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 la recensione letteraria di intra i sass 

Titolo: La montagna R
Autore: Jacques Jouet

Pagg. 123

€ 11,36

Editore: TARARA', Verbania, febbraio 1998

 

La montagna R  recensione di Mauro Mazzetti

In mezzo al guado delle celebrazioni sui cinquant'anni delle “conquiste” dell'Everest (2003) e del K2 (2004), cade un anniversario di tipo diverso, lontano dal battage pubblicitario e multimediale che ha accompagnato (e accompagnerà) tali eventi.

Sette anni fa usciva infatti La montagna R, libro su un monte che non fu mai scalato perché mai fu edificato, insignificante collina letteraria quotata sulla carta 1500 metri di orgoglio e di arroganza, di opportunismo e di malafede, di deviazioni e di egoismi. Insomma: un altro ed ennesimo simbolo del male? La domanda è oziosamente retorica, volta ad una risposta a senso unico, preordinata e precostituita.
Già il tessuto narrativo del libro promette e premette un racconto anomalo; siamo in tal modo assai discosti dalla classica letteratura di montagna. Niente argomenti tipici del tema classico a noi ben noto; banditi ghiaccio vento neve roccia coraggio azione. Al contrario la storia propone sedi parlamentari, cantieri surreali ed aule di giustizia.

Forse si tratta più di una non-storia, su una montagna che non fu mai costruita dalle forze della natura e che mai fu completata a causa dell'hubrys umana. Non a caso utilizzo il termine greco per “arroganza”, perché alla tragedia greca il racconto sembra rifarsi almeno un po': prologo, azione, conclusione sono i tre momenti concettuali e narrativi che scandiscono la trama, peraltro mai esposta in maniera diretta. Anzi, avvenimenti e personaggi vengono fuori “conto terzi”, narrati e tratteggiati da voci che sognano, ricordano o si dolgono.
Dalla struttura della tragedia greca La montagna R si discosta peraltro per quanto attiene all'unità di azione e di tempo: la storia si svolge infatti in un periodo non delimitato precisamente, ma certo lontano da quello canonico e compreso fra l'alba ed il tramonto.

L'impresa, fortemente voluta dal potere politico, è tenuta in piedi da interessi finanziari che passano sopra alla dignità umana ed ai sentimenti positivi. Se Machiavelli non sobbalzasse, si potrebbe abusare ancora una volta dell'espressione “il fine giustifica i mezzi”. Ma quale “fine”, e quali “mezzi”?
Un “fine” certo non virtuoso, lontano dai principi informatori di una vera res publica, ma al contrario espressione neanche troppo velata della commistione diabolica fra politica e profitto. E poi “mezzi” senza scrupoli, senza la più piccola remora di carattere deontologico od etico, che acuiscono il senso di disagio latente e crescente in chi legge, pagina dopo pagina.

Ne La montagna R (per inciso, “R” sta proprio per “repubblica”) non ci sono vincitori né eroi, siano essi positivi ovvero negativi. I fatti narrati di rimbalzo svelano piano piano misfatti di ogni sorta; i fasti celebrati in pompa magna si mutano inarrestabili in nefasti orridi ed orripilanti.
Il tutto viene perpetrato nel nome di questa montagna, apparentata alla lontana con una speciale e settoriale torre di Babele, che non crolla solo perché non riesce a crescere in altezza, nonostante si nutra e si alimenti di cadaveri e di rifiuti tossici, di lavoro nero e di perversioni, di ostracismo e di nazionalismo.

Un tema difficile, quello proposto da Jouet: un tema che stimola e pungola la coscienza civile e sociale di tutti, alpinisti e non.
 

Mauro Mazzetti
Genova, settembre 2003


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