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 la recensione letteraria di intra i sass 

Titolo: Malato di montagna
Autore: Hans Kammerlander

Pagg. 255 con fotografie a colori
€  16,53
Editore: Corbaccio, Milano  – gennaio 2000
Collana: Corbaccio Exploits

 

Malato di montagna recensione di Mauro Mazzetti

“Le discese ardite, e le risalite,
e poi ancora in alto, con un grande salto”
(Lucio Battisti)
 

Chi identifica Hans Kammerlander come una emanazione specializzata di Reinhold Messner, una sua appendice ‘estrema’, potrà tranquillamente ricredersi dopo la lettura di “Malato di montagna”.
Non credo che Kammerlander abbia bisogno di una difesa d'ufficio come la mia, avido lettore stupito dalla quantità e qualità di salite e di discese, scoperte o riscoperte scorrendo il curriculum di questa guida alpina sudtirolese; al contrario, ogni cosa che si potesse scrivere su Kammerlander suonerebbe falsa, parziale o non veritiera.

E' innegabile comunque che la ‘carriera’ dell'autore abbia fatto un determinante balzo in avanti dopo l'incontro con Messner, soprattutto dopo aver salito con lui i suoi primi sette Ottomila; è però altrettanto vero che Hans non ha certo fatto il rimorchio dell'allora più mediatico Reinhold. Al contrario, ed in almeno un paio di libri, il primo salitore delle 14 vette più alte del mondo ringrazia con grande trasporto l'aiuto che ha ricevuto da quello che viene simpaticamente chiamato ‘baletta’ in genovese e ‘bocia’ nel nordest italiano, cioè un (allora) giovane apprendista inesperto.
E che Kammerlander sia tutto, fuorché un apprendista od un temerario, lo si capisce subito leggendo la prima parte del libro, dove le prestigiose salite su roccia e su ghiaccio si alternano alle grandi discese di sci estremo. Coraggio, certo, ma non temerarietà; convinzione nei propri mezzi, ma non spavalderia; velocità e fantasia nelle realizzazioni, ma non azzardo da roulette russa; riflessioni sui grandi temi della vita, ma non introspezione spinta e cervellotica; prosa facile e scorrevole, e non periodi involuti e criptici.
Il tutto viene condito con la semplicità ed il buon senso che è proprio della gente abituata a vivere con e della montagna, gente che ha conosciuto tempi duri e difficili, quando mettere assieme pranzo e cena era l'impresa per eccellenza.

Quando poi si passa alla seconda parte del libro, quella che raccoglie l'esperienza himalayana – e non solo - il racconto di Kammerlander si fa incalzante e coinvolgente, a volte accorato ed assorto, sempre ‘affetto’ dal germe di quella malattia inguaribile (e da cui non vuole guarire) che giustifica appieno il titolo. Allora sembra veramente di essere assieme a lui, di respirare l'aria sottile della zona della morte con il solo ausilio dei propri polmoni, di sentire in faccia la poca aria prodotta dalle veloci discese in sci da quote altissime, di soffrire e di esultare per eventi tristi e gioiosi.

Tutto questo zampilla dalle pagine del libro, così come traspare la grande forza d'animo dell'uomo, la determinazione e l'applicazione costante in ogni occasione, senza dimenticare la genuina semplicità dei forti: un bell'esempio, e non solo per l'ambiente alpinistico.

Mauro Mazzetti
Genova, novembre 2002


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