride e subito dopo si mostra preoccupato) Li ho
persi tutti. Questa č una vecchia parrucca di scena. Tu non dirlo a
nessuno. (se la calza nuovamente con cura) Come stai? Ti hanno
mandato quassł a fare il pastore?
Giovanni: Sģ, sono
a servizio dal Mario.
Straluną: Il Mario
č un brav'uomo. Per lui sono l'Orso, che non parla mai. Ricordi il nostro
segreto?
Giovanni: Sģ: tu
non parli! Ma cosa fai lassł?
Straluną: Niente.
Adesso niente. Per molti mesi ho tagliato legna per un contadino al di lą
del valico. Ho messo via qualche soldo. Fra qualche giorno me ne vado.
Giovanni: Dove vai
Straluną?
Straluną: Il mio
vero nome č Franco.* Comunque, chiamami pure cosģ. Vado fin sotto: dove
passa il treno e torno gił, vicino al mare. Al paese c'č ancora mia madre.
Poi un vecchio amico gira con una compagnia. Torno a recitare con loro.
Giovanni: Vengo con
te.
Franco: (sorridendo)
E' molto lontano. E poi... [*d'ora
in avanti Franco nel testo]
Giovanni senza dire nulla
cammina sulle mani e compie alcune capriole, imitando l'andamento di un
ubriaco. Si butta a terra, rotola sull'erba, con lo zufolo imita il volo
di un uccello mentre con gli occhi lo osserva muoversi nell'aria. Si
blocca, guarda Franco allibito con gli occhi sgranati.
Giovanni: Non dirlo
a nessuno!
Franco: (applaude)
Bravissimo. Devono vederti tutti! Bravo.
Giovanni: Mio padre
non vuole. Mi ha mandato quassł apposta, perché... (si arresta
d'improvviso, avvertito da un rumore in lontananza) Il Mario! (fa
cenno a Franco di tacere, mentre questi si dilegua in fretta dietro una
grossa sporgenza di roccia un po' pił lontano)
Mario compie l'ultimo tratto di strada.
Mario: (avvicinandosi e
sedendo su di un sasso) Finalmente! Vieni qui che mangiamo.
Mario porge a Giovanni
formaggio, pane e due patate arrostite. Giovanni ringrazia e infila tutto
nelle tasche dei calzoni. Corre verso la roccia dietro cui si č nascosto
Franco.
Mario: (stupito)
Dove scappi?
Giovanni fa segno a Mario
che deve andare a fare pipģ.
Mario: (alzando il
braccio) Ah! Vai, vai pure.
Dietro la sporgenza di
roccia, Giovanni invita Franco ad abbassarsi piano. Nascosti bene dividono
insieme il pranzo e sorridono divertiti.
Dissolvenza in nero.
^
Scena 27
Interno notte. Stanza di Giovanni.
Una musica cadenzata in crescendo accompagna
in maniera buffa il primo momento della scena. Giovanni si
alza dal letto impegnandosi a fare piano, senza troppi rumori. Si veste
lentamente, scende le scale dalla piccola stanza sottotetto che comunica
in parte con la stalla, ed entra in cucina. Procede basso quasi carponi,
avanzando di un passo ogni volta che sente russare Mario. Esce dalla porta
e corre lungo il pendio fino alla malga abbandonata dove alloggia Franco.
Dalle fessure vede uscire un raggio di luce. Bussa alcune volte. La
musica torna lenta e quasi triste.
Entra e scorge Franco
seduto al tavolo di cucina senza nulla sul capo, con la testa fra le mani,
affranto e desolato.
Giovanni: (salutandolo
imbarazzato) Perché piangi?
Franco mostra a Giovanni
una fotografia in bianco e nero che ritrae una donna anziana davanti al
mare, su di una spiaggia. La musica sfuma.
Franco: Guarda,
questo č il mare. L'avevi mai visto?
Giovanni: No. E
quella signora chi č?
Franco: Quella
signora č mia madre, pace all'anima sua.
Giovanni: (con sguardo
dubbioso e incredulo) Ma...
Franco: Siediti, ti
scaldo del latte.
Franco si affaccenda
dietro il vecchio focolare, silenzioso e mesto. Sopra di lui il tetto č
tutto pieno di caligine. L'abitazione č tetra e decrepita: rimessa in
sesto lo stretto indispensabile per viverci. Non ci sono altre stanze. Un
angolo del pavimento coperto di pagliericcio e qualche vecchia coltre
consunta fungono da giaciglio. Franco porge a Giovanni una tazza di latte
e pochi biscotti a forma di ciambella.
Franco: (esortandolo
con voce rauca) Bevi. I biscotti sono del paese mio. Mi sono arrivati
gił in valle l'altro ieri. Me li ha portati il vecchio Bepi, insieme a una
lettera di mia sorella, con la notizia che mamma se ne č andata in due
giorni; e io non sono neppure riuscito a vederla!
