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Rivista di Letteratura, Alpinismo e Arti Visive   
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Vittorio Sella
Ascensioni fotografiche
Viaggio nelle Alpi del Tirolo

recensione di Melania Lunazzi

Bolzano, Galleria Civica
fino al 29 settembre
orario 10.00 - 18.00
Lunedì chiuso
Ingresso libero
Mostra promossa ed organizzata dal Comune di Bolzano - Assessorato alla cultura in collaborazione con la Fondazione Sella, sotto l'egida delle Nazioni Unite e della FAO e con il Patrocinio del Comitato Italiano per il “2002 Anno Internazionale delle Montagne”.
A cura di Augusto Golin - Catalogo edito dal Comune di Bolzano a cura di Augusto Golin e con contributi di Giuseppe Garimoldi, Christoph H. von Hartungen e Gunther Waibl.
Per ulteriori informazioni: tel. 0471.997588 (Ufficio Beni Culturali)
http://www.comune.bolzano.it/wincity/32A9FFB8_it.html

Estate 1890: nelle pupille dilatate di un portatore del Caucaso centrale si impressiona l'immagine di alcuni esseri umani sulla cima del Monte Burdjula (m. 4358). Il suo stupore gli fa credere di trovarsi in presenza di entità divine o quantomeno sovrumane, cui va incontro adorante. E' Vittorio Sella (1859-1943), protagonista dell'ascensione, a ricordare l'episodio, da cui trae la seguente considerazione: “...che non lo fossimo [degli dei] lo sapeva bene io, ma lo sentii allora che fosse un dono divino il sentimento del bello, del grande”. Questa singolare presa di coscienza avvenne durante la seconda delle tre spedizioni che Sella effettuò in Caucaso, capolavoro della sua vita di fotografo, alpinista e uomo. Il senso del bello come dono divino: un dono che per Sella non si fermava alla pura contemplazione fine a se stessa ma che veniva trasceso dal forte desiderio di estenderlo, almeno in parte, ad altri esseri umani tramite la fotografia, che Sella praticò come arte.
Qualcuno infatti ha voluto paragonare l'illustre fotografo-alpinista di Biella alla mitica figura di Prometeo, il semidio che andò a rubare il fuoco agli dei per portarlo agli uomini: Sella rubava montagne.

Cominciò dalle montagne di casa, le Prealpi Biellesi, salendo a vent'anni il Monte Mars, da dove trasse, dopo diversi giorni di appostamenti, una panoramica con lastre al collodio umido preparate sul posto e da quel giorno, per i dieci anni a seguire, furono prevalentemente le Alpi Occidentali il suo terreno d'azione e di studio. Fu autore, tra l'altro di diverse “prime” invernali: nel 1882 salì il Cervino (che poi tenterà di salire nuovamente all'età di 76 anni), nel 1884 la Dufour al Rosa, l'anno seguente il Gran Paradiso e il Lyskamm (imprese elogiate da Marcel Kurz in Alpinisme Hivernal del 1925) e poi le traversate del Monte Bianco (1888) e del Rosa (1889). Ai successi alpinistici si affiancavano a poco a poco i riconoscimenti per le sue magnifiche fotografie, sia presso le esposizioni fotografiche nazionali sia da parte dei diversi club alpini, primi fra tutti quello svizzero e quello inglese. Poi, a partire dal 1889, cominciò a realizzare le spedizioni esplorative al di là delle Alpi: Caucaso (1889, 1890 e 1896), Monte Sant'Elia in Alaska (1897), Kanchenjunga (1899), Ruwenzori (1906), Karakorum (1909), che costituiscono una parte importantissima del suo archivio custodito presso l'Istituto e la Fondazione di Biella a lui intitolati. Se il Caucaso fu il suo capolavoro personale, perché furono viaggi pensati e organizzati con propri mezzi e con un sistematico perseguimento di obiettivi, le altre spedizioni furono il segno dell'avvenuto riconoscimento mondiale della sua professionalità, in quanto venne proprio invitato in qualità di fotografo ufficiale, nel Kanchenjunga dall'inglese William Douglas Freshfield e nelle altre imprese dal Duca degli Abruzzi, con il quale iniziò un felice sodalizio d'intenti.
Le fotografie, che archiviava e numerava accuratamente, gli venivano richieste da diverse società geografiche (le immagini riportate dai viaggi in Caucaso furono ambitissime dai russi), da botanici, cartografi, glaciologi, geologi: a tale scopo Sella aveva messo assieme dei veri e propri cataloghi con listino prezzi, che inviava a chi gliene faceva domanda. Ma furono soprattutto gli alpinisti a trovarle di estremo interesse: le immagini del Karakorum del 1909, con Broad Peak, Torre Mustag e K2 ripresi dal basso con il teleobiettivo, furono di grande utilità alla spedizione americana di Charles Houston al K2, nel 1939, ma ancora nel 1954 furono accuratamente studiate da quella italiana di Desio!

