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 la recensione letteraria di intra i sass 

Titolo: Una frontiera da immaginare
Autore:
Andrea Gobetti
Pagg. 224 con illustrazioni b/n
€ 17,56
Editore: Centro Documentazione Alpina (Torino) - Maggio 2001
Collana: "Le Tracce" a cura di Mirella Tenderini

 

Una frontiera da immaginare recensione di Alberto Pezzini

Oggi ho appreso della fusione tra la CDA e la Vivalda. Speriamo che quest'operazione non faccia perdere la genialità di andare a ristampare certi libri godibili come fumetti ed accattivanti come ragazze bionde.
Il libro in questione è più di un libro normale: è una meraviglia accesa nel buio delle grotte. E' la giovinezza che si accende nella notte del Marguareis - la mitica montagna sopra Carnino dove nelle viscere serpeggiano grotte infinite - ed arriva fino ai libri del liceo frequentato da chi sapeva di saper scrivere con indubitabile leggerezza. Gobetti ci racconta che divenne consapevole di essere bravo in italiano quando venne bocciato più volte nella stessa materia. Visto con gli occhi di oggi gli diamo ragione e poi ci abbandoniamo con piacere corporeo alla lettura delle sue pagine scalpellate con una passione incontenibile. Sembra quasi di essere sul Marguareis. Provate ad immaginare una montagna che d'estate lampeggia di lucciole e stride continuamente dei fischi ripetuti delle marmotte echeggianti da una costa all'altra. La sete è fortissima perché il sole spinge parecchio. La vegetazione tende a diradare e lo scenario ti mozza il fiato.
Ricordo di essere tornato bruciacchiato dal sole, con l'arsura che spaccava le labbra ed un sonno bestiale, reduce da una notte trascorsa all'addiaccio fuori dal rifugio Don Barbera da dove si scorgevano stelle cadenti rapide come saette e si sentiva un profumo scuro e quasi denso attraversare le narici. Verso le quattro del mattino irrompevano con le lampade fisse sulle teste gli speleologi: mangiavano al mattino presto, anzi all'alba e poi si addormentavano di schianto dopo aver chiacchierato e ruttato come orsi. La vita dello speleo è davvero particolare. Si infilano nelle grotte e vivono per ore nelle loro interiora. Ci stanno quattordici-sedici ore come niente e poi risorgono alla luce uscendo strizzati come cenci da quei luoghi oscuri e profondi come l'anima.
Gobetti ci racconta con una freschezza straordinaria - lo stile è praticamente un insieme di scioltezza e divertissement puro che ad imitarlo non ti viene manco se preghi in arabo e piangi in cinese - le imprese di chi della speleologia ha fatto una religione ed una passione unica. Allora scopri che una disciplina così totalizzante può portare ad un'opera memorabile nella sua semplicità come questa. Passeresti delle ore intere a continuare a leggere di queste discese agli inferi della terra dove si può dormire, mangiare come otri e bere indefessamente fiaschi corruschi di vino rosso. Non riesci a credere che il libro possa assottigliarsi sotto le dita e speri che in qualche modo possa continuare a durare. Queste pagine, materiate di sudore vero, botte da orbi date con la leggerezza dei ragazzi cresciuti insieme, e di ciucche senza ritorno, è il più bel libro che ricordi di aver letto da tanto tempo ed in mezzo alla bestiale omogeneizzazione di libri dove tutti scrivono di tutto con stili e registri che posseggono un sapore alla plastica, assolutamente uniforme e piatto. Qui di piatto non c'è niente ed il divertimento si impasta nelle pagine come un elemento naturale ed irripetibile.
Pensate che gli speleologi sono considerati una razza a parte
nella disciplina alpinistica a tutto raggio! Un libro così ha la colpa di farveli amare davvero.

 

Alberto Pezzini
Sanremo, febbraio 2002


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