Mi dispiace parlare bene dei libri di
Marco Albino Ferrari perché mi è decisamente antipatico. Però possiede il
vizio di scrivere maledettamente bene. Senza fronzoli, trattenendo una
prosa lucida e pacata che non parte mai e non va mai fuori dalle righe. Un
bel concerto da leggere e consumare con gli occhi, anche se sono stanchi.
Questa è una storia affascinante e
ricca di avventura. Soltanto il modo di averla gestita me l'ha resa
immediatamente simpatica. L'autore si imbarca su di uno sloop e si
ritrova nella Terra del Fuoco sulle tracce di una storia profonda come il
mare ghiacciato. Forse non tutti sanno che Charles Darwin si servì di
un'opera fondamentale per scrivere l'Origine dell'uomo. Ferrari ce ne dà
la chiave di lettura più appropriata e colta che si possa immaginare.
Una pastore anglicano parte verso la metà del diciannovesimo secolo per
andare nella Terra del Fuoco. Di qui scatta l'avventura bellissima e
raccapricciante che segna il contatto tra la civiltà occidentale e le
genti fuegine. Un impasto che sa di tonnerre, come dicono i
francesi. Dalle stragi compiute dai fuegini sui malcapitati missionari si
va alle sedute della Patagonaina Society nell'Inghilterra sorpresa
e ferita dai selvaggi di quelle terre remote ed accecate dal vento. In
quelle lande petrose il vento è talmente forte e ruggente che mai un
bambino può avventurarsi sulla terraferma tranquillo per il timore di
venire scagliato dappertutto come una bambola inerme.
Ferrari passa, nelle pagine fitte di una scrittura densa e fievole al
contempo, dalla narrazione legata al passato al resoconto del presente. La
costruzione è felice ed il passaggio da un registro all'altro avviene con
velocità e leggerezza. Le rappresentazioni del mare sono nitide come il
sole quando si riflette sulle onde arricciate di schiuma: le descrizioni
del faro, che sta a capeggiare tutti i fari del mondo, e del suo nucleo
familiare danno una sensazione di intimità profonda, tanto che sembra di
essere scaraventati in quei locali di modesto spazio dove il legno ed i
quadri raffiguranti mari e navi la fanno da padrone.
Questo libro nero come il colore del vino, pastoso ed affascinante da
morire, nasce sulle onde di una lettura casuale di una vecchia rivista
incontrata quasi per caso e si sostanzia poi di una ricerca bibliotecaria
attenta e di una scelta avventurosa di sentire il mare e la terra alla
fine del mondo sulla propria pelle. Tanti gli echi che si respirano in
queste pagine simili - in qualche modo lontano come le nebbie delle prime
pagine - al Cerchio Celtico, ad una storia sgorgata dal cuore incavato di
una barca a vela veloce ed elegante come una bella donna marina che si
ferma nei porti, soprattutto quando piove ed il cielo si spacca in mille
rivoli di pioggia.
Di quel pastore anglicano rimarrà ben poco. Il figlio sopravvivrà per
scrivere una monumentale opera di classificazione, chiamiamola così, un
dizionario inglese/fuegino che testimonierà di una civiltà scomparsa per
l'impatto sanglant con l'uomo bianco. Di quella civiltà strana,
barbarica e cruenta resteranno soltanto due donne antiche come i legni
usati per maneggiare le canoe, attorte in un mutismo serrato ed atavico.
Un libro per sentire le onde che vanno
a sbattere nella chiglia, un libro per dimenticare la quotidianità e
partire chiusi nei metri quadrati angusti di uno sloop guidato da un
comandante scarnito dalla salsedine e roso dal mare e dalle sue correnti
più profonde. Se leggete questo libro una strana malia vi assalirà ed i
vostri occhi diverranno scuri e profondi come il mare. Bravo Ferrari, sei
antipatico, ma il tuo libro sprigiona notti passate a scriverlo e profumo
di mare diaccio...
E non è davvero poco. Ti invidio.