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 la recensione letteraria di intra i sass 

Titolo: La notte del Cervino
Autore:
Enrico Camanni
Pagg. 168
€ 12,00
Editore: CDA & Vivalda, Torino 2003
Collana: "I Licheni"

 

La notte del Cervino  recensione di Mauro Mazzetti

Di discussioni, di caroselli, di eroi
quel che è rimasto dimmelo un po' tu

(Francesco Guccini)

Lo hanno già detto e scritto in molti: il libro di Camanni tratta della montagna in modo indiretto, perché l'alpinismo occhieggia sullo sfondo di vicende storiche e personali che con corda e moschettoni hanno poco da spartire. Cosa aggiungere di diverso?
A me pare che, nell'era della “virtualità”, La notte del Cervino sia concretamente e solidamente agganciato al concetto di “realtà”, con originali caratteri “montagnini”.

Quindi, cominciamo col dire che questo è un vero e proprio racconto di alpinismo, e già fin dal titolo: che diamine, il Cervino è un monte o no, anzi, non è il monte per definizione? E poi: nello scorrere le pagine, la microstoria alpinistica si insinua pian piano tra le pieghe del racconto, quasi con noncuranza, buttando lì frammenti e tasselli che si ricompongono man mano che la trama si sviluppa.
E' sicuramente un racconto di alpinismo metaforico e simbolico, non certo e non solo di alpinismo vissuto. Le vicende narrate sono momenti simili e comparabili, nella puntuale ed implacabile sequenza, alla quotidianità che intride l'animo della protagonista Chiara, dibattuta fra un passato “barricadero” ed un presente forse più intimistico ma sicuramente “borghese”.

Formuliamo però una riflessione di tipo diverso. La vicenda di Aldo Moro, che riveste nel libro un ruolo significativo, offre l'opportunità impertinente ed iconoclasta di utilizzare l'espressione “convergenze parallele”. Questa formula, nata per altri e differenti scopi, bene si conforma anche al nostro libro: Chiara si ritrova infatti all'interno di storie distinte ancorché collegate (ne saremo certi e coscienti solo alla fine), che come differenti sentieri verticali portano tutte alla stessa meta, ossia in cima alla stessa montagna.

A cercare analogie con altre opere letterarie, si evidenziano poi similitudini con il racconto di Calvino Se una notte d'inverno un viaggiatore, laddove l'unione dei titoli dei singoli capitoli forma il testo dell'epilogo della storia.
Similmente a questo spurio “fratello maggiore”, La notte del Cervino è costruito con un paziente e disincantato incastro di fatti e di avvenimenti, che appaiono tutti collaterali a qualcos'altro; sembra quasi di rimbalzare dentro il gioco dell'oca, che rimanda da una casella all'altra e ti fa tornare indietro per perdere e riprendere quanto hai perso.
Privato e pubblico, personale e collettivo, storia e politica, tutti questi elementi sono mescolati con attenzione e soprattutto con sensibilità. Non è facile scrollarsi di dosso un sottile senso di disagio esistenziale nello scoprire aspetti nascosti e terribili della ex migliore amica, così come non si passa indenni attraverso il malessere sinuoso ed insinuante di un dignitoso dolore che prelude alla perdita irreparabile di una persona cara. Poco importano le reminiscenze e le resipiscenze: come si diceva, “cosa fatta capo ha”; quindi girarsi indietro e rimuginare o rammaricarsi non serve a niente.

La storia, minimale e minimalista, ambientata non a caso in una cittadina come Ivrea, suggerisce piuttosto aperture concettuali filtrate dalla normale evoluzione (o involuzione?) che i personaggi vivono – e forse subiscono, aperture meno rigide rispetto ad un passato duro e puro.
Dopo la lettura dell'ultima pagina resta un gusto strano in bocca, tangibile per davvero e non frutto di alchimie letterarie. E' il gusto semplice e vincente di una storia verosimile, e non importa che sia vera; è il gusto di una provincia che ha attraversato rivoluzioni copernicane nel campo dei rapporti umani prima ancora che delle costruzioni ideologiche; è il gusto infine del dolce rammarico leopardiano, corretto dalla fatica quotidiana del “mestiere di vivere”.

Mauro Mazzetti
Genova, gennaio 2004
 

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