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 la recensione letteraria di intra i sass 

Titolo: Ardimenti e incantevoli ozi
Autore:
Melania Lunazzi
Pagg. 140 c
on tavole a colori
Collana: Pionieri dell'alpinismo dolomitico
Editore: Nuovi Sentieri, Belluno, giugno 2004
Prezzo: € 38,00

 

Ardimenti e incantevoli ozi recensione di Flavio Faoro

Quando, nel 1977, uscì il libro di Giovanni Angelini “Civetta per le vie del passato”, autentico insuperato capolavoro di storia dell'alpinismo, fra le molte illustrazioni del testo spiccavano, per originalità e freschezza, alcune decine di piccoli acquerelli, solo in parte a colori, vera cronaca per immagini degli interventi di ricerca e di recupero della salma di Giuseppe De Gasperi, caduto nel 1907 durante un temerario tentativo di salita solitaria alla cima della Civetta per la Val dei Cantoni e il Giazzèr. Ricordo che scoprii così come Napoleone Cozzi, che già mi era noto per la prima salita delle Torri Venezia e Trieste e per la “quasi conquista” del Campanile di Val Montanaia, fosse anche un pittore e un illustratore di vaglia, capace di rendere con efficacia e personalità le tristi vicende di quella lontana estate fra le rocce e i ghiacciai della Civetta.

Oggi Napoleone Cozzi pittore ritorna fra noi con il bel libro di Melania Lunazzi Ardimenti e incantevoli ozi – Le Dolomiti Friulane negli acquerelli di Napoleone Cozzi, edito da Nuovi Sentieri di Belluno, che riproduce per intero un taccuino di acquerelli dipinti da Cozzi durante, e successivamente, la sua campagna alpinistica del 1902 sulle Dolomiti Orientali. E' stato un lavoro meticoloso, quello di Melania Lunazzi, che ha ricostruito la vita intensa e troppo breve di Cozzi, personaggio versatile e appassionato, al quale non furono estranei l'impegno politico (che gli costò anche il carcere), gli eccellenti risultati in diversi sport, il talento artistico e l'inventiva, nonché uno humor per noi insospettato negli inamidati gentiluomini a cavallo del secolo. Ci ricorda, per molti aspetti, un altro bel personaggio suo quasi coetaneo, quel Tita Piaz che si realizzò non solo sulle pareti, ma anche in teatro e in politica, negli scritti e negli affari.

Cozzi era nato nel 1867 a Trieste (morirà a Monza nel 1916), città ricca di fermenti politici, all'epoca ancora sbocco sul mare dell'impero austroungarico ma già percorsa da impulsi irredentistici. Lì Cozzi sviluppò le sue passioni di sportivo e di artista, realizzando decorazioni di importanti edifici teatrali e illustrazioni grafiche per manifestazioni ed eventi, nonché ritratti e dipinti più tradizionali. Melania Lunazzi, che è studiosa d'arte, oltre che alpinista, vi individua influssi dello Jugendstil e del Simbolismo, sostenuti da solide basi accademiche, tanto da farne un artista “ben documentato e calato in quello che era il clima artistico coevo”.

Come sportivo, Napoleone Cozzi ottenne risultati di prestigio in molte discipline, quali il canottaggio, la scherma, il nuoto, la corsa (50 km!), il pattinaggio. E l'alpinismo, ovviamente. Fu infatti uno degli animatori della Squadra Volante, un selezionato gruppo di alpinisti nato in seno alla Società Alpina delle Giulie dell'epoca, un ambiente dove, invece, la velocità e la decisone nell'affrontare i problemi alpinistici non erano in primo piano. Con il fido Alberto Zanutti (con cui realizzò le sue scalate più importanti), e con Giuseppe Marcovich, Tullio Cepich, Nino Carniel costituì una squadra di giovani “senza guida”, attivi sulle Dolomiti Orientali e sulle Giulie. E fu proprio nel 1902 che Cozzi e Zanutti, dopo il loro tentativo infruttuoso al Campanile di Val Montanaia, incontrarono in un'osteria di Erto i componenti di un'altra squadra, quella della Scarpa Grossa, Victor Wolf von Glanvell e Karl Günther von Saar, ai quali rivelarono il percorso fatto sul Campanile. La vicenda, si sa, finì con i due Tedeschi festosi in vetta al Campanile, ma questo tipo di vicende, in alpinismo come nella vita, non sono certo una rarità.

Il volume di cui ci stiamo occupando riproduce a colori, in formato 1:1, le oltre sessanta pagine del taccuino di Cozzi, restituendoci, vorrei dire, non soltanto le immagini dipinte durante la campagna alpinistica, ma soprattutto le emozioni, le sensazioni e le visioni di Cozzi in montagna. I piccoli uomini che si muovono lungo le pareti, fra nebbie e scrosci di pioggia, che salgono e scendono lungo i ghiaioni, che si attaccano a strapiombi, nevai, spigoli e creste, danno, da un lato, una dimensione quasi fumettistica al racconto, dall'altro, ad uno sguardo appena più attento, rivelano la profondità della visione di Cozzi, il suo senso dell'ambiente e dello spazio quasi cinematografici, il coinvolgimento emotivo e creativo durante la scalata, occasione di ricerca e di elevazione spirituale. Ci fermiamo qui: sarà il lettore, ne siamo sicuri, a cogliere i diversi livelli del lavoro di Cozzi e ad interpretare la precisione della descrizione con l'intensità del messaggio trasmesso. Oltre che, beninteso, a godere esteticamente delle belle immagini alpine.

Il volume è completato dal racconto di Napoleone Cozzi della prima salita al Monto Toro, della scalata al Campanile di Val Montanaia e dalle “Impressioni di una traversata” al Monte Duranno, nonché da uno scritto di Alberto Zanutti, sempre sul Duranno. Come appendice, l'editore Bepi Pellegrinon ha curato la cronologia delle prime 150 ascensioni al Campanile di Val Montanaia, ricavate dal primo libro di vetta, recentemente rinvenuto negli archivi del Cai di Padova. L'insieme rende con efficacia l'amore e il coinvolgimento di Cozzi per “quelle reggie d'alabastro inafferrabili” che per lui erano le montagne, così come le vedeva da adolescente, quale lontana e vaporosa barriera, da Trieste, dal fondo del Molo Audace proteso nell'Adriatico.
 

Flavio Faoro
Belluno, giugno 2005
 

>>> La prima ascensione del Campanile di Val Montanaia ovvero Dell'incontro tra Napoleone Cozzi e Karl Günther von Saar di Melania Lunazzi

 

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