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la recensione letteraria di intra i sass |
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Titolo: La corda
spezzata
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La corda spezzata recensione di Flavio Faoro |
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Ma quanto conosciamo il Giappone, la sua cultura millenaria, la sua società e - visto che a farci queste domande siamo noi, frequentatori delle montagne – i suoi alpinisti? Con un club alpino sterminato come numero di soci (sei milioni, pare) il Giappone è una realtà importante dell'alpinismo mondiale e spedizioni targate Sol Levante hanno segnato la storia alpinistica dell'Himalaya, e non solo. Ma noi, ripeto, quanto ne sappiamo? C'è un bel libro, adesso, pubblicato da CDA & Vivalda – al solito, nella grande collana I Licheni, giunta, pensate, al suo sessantesimo titolo – ed era ora che comparisse anche in italiano questo che pare sia un classico della letteratura nipponica. Si tratta de “La corda spezzata” di Yasushi Inoue, pubblicato già nel 1957 in Giappone, più volte ristampato con successo in quel paese e ora tradotto anche in italiano. Ero un po' sospettoso all'inizio: quasi quattrocento pagine sono tante e, nonostante la fama di Inoue, uno dei più importanti autori giapponesi del Novecento, dal libro del quale è stato tratto anche un film che ha vinto il Leone d'Argento a Venezia nel 1989, temevo un polpettone storico e manieristico, un po' misticismo zen e un po' pragmatismo nipponico. Beh, sbagliavo proprio. Non è un libro sull'alpinismo, in realtà: le pagine di alpinismo praticato, di montagna vissuta, sono nel complesso poche. E anche l'episodio che dà titolo al libro, la fatale caduta del compagno di scalata del protagonista e il disgraziato rompersi della corda, è trattato molto velocemente, quasi fosse solo un pretesto per il successivo sviluppo del romanzo. E allora? Perché sobbarcarsi questa lunga lettura? Per diversi motivi. Innanzitutto Inoue scrive bene, dannatamente bene. Uno stile poco appariscente, molto preciso (‘giapponese’ come uno se lo aspetta?) e anche efficace. Poi lo sfondo sul quale si svolge la vicenda, questa società giapponese del 1956 (solo una decina d'anni dopo la guerra e le sue distruzioni, notate bene), tutta intesa a produrre e costruire, ma anche permeata di regole ben precise, di costumi sociali per noi affascinanti e sconosciuti, di personaggi che, anche se delineati brevemente, lasciano intuire una forte intensità di rapporti e relazioni. E dunque la vicenda, che alla fine non è granché – una fatale caduta, alcune complesse storie d'amore, un rapporto di amicizia e lavoro profondo, un inevitabile epilogo - e che, onestamente, pensavo a metà libro di aver intuito nel suo dipanarsi, grazie ad alcuni indizi dell'autore, ma che risulta sorprendente e un po' amara. Su tutto aleggia questo fatto della corda spezzata, una corda nuova di nylon, questo nuovo materiale scelto per la sua robustezza e versatilità e che, di certo, non doveva, non doveva proprio, rompersi. Ecco, se una pecca proprio vogliamo trovarla, in questo libro, è l'insistere un po' eccessivo su questa rottura della corda, continuamente ripresa dall'autore come ‘filo rosso’ (scusateci il gioco di parole, ma è rossa anche nel libro) che lega i diversi personaggi. I quali, sostanzialmente, sono tre: il protagonista, la giovane amante del suo amico caduto in montagna e il direttore della ditta presso cui lavora. Ci è piaciuta molto la figura di quest'ultimo, una specie di saggio grillo parlante – di nuovo, molto orientale – con una efficace e moderna visione delle cose del mondo. Senz'altro il più riuscito del libro, a differenza di altri personaggi, come l'amico morto in montagna (uscito di scena troppo presto?) e sua sorella (figura utile per delineare situazioni ed atmosfere, ma non rilevante nella trama). Non lo liquiderei come ‘libro di montagna’, insomma, questo libro. Troppo ampio è lo sfondo, ripetiamo, su cui si svolge la vicenda. E nello stesso tempo lo raccomanderei come strumento utile per capire un po' dell'alpinismo giapponese, così diverso per ritmi, attitudini, montagne e tecniche di salita (un esempio? Il protagonista, alla fine, scala un canalone roccioso percorso da cascate calzando un paio di sandali di paglia intrecciata). Ma anche, ed è un po' sorprendente, per certe atmosfere evocate (i rifugi e i loro custodi, i viaggi nelle montagne innevate, la solidarietà fra alpinisti in pericolo), sensazioni che ritroviamo esattamente uguali a quelle tante volte descritte o vissute sulle nostre Alpi. Ed è, credo, la sorpresa più piacevole di questo libro. |
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Flavio Faoro
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