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la recensione letteraria di intra i sass |
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Titolo:
Abito in Paradiso |
Abito in Paradiso recensione di Paola Lugo |
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Ammetto che l'ho letto perché è di un'alpinista (donna). Ammetto che l'ho letto perché è di un'alpinista (donna) che viaggiava con lo zaino pieno di libri, e scriveva poesie sulle pareti della sua tenda. E perché amava la birra, il rock e le feste danzanti ad alta quota. Se vi sono libri che trasmettono una straripante voglia di vivere, Abito in Paradiso, è uno di quelli. Scomparsa a trentaquattro anni sul Dhaulagiri insieme con l'amico Ang Thsering, Chantal Mauduit ha lasciato scritti indimenticabili, lettere, racconti, brevi ricordi di salite e di incontri, dove le imprese che costellano il suo impressionante curriculum (6 ottomila raggiunti senza ossigeno e spesso in solitaria, le grandi pareti delle Alpi e della Patagonia, le discese in parapendio...) sono principalmente tappe di crescita personale, momenti di una ricerca mistica a cui ha dedicato tutta la vita. Raccontare la scrittura di Chantal Mauduit è impossibile: come dichiara Nives Meroi nella splendida prefazione all'edizione italiana, qualsiasi sintesi non potrebbe che impoverire un linguaggio tutto interiore, che lascia ai margini il racconto dei fatti, per perdersi nell'interiorità, e riportare sulla pagina unicamente la passione e la gioia del viaggio e della scoperta. Il viaggio di Chantal Mauduit l'ha portata ad inseguire la festa della vita nei mercati “multicolori e multiculturali” di mezzo mondo, sulle pareti patagoniche e himalayane e sui mari dell'Antartide, pronta a perdersi nella contemplazione di un volo d'uccelli, o versare profumo sulle pietre roventi di una sauna improvvisata ai piedi dell'Everest , perché «appena si sale di quota il vissuto diventa un'esperienza sensoriale profonda». La salita in solitaria senza ossigeno al K2 , l'amato Chogorì, la sua luna himalayana, è più di un record, di una grande impresa “al femminile”, è un intenso momento di ricerca personale: «Grazie al Chogorì e alla sua magia, il mio cammino interiore ha sorpassato l'orizzonte in un rigoglioso accenno di fioritura». Perché «l'ego ghiaccia in fretta a 8000 metri, in compenso bisogna restare svegli ad attendere il suo disgelo». E se gli occidentali hanno ancora bisogno di eroi, la ricerca della saggezza la porta a scoprire la meraviglia ovunque. Nelle piccole cose, come i profumi delle zuppe nepalesi («Talvolta le immagini delle scalate in montagna si trasfigurano in odori, sapori»), come negli immensi altipiani himalayani dove «a volte il vento si placa, i ghiacciai dormono, il tutto non è che calma, contemplazione, meditazione». L'importante è «scoprire l'arte, l'arte di vivere, di ridere, di sorridere». Non vi è una sola riga, a parte il frustrante incontro con il fondamentalismo islamico dei pakistani che non riescono a capire questa strana francese e il suo girovagare da sola per l'Himalaya, che riapra l'annosa questione sull'alpinismo femminile, con la mal dissimulata ansia da prestazione e da confronto che tante alpiniste hanno portato con loro nello zaino. Come ricorda Nives Meroi nella prefazione, viviamo in una cultura che nega le differenze e l'Alterità, dove un unico sapere esclude ogni altra forma di conoscenza: la tentazione di adeguarsi alla logica dominante per non venirne schiacciati è forte. In particolare le donne, e quindi anche le alpiniste, per evitare la negazione e la sottomissione, assumono comportamenti e logiche maschili. Chantal, al contrario, afferma con forza l'autonomia dello sguardo, la volontà di vedere e di sapere al di là dei cliché e dei percorsi già stabiliti, lasciandosi guidare dalle proprie passioni «come una banderuola mossa dalla brezza» e dipendendo totalmente dalla natura. |
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Paola Lugo |
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