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 la recensione letteraria di intra i sass 

Titolo: Nemmeno il destino
Autore: Gianfranco Bettin

Pagg. 130
€  12,39
Editore: Feltrinelli, Milano 1997
Collana: "I narratori"

 

Nemmeno il destino recensione di Mauro Mazzetti

Una bastonata in testa. Un nodo alla gola. Un pugno nello stomaco. Un calcio negli stinchi. Una pugnalata alle spalle.
Strano, vero? Non sembra proprio l'inizio della recensione di un libro che narra di vento e di sole, di roccia e di ghiaccio, di moschettoni e di chiodi.
Proprio così. “Nemmeno il destino” non è un canonico libro di montagna, non è un acquerello con sfumati colori ad olio o a tempera, non è un epico ‘a solo’ di alpinismo lammeriano, non è una fotografia di ‘giorni grandi’.
“Nemmeno il destino” continua a non essere, pur esistendo.

A questo punto della lettura, il mio professore di italiano avrebbe già segnato in blu questa recensione. Motivazione del brutto voto: «Figure retoriche caoticamente affastellate. Reiterata ed abusata utilizzazione della forma negativa, senza una neppur accennata indicazione di elementi significativi, peraltro evidenti all'interno della costruzione concettuale del testo».

Belle parole. Grandi idee. Alti pensieri. Ossia l'iperuranio filosofico dei fatti. O forse la summa dei discorsi sui massimi sistemi. Se avete letto “Nemmeno il destino” (ed a maggior ragione se non lo avete letto), fate come nel gioco dell'oca: siete caduti nella casella che vi rimanda all'inizio, e da lì ripartite, saltando l'ultima parte di questa pseudorecensione.

Dentro il libro troverete piccole cose: fatterelli insignificanti, comportamenti sgradevoli, un po' di microcriminalità, un rapporto struggente e maledetto fra un quindicenne ‘difficile’ e sua madre (ragazza madre) che perde giorno per giorno coscienza di sé e del mondo. Troverete il protagonista solo con il suo disagio sociale e morale, un ragazzo con una insufficiente attrezzatura psicologica, esposto e vulnerabile, attento e contento solo quando se ne va in montagna. Perdio, ci sono arrivato alla montagna! E' una liberazione: l'angoscia che mi si è creata dentro, pagina dopo pagina, si attenua nei racconti e nelle fughe lungo sentieri e vie ferrate delle Dolomiti. Solo lì il ragazzo trova un suo equilibrio, temporaneo ma stabile, che gli dà la forza di affrontare nuovamente un'esistenza intessuta di antichi e perduti amici d'infanzia, di stralunati conoscenti una volta mecenati delle sue estati, di attuali e stanchi educatori, di plumbei istituti metropolitani.

La montagna rappresenta così l'elemento coagulante dello snodarsi di fatti e di circostanze, di decisioni e di punizioni; la montagna è lo stimolo ad andare avanti, nonostante tutto, nonostante tutti.
Solo nelle ultime pagine l'autore ‘abbassa la guardia’. Si scioglie la tensione drammatica: l'ex ragazzo ha costruito un suo equilibrio interiore, sociale ed affettivo, ha raggiunto obiettivi solidi e concreti, è tornato alla montagna e dentro di essa vive e lavora.
Un libro sorprendente. Un libro importante.

 

Mauro Mazzetti
Genova, dicembre 2002


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