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 la recensione storica di intra i sass 

Titolo: Tra zero e ottomila
Autore: Kurt Diemberger
Traduzione di Spiro Dalla Porta Xidias
247 pagine – foto b/n
Editore
: Zanichelli (Bologna) - Novembre 1970
Collana: "Montagne"

 

Tra zero e ottomila recensione di Mauro Mazzetti

Certo è che questi alpinisti sono proprio dei burloni. Passi pure che Livanos schizzi su un foglietto di carta il disegno di una via che sale un pilastro delle Calanques e lo consegni a Diemberger, magnificandone la bellezza e l'esteticità; ma che “il Greco” si diverta alle spalle dell'austriaco, facendolo passare attraverso una spiaggia di nudisti con tutta la ferraglia addosso per raggiungere l'attacco, beh, tutto ciò è veramente esilarante.

Partiamo quindi da “zero”, cioè dal mare di Marsiglia, e lasciamoci condurre pian piano da Diemberger a quote sempre più alte, attraverso centinaia di salite - spesso prime assolute ed invernali - fino ad “ottomila”, dove si respira l'aria sottile della ricerca e della scoperta, dello stupore e della sorpresa, delle emozioni forti ma insieme delicate.

Sarà un po' esagerato, ma leggendo questa pietra miliare della letteratura alpinistica, mi sono rammentato di antichi ricordi scolastici. Diemberger non sarà sicuramente il gemello del “fanciullino” del Pascoli, ma un suo cugino sì. Anche il nostro sembra vagare con animo candido e non contaminato tra monti e valli della memoria e del pensiero, girando intorno la testa e sgranando gli occhi della mente davanti alle grandi situazioni, esattamente come di fronte ai piccoli fatti. Di tutto e per tutto c'é una ragione; non si parla di cosmogoniche visioni dell'esistenza o di elucubrate dissertazioni sui massimi sistemi. Tutt'altro. Resta però il fatto che dal libro emana un'aroma sottile e diffuso, come quando la caffettiera napoletana comincia a sobbollire e preannuncia l'uscita del caffè.

Fuori di metafora: l'impostazione e l'impronta date da Diemberger si mantengono costanti in tutto il libro, laddove vengono toccati argomenti disparati ed a volte apparentemente lontani dal mondo della montagna. Il racconto delle salite non si limita alla narrazione, seppur avvincente, ma al contrario si sofferma su aspetti introspettivi e retrospettivi del quotidiano vissuto suo e delle persone a lui legate – sia per il tramite di una corda, sia per affinità elettive.

A chi conosca almeno un po' le vicende alpinistiche (historia magistra vitae), non può non venire il cuore in gola rileggendo i passi accorati e partecipi delle pagine dove Diemberger narra dell'ultima salita tentata da Hermann Buhl sul Chogolisa, e dove campeggia la foto della traccia che svanisce a metà di una smerlettata cresta di neve. Il fatto è che Diemberger era lì, non come spettatore estraneo alla vicenda, ma come attore protagonista. E sempre Diemberger era lì, dove per “lì” si intendono luoghi ed avvenimenti che hanno contribuito a costruire la storia dell'alpinismo.

Tra zero ed ottomila ha quindi rappresentato una svolta determinante nella letteratura di montagna, è stato punto di riferimento per quanti non chiedevano solo relazioni di salite ma qualcosa di qualitativamente diverso. Rileggendolo oggi, a distanza di più di trent'anni dalla prima pubblicazione(1), se ne continua a cogliere e ad apprezzarne la validità e la potente carica innovativa. Un bell'esempio di sempreverde longevità letteraria, che trova ragione di essere nella forza della semplicità e della chiarezza, sia stilistica sia concettuale, che hanno animato e continuano ad animare uno dei più importanti e rappresentativi “conquistatori dell'inutile”.

Mauro Mazzetti
Genova, marzo 2003

 

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(1) L'edizione più recente è del 1995 (Torino, Edizioni CDA) up

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