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 la recensione letteraria di intra i sass 

Titolo: Qui Elja, mi sentite?
 Otto donne sul Pik Lenin
Autore:
Linda Cottino
Pagg. 166 con illustrazioni b/n
€ 14,48
Editore: Vivalda Editori - 2002
Collana: "I Licheni"

 

Qui Elja, mi sentite? recensione di Alberto Pezzini

Un libro strano, materiato in un'aria rarefatta... Questo tragico e delicatissimo reportage sentito dall'interno costituisce un documento da non perdere per ricordare una tragedia alpinistica immane. Sulle arie dei settemila arranca una cordata composta da otto donne. La temperatura è ghiaccio che si incolla alle giacche e lascia a malapena trapelare il fiato dalle bocche cucite dal freddo. Arrivano continuamente istruzioni dal Campo Base, dagli uomini. Le donne in questione sono abituate ai rigori della montagna più feroce anche perché hanno effettuato un lungo e preparatorio periodo di acclimatamento a quota 3700 metri. La narrazione sale all'interno di una strana normalità e mano a mano che leggi questo documento esile come l'aria che gioca sui ghiacci quando la bufera comincia a danzare, ti senti prendere da una strana inquietudine che ti assale piano piano.

E' consigliabile non guardare subito le fotografie della seconda sezione - chiamiamola così - perché l'impatto con quello che succede all'interno del libro diventa troppo aspro ed immediato. La Cottino è riuscita a superare le ombre stagnanti della burocrazia sovietica e dai brandelli di cronaca e documenti, a malapena cuciti insieme, è risalita alla ricostruzione di una testimonianza agghiacciante. E' davvero pesante l'aria che passa da queste pagine. La disgrazia diventa sempre più percepibile mano a mano che un inconveniente, oggi chiaramente risolubile anche con una discesa veloce, gestito male e senza possibilità di decidere, si trasforma dipoi in una tragedia sanglant. Si è alla disperata ricerca dell'errore e della sua paternità ma non si riesce a dimenticare quanto influì sul destino di otto donne la miopia cocciuta degli uomini. Ci si interroga poi sulle cause e si è portati a pensare che le donne - preziose atlete allenate nella fredda gerarchia alpinistica russa - non abbiano potuto gestire se stesse durante una crisi così ‘curabile’ anche per il timore di quanto sarebbe accaduto al campo base. Il Pik Lenin è una montagna tutto sommato ‘classica’, ma qualcosa non ha funzionato. La burocrazia ha poi cercato di calcare sulla presunta scarsa preparazione delle alpiniste: giustificazione meschina ed anche illogica se vista alla luce del nulla osta concesso alle alpiniste e poi scomparso nelle nebbie o nei sotterranei di funzionari particolarmente zelanti.

Questo non è un normale, consueto e rassicurante libro di montagna. Confesso che ho faticato non poco per scavalcare le relativamente poche pagine che lo compongono: sono pagine scritte nei caratteri nitidi ed evidenti dei Licheni della Vivalda, ma sanno di fatica e di un'attenzione spinta al massimo nel calibrare le espressioni ed armeggiare non senza ambasce tra delicatezza e furore. E' un documento che sotto le spoglie mentite di un libretto di montagna - dico libretto nell'accezione materiale del vocabolo - è capace di incendiare l'immaginazione e far bruciare la gola per il freddo che arroventa quando sei in quota. Ho un amico di età avanzata che dorme spesso fuori dal balcone quando siamo a Courmayeur. E' un alpinista di grande valore anche se sconosciuto e gli piace dormire all'addiaccio pur pernottando in un albergo di prima categoria. Alla mia domanda, tra l'incredulo ed il divertito, sul motivo che lo spinge a far ciò, mi risponde: io sono in continuo allenamento anche per sopportare il freddo che non trafigge il corpo quando è immerso in un duvet di buona marca. Bene. Provate voi a dormire a gennaio a Courmayeur sul terrazzo soltanto con il vostro sacco a pelo e poi sforzatevi di immaginare il freddo che aleggia sul vostro viso moltiplicato per cento e mille e diecimila volte... La notte stellata e sottile non basterà a distrarvi dal senso di solitudine e di morte che palpita in questi fogli che di libro hanno la delicatezza tutta femminile mentre possiedono la freddezza clinica di un documentario angosciante ma preciso. Leggetelo e non sarete più come prima.
 

Alberto Pezzini
Sanremo, aprile 2002


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