Giovanni lo guarda senza
dire nulla con un biscotto mangiucchiato in mano.
Franco: Stava cosģ
bene!
L'uomo non riesce a
trattenere le lacrime e scoppia a singhiozzare coprendosi la faccia con le
mani. Il bambino solleva la foto e la guarda a lungo. Beve ancora un po'
di latte, morde un pezzetto di biscotto, osserva Franco che appare
inconsolabile e sembra non tenere pił conto della sua presenza. Giovanni
si alza senza farsi notare ed esce lentamente dalla porta. Appena fuori
corre via veloce fino alla malga di Mario lungo il declivio, sotto una
luna enorme che illumina l'intero versante della montagna ed i crinali pił
lontani.
^
Scena 28
Interno-esterno vecchia osteria del paese.
Domenica, poco prima di mezzogiorno.
Molti uomini entrano e ordinano del vino, ridono e
brindano a voce alta. Da una finestra si intravede la chiesa di fronte. Ad
un tavolo č seduto Mario con Giovanni e suo padre.
Piero: Allora, come č andata lassł?
Mario: Bevi Piero. Tuo figlio se l'č cavata
benissimo. Un malgaro, come pochi!
Il padre batte una mano sulla spalla del figlio e
gli versa mezzo bicchiere, incitandolo a bere.
Piero: Tieni, questo č il tuo primo
bicchiere di vino!
Il ragazzino beve sorridendo appena. Con il
bicchiere in mano si guarda intorno e vede tutti gli adulti che alzano
boccali, urlano e ridono sguaiatamente. Ha inizio una musica
mesta e leggermente distorta che richiama con strumentazione diversa il
leitmotiv. In fondo al locale, seduto ad un tavolo, solo, c'č
Franco con il berretto calato sulla testa, lo sguardo basso davanti ad un
bicchiere di vino, il volto paonazzo. Giovanni posa il bicchiere, attende
qualche momento, guardando i due adulti che discutono tra di loro, poi
accenna ad alzarsi.
Piero: (rimbrottandolo subito) Dove vai?
Giovanni: (timidamente) Al gabinetto.
Piero: (indicando il balcone) E' lģ fuori.
Giovanni attraversa tutto il locale e raggiunge il
balcone da una porta secondaria, continuando a guardare Franco, badando di
non farsi scorgere dal padre. Percorre tutto il balcone all'esterno fino
alla porta del bagno. Dalla finestra che dą nel locale finalmente riesce a
vedere meglio Franco seduto al tavolo. Muove pił volte la mano per
salutarlo; ma lui č troppo immerso nei suoi pensieri e non vede il
ragazzino. Resta chino con le mani sulla fronte senza guardare nessuno.
Sfuma la musica. Dissolvenza in
nero.
^
Scena 29
Esterno giorno. 21
settembre 1946. Mattina molto presto.
Giovanni segue il padre
che cammina davanti a lui con alcuni capi di bestiame. Sono equipaggiati
per un viaggio piuttosto lungo. Scendono il fondovalle e imboccano la
strada principale fino al luogo della fiera di San Matteo. Portano a
vendere alcune mucche. Giovanni cammina a piedi scalzi e si spaventa
ogniqualvolta vede passare grossi camion. Suo padre gli fa cenno di stare
a destra. La musica del leitmotiv comincia lenta e
segue la scena in crescendo. Arrivano nel luogo della vendita e
cercano una postazione consona. E' pieno di contadini con il loro
bestiame. Alcuni sensali vestiti di grigio esaminano con poche occhiate
esperte una mucca dopo l'altra. Un mediatore si ferma proprio davanti alla
loro postazione. Osserva deciso e rapido, poi parla con il padre di
Giovanni che esita un attimo: abbozza una mezza parola indicando che
vorrebbe qualcosa di pił. L'uomo fa cenno che ripassa pił tardi.
Giovanni guarda proprio di
fronte a lui e nota un uomo con un berretto calcato sugli occhi, lo
sguardo perso nel vuoto, vicino ad un contadino, alcuni vitelli e qualche
manza. L'agricoltore lo rimbrotta scorbutico e gli fa segno di stare pił
vicino agli animali.
Ritorna il sensale che
aveva parlato con il padre di Giovanni, gli dice una parola e indica con
un gesto che si tratta dell'ultima offerta. Il padre guarda le sue mucche,
l'uomo, poi allunga la mano in segno di accordo.