Per questo buoni motivi per andare a vedere la mostra allestita a Bolzano se ne possono trovare parecchi: oggetto dell'esposizione i tre viaggi che Sella effettuò nelle montagne tirolesi e ad esse vicine. Furono esplorazioni di relativo impegno rispetto a quelle sopra ricordate. La ricostruzione delle diverse tappe si è potuta svolgere quasi esclusivamente basandosi sulle fotografie stesse, sempre descritte e datate. Senza un diario di viaggio e senza i gli appunti che normalmente scriveva, i curatori della mostra si sono basati su fonti indirette, come le lettere che inviava alla moglie, le sue firme nel libro dei rifugi o sui libretti delle guide che lo scortarono o ancora il racconto di un suo occasionale compagno di viaggio, l'inglese Samuel Aitken.
Durante il primo viaggio, avvenuto tra il 15 e il 21 luglio 1887, Sella sale il Monte Zebrù e fotografa le cime di Ortles e Cevedale: splendida la foto del ghiacciaio del Forno con i tetti delle baite in pietra in primo piano e la vasta lingua del ghiacciaio al centro dell'immagine.
Il secondo viaggio del 1891, più meditato e programmatico del primo, fu una esplorazione più sistematica delle Dolomiti. Queste non sempre affascinarono il piemontese che così si esprime per il Gruppo del Brenta: ”Questi monti di Brenta sono belli ma non mi hanno fatto l'impressione che aspettavo”. Ma le fotografie dimostrano il contrario. Le “sue” Pale di San Martino sono splendide, regali quando si stagliano nel nitore dell'aria tersa e misteriose quando semicoperte da nuvole sfilacciate e ascendenti. E le Tofane? quella di Rozes ci appare maestosa e fantasmatica al tempo stesso, quasi sfuocata nell'intensa luce diurna, che salva solo i prati in primo piano.
L'ultimo viaggio è del settembre 1893: Sella si spinge fino a Lienz, da dove compie le ascensioni di Grossglockner, Sonnblick e Grossvenediger e poi rientra fermandosi a Sesto, percorrendo poi la Val di Landro, Misurina, Passo Tre Croci e Cortina, di cui ci trasmette un ricordo positivo e solare: “Com'è bello questo sito, circondato da foreste di pini e da ardite guglie dolomitiche risplendenti al sole!”. Del Grossvenediger abbiamo un'immagine con la Pragerhutte in primo piano e un tormentatissimo ghiacciaio alle spalle; in un'altra immagine uno scorcio dell'ardita parte finale della cresta, carica di una elegante cornice di neve. E' raro trovare presenze umane: quando ci sono, appaiono marginali, quasi a rimarcarne l'insignificanza al cospetto dei titani di roccia e neve.

Grande perizia tecnica, equilibrato senso della prospettiva e delle linee dominanti, costruzione dell'inquadratura per articolati “scenari”, contrasti di chiari e scuri e finissime gradazioni di toni e sfumature, hanno come risultato un altissimo livello qualitativo, sempre presente nelle immagini di Sella. Egli aspettava sempre un momento preciso per fotografare, nei limiti che la montagna concede. A differenza di altri fotografi, come ad esempio l'inglese Donkin, che subordinavano la fotografia all'impresa alpinistica. Difatti Sella era disposto a sobbarcarsi quasi 30Kg di peso di attrezzatura, che comprendeva la camera (8Kg), obiettivi (1Kg e mezzo ciascuno), le lastre (tra i 500 e i 700 grammi ciascuna), il cavalletto (2Kg e 400), uno chassis con due lastre (1Kg e 900) e le casse piene di lastre emulsionate! Ma fu soprattutto la scelta del grande formato 30x40 a garantirgli una ricchezza di dettagli e una qualità altissima, formato che altri alpinisti snobbavano a vantaggio di una maggior leggerezza.

Una parte delle immagini presenti in mostra è costituita da stampe originali, realizzate dallo stesso Sella, le panoramiche ad esempio, quella dalla Marmolada verso il Sassolungo o quella dalla Lobbia Alta verso il Brenta. Ma anche le stampe moderne sono di alta qualità. La fase di stampa è importantissima per le fotografie in bianco e nero: un trattamento sommario può mutare completamente i connotati dell'immagine originaria e quindi l'intento dell'autore. Sella ristampò più volte nella tarda maturità le proprie lastre, evidenziandone dettagli diversi. A volte realizzava, con delle opportune mascherature, inserimenti fittizi di nuvole, che nella realtà non esistevano, anche su richiesta. D'altra parte nella sua intensissima vita, egli fu, tra le altre cose, anche un discreto pittore.
Le sue fotografie sono allo stesso tempo documento della realtà e realtà modificabile e ricreabile laddove il proprio estro creativo lo richiede, laddove la mano e la chimica possono aiutare a riprodurre l'immagine che la propria mente, il proprio animo, vuole coltivare dentro di sé, sentendosi anche, in una piccola parte, un po' divini.

Melania Lunazzi
© Agosto 2002 intraisass

 

Immagini tratte dal catalogo e dalla mostra di Bolzano ©

 

(copertina)

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