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Rivista di Letteratura, Alpinismo e Arti Visive   
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



 

Monte Rosa - Profili di Luce
Fotografie di Davide Camisasca
 

recensione di Roberto Mantovani

Città di Chieri (TO)
Galleria S. Filippo, Via Vittorio Emanuele 63
11-17 giugno
Orario di apertura
TUTTI I GIORNI: 18.00-22.00
SABATO E DOMENICA: 15.00-22.00
Ingresso libero
Organizzata da C.A.I CHIERI e CITTA' DI CHIERI
20 immagini b/n grande formato 100x36
Inaugurazione: 11 giugno, ore 18.00

Le splendide fotografie di Davide Camisasca sul Monte Rosa si prestano a due letture diverse e, perché no?, sovrapponibili.
La rinuncia all'uso del colore e la scelta di privilegiare le immagini in bianco e nero suggeriscono un'interpretazione che si affaccia alla dimensione del fantastico e dell'immaginario. O anche solo sempli-cemente alla storia dell'esplorazione del massiccio. Osservando alcuni degli scatti della mostra, ad esempio, è inevitabile chiedersi quali particolari rimasero impressi sulla retina dei primi esploratori abbarbicati alla balconata della Entdeckungsfels, la Roccia della scoperta, nell'estate del 1778. Ghiaccio? Roccia? Orizzonti lontani? Otto anni prima della nascita ufficiale dell'alpinismo, Joseph e Valentin Beck, Etienne Lisco, Joseph Zumsetin, François Castel de Perlatoe, Nicolas Vincent e Sebastiano Linty, i sette giovani walser di Gressoney spintisi fin oltre i 4000 metri, su quello che oggi è noto come Colle del Lys, non ambivano affatto a scalare la vetta del massiccio. Cercavano la Valle Perduta degli antenati, la mitica terra paradisiaca presente in tutte le leggende che circolavano nei villaggi walser disseminati ai piedi del Monte Rosa (la famosa guarde allemande, secondo Horace-Bénédicte de Saussure). Finiti gli ultimi salti del Grenzgletscher, allungando lo sguardo oltre il ghiacciaio del Gorner, videro praterie verdeggianti e armenti al pascolo. Pensavano di aver valicato la soglia d'accesso di un altro mondo, e invece, come in uno specchio, trovarono la copia di se stessi. Perché la gente che abitava dall'altra parte del Rosa era la loro stessa gente, e i villaggi che di lassù si intuivano in lontananza erano altri villaggi walser. Alla fine dell'esplorazione, quando si sparse la voce della vicenda, per i valligiani abbarbicati ai versanti cisalpini del Monte Rosa la gigantesca montagna ghiacciata cessò davvero di essere un ostacolo e divenne un tramite, un ponte capace di riunire idiomi, culture e idee.
Le foto di Camisasca però – lo abbiamo detto – non sono solo evocatrici di miti e leggende. Le splendide vedute del Monte Rosa che compongono questa mostra si prestano anche a un'interpretazione diversa. Dietro il mirino della macchina fotografica, infatti, si indovinano l'occhio e la sensibilità dell'alpinista e della guida alpina; i canoni estetici di chi è abituato a fare i conti con la montagna sul terreno della pratica, a misurare pendii e pareti con la fatica della progressione in cordata, a valutare la bellezza di una cresta, di un pilastro, di una seraccata con criteri tutt'altro che astratti. Per forza di cose, l'immaginario di chi frequenta la montagna è diverso da quello di chi non è mai entrato in intimità con l'alta quota. La forma di una cornice, gli accumuli di neve modellati dai capricci del vento, una cascata di seracchi o una placca di roccia assumono valenze diverse se si possiede la chiave d'accesso all'ambiente. Spellarsi le nocche sulle labbra di una fessura o penare lungo un ripido canale ghiacciato non è solo una sequenza di movimenti tecnici né, tanto meno, un esercizio sportivo. L'affaccio sul vuoto e l'incontro ravvicinato con la montagna sono un'esperienza da cui difficilmente si esce indenni. L'intimità con il mondo delle alte quote – e il Monte Rosa, in questo senso, è davvero l'Himalaya dell'arco alpino – lascia spesso il segno. Una scalata lassù regala momenti irripetibili e a volte costringe a modificare il proprio sguardo nei confronti del mondo. Frugando tra i ghiacci e ascoltando il respiro della montagna, si rischia di trovare se stessi. Esattamente come capitò duecentoventiquattro anni fa ai sette gressonari saliti nel cuore del Rosa alla ricerca della Valle Perduta, ignari che lo Shangri-La delle Alpi stava proprio sotto i loro piedi.
 

Roberto Mantovani
© giugno 2003 intraisass
© Davide Camisasca
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Nota Tecnica
Fotografie originariamente a colori, e con l'ausilio del computer tra-sformate in immagini in bianco nero. Tutte le fotografie sono state realizzate con pellicola invertibile a colori utilizzando fotocamere grande formato (6x12 e 6x17).
Successivamente, le diapositive sono state digitalizzate con uno scanner professionale in dimensioni adeguate alla stampa. Poi, con un programma di fotoritocco, sono state “interpretate” simulando la tradizionale stampa in bianco e nero (ingranditore, filtri, e carte), enfatizzando alcune aree con la mascheratura, saturando i cieli e contrastando le nuvole, come capita quando si utilizza il filtro arancione negli scatti con pellicola in B&W.
E' stato inoltre dosato il contrasto, come si fa quando si sceglie la gra-dazione di carta in stampa chimica. Infine, dopo la trasformazione in scala di grigio, è stata aggiunto co-me secondo colore, un inchiostro d'una tonalità calda.
La stampa finale è stata effettuata con un plotter fotografico Epson a sei colori, utilizzando una carta da 250 grammi.
Davide Camisasca

 


1. Castore Ovest


2. Lyskamm Orientale


3. Giordani


4. Colle Vincent


5. Balmenhorn

 

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