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 la recensione letteraria di intra i sass 

corde ribelli

Titolo: Corde ribelli
Ritratti di donne alpiniste
Autore: Arantza López Marugán
Prefazione di Juanio San Sebastían
Traduzione di Mirella Tenderini
Pagg. 146 con ill. b/n
€ 15,00
Editore: CDA&Vivalda, Torino, 2003

 

 

Corde ribelli recensione di Maddalena Schiavo

Questo libro affronta il rapporto “inconsueto” del mondo femminile con la montagna, un rapporto che proprio perché poco “appariscente” nel numero, ma non in grandezza, è ancora difficile da capire e conoscere.
Pensare che la mente e il fisico femminile non siano adatti e preparati per l'avventura, la grande avventura della montagna, è il primo dei pregiudizi che affiora in chi, come la maggior parte delle donne, non conosce molto della propria storia: sia della propria storia comune, sia - e soprattutto - di quella personale.
Una limitata conoscenza di sé, delle proprie possibilità, dei propri desideri, può indurre a ritenere che lo spazio dell'avventura e della conquista delle vette sia terreno esclusivo del mondo maschile, il solo che, per maggiore e riconosciuta forza fisica, e per maggiore “predisposizione naturale”... può accedere ad un altro piano, un piano più “alto”, in tutti i sensi.
Questa visione del rapporto “donna e montagna” è limitata e limitante non solo per sé stessa, bensì per ogni essere umano, maschio e femmina che sia.
Perché ciò che muove l'uomo verso la conquista di una vetta, verso l'avventura degli spazi infiniti, non è riducibile ad una forza fisica (che tutt'al più ne è il meccanico effetto), ma è il desiderio di trovare rari momenti e spazi di assoluta libertà e silenzio. Ecco che allora la conquista dell'esterno diviene anche una conquista interiore, un mezzo di affermazione personale, un “realizzarsi”, un “prendersi’” sul serio, “giocando con i propri passi” fino alla cima.

Questo libro, ripercorrendo alcuni percorsi, non solo alpinistici, di donne, è un tentativo di comprendere questo spazio vuoto, spazio che solo rende possibile il cammino che si apre tra sé e il desiderio di avventura, quell'avventura, come si dice nel primo capitolo, con la “A” maiuscola...
Viaggiare, crescere figli, fare volontariato, scalare una montagna... in un viaggio attraverso il tempo: il testo ci offre l'occasione di rivivere le avventure delle prime ascensioni sulle Alpi di dame dell'alta società, delle spedizioni femminili degli anni settanta, dell'arrampicata negli ultimi decenni, nonché quelle di signore vittoriane che, appena un secolo fa, si divertivano ad arrampicare con le gonne raccolte alla cintola.
Nove storie di donne che, ben prima e ben oltre di essere alpiniste, sono state donne “vere”, con il coraggio e la personalita' di superare stereotipi e pregiudizi dell'epoca inseguendo con tenacia i loro sogni e soprattutto il loro desiderio di libertà.

La prima protagonista è la raffinata e nobildonna francese Henriette d'Angeville, “la fidanzata del Monte Bianco” che nel 1838 ne conquista la cima, e ne fa ritorno per raccontare, in un libro, al mondo la sua avventura: l'episodio è considerato il punto di partenza dell'alpinismo femminile.
Si racconta poi di Gertrude Bell, famosa archeologa inglese che una ventina di anni prima di andare a Baghdad a rappresentare gli interessi britannici nel 1902 scala la cresta Nord-est del Finsteraarhorn, la cima più alta dell'Oberland.
Poi è la volta dell'americana Annie Peck che nel 1908, all'età di cinquantotto anni, vuole a tutti i costi salire più in alto di ogni altra donna alpinista di quel tempo e sceglie un 7000 sudamericano, il Huascaràn, in Perù. Il tentativo non le riuscirà, ma sarà la prima a farsi sponsorizzare.
C'è anche chi, come Alice Damesme e Miriam O'Brien, rivendicando pubblicamente il diritto di scalare come capocordata, scalano, da sole, il Cervino o chi come Loulou Boulaz nel 1962 tenterà la parete Nord dell'Eiger nelle Alpi.
Elvira Sataeva, alpinista russa fedele innanzitutto alla solidarietà e moglie di un alpinista, invece, nel 1974, raggiunge la cima del Pik Lenin, 7134 metri. In cima ci arriva, ma non riesce a scendere e ivi perisce di sfinimento insieme a sette compagne. Nel 1986 Wanda Rutkiewicz, la Signora degli Ottomila, corona il suo sogno di scalare il K2. Il secondo obiettivo diviene poi la salita dei 14 ottomila: il nono, il Kangchenjunga, le sarà fatale nel 1992.
Miriam Garcia si fa stregare dalla bellezza del patagonico Fitz Roy e si organizza per salirlo, nel 1988. Offre una grande lezione di umanità rinunciando a tentare la salita, in occasione di uno dei rari periodi di bel tempo di quei posti, per recare conforto ad un amica che ha perso il marito in un incidente sul Cerro Torre.
Alison Heargreaves, un marito e due figli, è una signora inglese istruita ed educata. Tra le altre cose è un'alpinista fortissima e si toglie il lusso di salire sull'Everest senza ossigeno, in solitaria, nel 1995, unica a ripetere ciò che Messner aveva fatto nel 1980. L'alpinismo le costerà il naufragio del matrimonio e la vita, poco dopo il successo sull'Everest, travolta dalla bufera sul K2.

Queste le nove storie, ciascuna dedicata a un episodio saliente della vita di altrettante donne diversissime tra di loro, che nell'arco di quasi due secoli, spinte dalla passione per la montagna, hanno sfidato le convenzioni sociali o la diffidenza dei loro colleghi alpinisti, per realizzare i loro sogni

Maddalena Schiavo
Montecchio Maggiore, febbraio 2004
 

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