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la recensione letteraria di intra i sass |
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Titolo: Everest - Cresta Ovest |
Everest, Cresta Ovest recensione di Flavio Faoro |
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Canalone Hornbein: quante volte, leggendo le cronache dell'Everest, abbiamo incontrato il nome di questo couloir sul versante settentrionale, un verticale budello di ghiaccio che sale dalla ripida parte fino quasi alla vetta. Il nome gli è stato attribuito dopo la prima salita effettuata nel 1963 (altro anniversario, fra l'altro) da parte degli americani Thomas Hornbein e Willi Unsoeld, due determinati alpinisti della spedizione statunitense guidata da Norman Dyhrenfurth, spedizione che, fra l'altro, raggiunse la vetta anche dal Colle Sud, con quattro scalatori. Era l'epoca in cui il successo di una spedizione si misurava con il raggiungimento della cima anche di uno solo dei partecipanti, ritenendo la scalata un'impresa corale alla quale tutti davano, con il proprio impegno, il contributo determinante alla vittoria. Oggi, come è noto, non è certo così: le “spedizioni” in pratica non esistono più in quanto tali, esistono solo alpinisti che arrivano in cima per sé stessi o, al massimo, per lo sponsor, non certo per il proprio paese o per “il collettivo”. Meglio? Peggio? Certo lo stile alpino e la leggerezza di molte spedizioni spingono verso questa evoluzione, e poi, una spedizione “nazionale”, con i mezzi e l'impatto di allora, sarebbe oggi oggettivamente anacronistica. Ma chissà come sarà, a questo proposito, la spedizione italiana al K2 dell'estate prossima, con tanto di trekking per centinaia di escursionisti (c'è chi dice 600), organizzati direttamente dalle sezioni Cai? Speriamo davvero che i tempi del gigantismo e dell'orgoglio nazionale, in montagna come altrove, siano definitivamente passati.
Thomas Hornbein, dunque, medico ed esperto delle apparecchiature
dell'ossigeno della spedizione: oggi l'editore Cda & Vivalda manda
in libreria il suo racconto della spedizione “Everest, Cresta Ovest”
e se un po' di diffidenza verso l'ennesimo volume sull'Everest –
nell'anno del celebratissimo cinquantenario, poi – era francamente
legittimo, la lettura del libro ci fa apprezzare un capitolo non molto
conosciuto dell'epopea alpinistica della montagna. Insomma un bel libro, scritto bene, con il citato limite della difficoltà di rendere il clima fra quegli uomini, ma con la grande forza narrativa che trasmette una delle più belle imprese himalayane di quegli anni. |
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Flavio Faoro |
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copertina
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