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Quando, nel 1977, uscì il libro di Giovanni Angelini “Civetta per le vie
del passato”, autentico insuperato capolavoro di storia dell'alpinismo,
fra le molte illustrazioni del testo spiccavano, per originalità e
freschezza, alcune decine di piccoli acquerelli, solo in parte a colori,
vera cronaca per immagini degli interventi di ricerca e di recupero della
salma di Giuseppe De Gasperi, caduto nel 1907 durante un temerario
tentativo di salita solitaria alla cima della Civetta per la Val dei
Cantoni e il Giazzèr. Ricordo che scoprii così come Napoleone Cozzi, che
già mi era noto per la prima salita delle Torri Venezia e Trieste e per la
“quasi conquista” del Campanile di Val Montanaia, fosse anche un pittore e
un illustratore di vaglia, capace di rendere con efficacia e personalità
le tristi vicende di quella lontana estate fra le rocce e i ghiacciai
della Civetta.
Oggi Napoleone Cozzi pittore ritorna fra noi con il bel libro di Melania
Lunazzi Ardimenti e incantevoli ozi – Le Dolomiti Friulane negli
acquerelli di Napoleone Cozzi, edito da Nuovi Sentieri di Belluno, che
riproduce per intero un taccuino di acquerelli dipinti da Cozzi durante, e
successivamente, la sua campagna alpinistica del 1902 sulle Dolomiti
Orientali. E' stato un lavoro meticoloso, quello di Melania Lunazzi, che
ha ricostruito la vita intensa e troppo breve di Cozzi, personaggio
versatile e appassionato, al quale non furono estranei l'impegno politico
(che gli costò anche il carcere), gli eccellenti risultati in diversi
sport, il talento artistico e l'inventiva, nonché uno humor per noi
insospettato negli inamidati gentiluomini a cavallo del secolo. Ci
ricorda, per molti aspetti, un altro bel personaggio suo quasi coetaneo,
quel Tita Piaz che si realizzò non solo sulle pareti, ma anche in teatro e
in politica, negli scritti e negli affari.
Cozzi era nato nel 1867 a Trieste (morirà a Monza nel 1916), città ricca
di fermenti politici, all'epoca ancora sbocco sul mare dell'impero
austroungarico ma già percorsa da impulsi irredentistici. Lì Cozzi
sviluppò le sue passioni di sportivo e di artista, realizzando decorazioni
di importanti edifici teatrali e illustrazioni grafiche per manifestazioni
ed eventi, nonché ritratti e dipinti più tradizionali. Melania Lunazzi,
che è studiosa d'arte, oltre che alpinista, vi individua influssi dello
Jugendstil e del Simbolismo, sostenuti da solide basi accademiche, tanto
da farne un artista “ben documentato e calato in quello che era il clima
artistico coevo”.
Come sportivo, Napoleone Cozzi ottenne risultati di prestigio in molte
discipline, quali il canottaggio, la scherma, il nuoto, la corsa (50 km!),
il pattinaggio. E l'alpinismo, ovviamente. Fu infatti uno degli animatori
della Squadra Volante, un selezionato gruppo di alpinisti nato in seno
alla Società Alpina delle Giulie dell'epoca, un ambiente dove, invece, la
velocità e la decisone nell'affrontare i problemi alpinistici non erano in
primo piano. Con il fido Alberto Zanutti (con cui realizzò le sue scalate
più importanti), e con Giuseppe Marcovich, Tullio Cepich, Nino Carniel
costituì una squadra di giovani “senza guida”, attivi sulle Dolomiti
Orientali e sulle Giulie. E fu proprio nel 1902 che Cozzi e Zanutti, dopo
il loro tentativo infruttuoso al Campanile di Val Montanaia, incontrarono
in un'osteria di Erto i componenti di un'altra squadra, quella della
Scarpa Grossa, Victor Wolf von Glanvell e Karl Günther von Saar, ai quali
rivelarono il percorso fatto sul Campanile. La vicenda, si sa, finì con i
due Tedeschi festosi in vetta al Campanile, ma questo tipo di vicende, in
alpinismo come nella vita, non sono certo una rarità.
Il volume di cui ci stiamo occupando riproduce a colori, in formato 1:1,
le oltre sessanta pagine del taccuino di Cozzi, restituendoci, vorrei
dire, non soltanto le immagini dipinte durante la campagna alpinistica, ma
soprattutto le emozioni, le sensazioni e le visioni di Cozzi in montagna.
I piccoli uomini che si muovono lungo le pareti, fra nebbie e scrosci di
pioggia, che salgono e scendono lungo i ghiaioni, che si attaccano a
strapiombi, nevai, spigoli e creste, danno, da un lato, una dimensione
quasi fumettistica al racconto, dall'altro, ad uno sguardo appena più
attento, rivelano la profondità della visione di Cozzi, il suo senso
dell'ambiente e dello spazio quasi cinematografici, il coinvolgimento
emotivo e creativo durante la scalata, occasione di ricerca e di
elevazione spirituale. Ci fermiamo qui: sarà il lettore, ne siamo sicuri,
a cogliere i diversi livelli del lavoro di Cozzi e ad interpretare la
precisione della descrizione con l'intensità del messaggio trasmesso.
Oltre che, beninteso, a godere esteticamente delle belle immagini alpine.
Il volume è completato dal racconto di Napoleone Cozzi della prima salita
al Monto Toro, della scalata al Campanile di Val Montanaia e dalle
“Impressioni di una traversata” al Monte Duranno, nonché da uno scritto di
Alberto Zanutti, sempre sul Duranno. Come appendice, l'editore Bepi
Pellegrinon ha curato la cronologia delle prime 150 ascensioni al
Campanile di Val Montanaia, ricavate dal primo libro di vetta,
recentemente rinvenuto negli archivi del Cai di Padova. L'insieme rende
con efficacia l'amore e il coinvolgimento di Cozzi per “quelle reggie
d'alabastro inafferrabili” che per lui erano le montagne, così come le
vedeva da adolescente, quale lontana e vaporosa barriera, da Trieste, dal
fondo del Molo Audace proteso nell'Adriatico.
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