Nel frattempo Giovanni si
allontana rapido verso la postazione di Franco e del contadino. Cerca di
richiamarlo con versi e boccacce, ma Straluną ha gli occhi vitrei, fissi,
sembra non riconoscere il ragazzino. Improvvisamente un carico pesante di
sacchi barcolla dal piano di un carro, la cui ruota si incastra tra un
sasso. Franco alza rapido lo sguardo e si accorge di quel che sta per
accadere, compie un salto veloce verso il bambino e cerca di proteggerlo.
I sacchi gli piombano addosso. Per il contraccolpo Franco batte il capo a
terra. Giovanni, protetto dal corpo di Franco, riesce a divincolarsi e
guarda l'uomo in volto. Franco, stremato dal dolore, gli sorride, il
berretto scivola dal suo capo e gli copre il volto.
Il bambino č come
paralizzato dallo stupore davanti al corpo dell'amico; sbarra gli occhi
incredulo. Intorno, per brevi istanti tutta la piazza si arresta. La
musica sovrasta la scena mentre lo sguardo della macchina da presa sale
verso l'alto e osserva in panoramica, fino a raggiungere il grigio intenso
del cielo plumbeo.
Dissolvenza sul colore del cielo. La musica
sfuma.
^
Scena 30
Interno di una stua, verso la metą degli anni
settanta. Sera tardi.
Intorno ad un tavolo siede Giovanni: un giovane di
circa trentacinque anni. Vicino altri commensali: due donne, un regista
teatrale sulla cinquantina; Anna: la madre di Giovanni, piuttosto
invecchiata, altri attori, alcuni tecnici di una compagnia. Tutti alzano i
calici e brindano festosamente. Nel capoluogo di provincia c'č stata la
prima dell'Amleto. Giovanni č un attore di teatro ormai affermatosi
da qualche stagione. Insieme al suo regista e a tutta la compagnia cena
nel paese d'origine: con l'occasione č riuscito a fare un salto a salutare
sua madre. Intorno alle pareti della stua premi e maschere teatrali di
valore, alcune foto in bianco e nero di parenti deceduti, tra le quali
spicca quella della nonna e del padre di Giovanni. Verso le estremitą di
una parete, una stufa a olle cilindrica e decorata.
Regista: (verso Giovanni) Bravo! Un Amleto
stupendo.
Un tecnico: (gridando alla donna seduta
accanto a Giovanni) Brava Ofelia!
Anna: (quasi tra sé con compianto) Eh! Ti
avesse visto tuo padre!
Verso la fine della cena la donna accanto a lui si
alza innervosita senza un motivo apparente, non notata dai convenuti che
proseguono nella baldoria generale. Esce dalla stua e si incammina veloce
in cucina. Giovanni si alza dopo un attimo e la segue per
tranquillizzarla.
Donna: (muovendo a scatti le braccia e gridando)
Lasciami stare. Non hai capito niente!
Giovanni: Scusami, non era mia intenzione.
Non avevo la pił pallida idea che tu...
Donna: (senza darsi quiete) Il solito! Sei
sempre il solito!
Giovanni le si avvicina per abbracciarla ma lei lo
scosta bruscamente e sale le scale della casa verso una camera.
Donna: (in cima alle scale, voltandosi e
concludendo sbrigativa) Ringrazia tua madre e dille che la cena era
deliziosa. Ho bisogno di dormire!
Giovanni rientra nella stua e si dirige verso sua
madre. Il regista lo guarda un attimo, come chiedendo spiegazioni.
Giovanni: (leggermente imbarazzato) Tutto
bene, tutto bene!
Giovanni si avvicina alla madre, le sussurra due
parole all'orecchio; le dą un bacio. La donna sorride.
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Scena 31
Esterno notte.
Giovanni chiuso nel suo cappotto, infila un
sentiero sopra il paese ed entra nel cimitero che sta a precipizio sulla
vallata. Una musica richiama il leitmotiv, arrangiata in modo da
rievocare per affinitą il mondo del circo: nei momenti di fine spettacolo
quando tutto termina e cala il tendone. Giovanni si dirige verso
una croce di legno con un tettuccio sgretolato dalle intemperie. Guarda a
lungo la tomba, poi getta un fiore di campo sopra la terra. Estrae dalla
tasca un berretto, lo tiene stretto tra le mani: č il berretto di Franco.
Intagliato nel legno sul braccio orizzontale della
croce č scritto:
Straluną M. 21-09-1946
Giovanni volge lo sguardo verso il cielo
rischiarato appena dalla luna.
Dissolvenza in nero.
Compare la scritta:
«Scavalcamontagne:
erano chiamati gli attori di avanspettacolo che giravano da un paese
all'altro per proporre i loro numeri, alle fiere, nelle stazioni, in
teatri sgangherati e poco confortevoli, sfidando intemperie e ristrettezze
economiche. In Italia conobbero un relativo periodo di gloria tra il 1937
e il 1947.»
La musica prosegue per tutta la durata dei
titoli di coda.
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