Il 15 maggio del 2002 saranno
trascorsi vent'anni dalla morte di Joe Tasker e Peter Boardman, tra i più
forti alpinisti inglesi.
La traduzione in italiano di questo libro di Maria Coffey cade pertanto
nel momento di questo storico anniversario.
Nella sua prefazione Chris Bonington sottolinea che questo libro “possiede
una prospettiva molto diversa dal solito racconto di una scalata, una
prospettiva che forse molti di noi scalatori troveranno scomoda”.
E' la storia, infatti, di una tragedia alpinistica vissuta dalla parte di
chi
non pratica la montagna e resta ad assistere impotente alla perdita di un
grande amore.
Il 15 maggio 1982 Joe Tasker e Peter Boardmann vanno all'assalto finale
della cima dell'Everest percorrendo la famosa cresta Est-Nord-Est, segnata
da difficili e ostili pinnacoli.
Scompaiono alla vista di Chris Bonington mentre, con apprensione, li segue
con un binocolo.
Il 17 maggio non sono ancora visibili e Bonington, a quel punto, matura la
convinzione della loro morte. Joe Tasker aveva un legame affettivo con
Maria Coffey, rimasta a casa ad attenderlo.
Il libro narra la storia della nascita di questo legame e della violenta
interruzione di quell'amore, con la tragica morte di Joe.
Maria Coffey è veramente bravissima a descrivere i sentimenti che la
legavano a quel giovane, fortissimo alpinista, a descrivere il suo
incredibile pellegrinaggio alle pendici dell'Everest per rendersi conto
della morte di Joe.
Racconta che, all'inizio, al sorgere di quel legame, tentava di
contrastare, quasi di opporsi, a quei sentimenti, consapevole che la
relazione con un alpinista di quel livello l'avrebbe trascinata in una
vita molto dura, fatta di grande dinamismo e felicità ma anche di lunghe e
angoscianti attese mentre il suo uomo era in spedizione.
E' una testimonianza importante che ci descrive un Joe Tasker nuovo e
diverso rispetto agli altri libri scritti su di lui. Maria racconta come Joe fosse pressato da un incalzare continuo di
spedizioni, dall'affannosa ricerca di sponsorizzazioni e finanziamenti. Lo descrive stanco, preoccupato, esausto.
Ecco, questo è il messaggio importante del libro. Dietro le grandi conquiste himalayane, vi
è una realtà meno splendente e avvincente. E' la realtà di una ricerca ossessiva della scalata estrema. La corsa agli ottomila
è diventata una giostra che difficilmente
risparmia gli alpinisti più forti. E' una giostra che ha commercializzato e svilito lo spirito più puro dell'alpinismo di ricerca, della conquista silenziosa e solitaria. Ormai vi sono dei veri e propri cataloghi, divulgati da grandi agenzie
di trekking, nei quali ciascuno di noi può scegliere l'ottomila che
preferisce scalare. Ho visto degli sherpa d'alta quota trascinare in vetta dei clienti che
avevano profumatamente pagato per scalare un ottomila.
La fortissima coppia Tasker-Boardmann apparteneva ancora a quell'alpinismo straordinario che apriva sempre nuovi itinerari sulle vette più alte
della Terra. Ma già allora c'erano i primi segnali di una corsa esasperata, fine a sé stessa.
Secondo le ultime testimonianze, riportate in questo libro, Joe e Peter
non sono precipitati per l'immensa parete Kangshung, ma si sono addormentati
per sempre, sfiniti dalla stanchezza, sotto il secondo pinnacolo. Erano reduci da un tentativo drammatico al K2 e all'Everest, parete
ovest, in invernale.
E' su questo che dobbiamo riflettere.