MANASLU metri 8163
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di Mario Corradini | |
Himalaya, Manaslu (8163 m): la storia di una montagna pericolosa attraverso gli occhi di un alpinista viaggiatore.
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Nepal - Manaslu – spedizione
autunno 1992
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Dal rapporto di Elizabeth Hawley, redatto a Kathmandu il 21 agosto 1992,
subito spicca che questo gigante di roccia e ghiaccio è stato salito da 97
alpinisti di 15 nazioni, ma anche che 40 persone sono decedute nel tentare
la scalata. Sempre dei polacchi è la prima ascensione invernale. Maciej Berbeka e Ryszard Gajewski compirono quest'impresa il 12 gennaio 1984 lungo la parete Sud. E sotto la direzione polacca, nei mesi di settembre-ottobre 1992 si è svolto l'ennesimo tentativo di salita.
Krzysztof Wielicki era il capo spedizione.
Lui, la vetta del Manaslu, l'ha già calcata il 20 ottobre 1984 assieme ad
Aleksander Lwow, aprendo una nuova via sulla parete Sud-Est (la prima dal
versante della Pungen Valley). Ma questa sua conquista non è la sola.
Infatti Krzysztof Wielicki è noto per essere uno degli autori della prima
salita invernale assoluta all'Everest (febbraio 1980), la prima invernale
assoluta al Kangchenjunga nel dicembre 1985 assieme a Kukuczka e
l'invernale al Lhotse nel dicembre 1988.
Il 13 settembre eravamo tutti riuniti al
campo base a 4200 metri, sopra il villaggio tibetano di Sama Gaon.
Purtroppo il monsone era ancora attivo e per molti giorni continuava a
piovere. Così il Manaslu lo si poteva ammirare solo per poche ore e non
tutti i giorni.
Eravamo in 12 alpinisti più l'ufficiale di
collegamento, il cuoco e Lacciu, il simpatico capo sherpa nepalese. Dalla
Polonia, oltre a Krzysztof Wielicki capo spedizione, c'èra il forte
Krzysztof Pankiewicz, il simpatico Marius Sprutta (che l'anno prima è
salito con Wielicki sull'Annapurna), la sua ragazza Silvia e la dolce
Barbara. Poi due bulgari: Iordanka Dimitrova e Borislav Dimitrov. Dal
Belgio, Sven Vermeiren, un forte e calmo ragazzo di 24 anni. Alla sera, e per poco tempo anche al mattino, si poteva ammirare il Manaslu che emerge con due bianche punte dalle brune gobbe erbose sopra il campo base, oppure rimanere incantati da come si tingevano al tramonto del sole le ghiacciate e verticali pareti del dirimpettaio Pang Phuchi. Il 15 settembre partì il primo gruppo formato dai polacchi e dai bulgari. Speravano di raggiungere il Campo 1 situato sulla Rock Tower a 5550 metri. Il percorso era molto lungo, perché dalla nostra posizione si doveva attraversare sotto tutta la parete Nord-Est e superare o aggirare i numerosi crepacci dell'ampio ghiacciaio, per collegarsi poi all'itinerario classico, sotto il Naike Col. Purtroppo, anche quel giorno il tempo si mise presto al brutto. Al campo base pioveva; sopra, dove erano i nostri compagni, nevicava. Hanno dovuto bivaccare in mezzo al ghiacciaio.
Il giorno seguente salirono Krzysztof,
Marco, Giorgio e Marius ed anche loro si trovarono a procedere sotto una
fitta nevicata, mentre al campo base già alle ore 10 del mattino pioveva
ed il vento scuoteva i teli delle tende. Il giorno 20 ammiravo dal primo campo uno spettacolare tramonto che indorava e poi arrossiva una grande schiera di vette himalayane. Sulla cresta del Manaslu, l'ultima luce rimarcava le lunghe fiumane di neve spazzata dal vento. Poi la notte che oscura ogni cosa, mentre nel cielo brillavano una miriade di stelle. Dopo aver piazzato e rifornito i campi alti (Campo
2 a metri 6600 sul Colle Nord e Campo 3 a metri 7250), il giorno 28
settembre, partendo di notte dal Campo 2, Krzysztof Wielicki, Marco
Bianchi e Christian Kuntner raggiunsero la vetta del Manaslu.
Con questa vittoria, Krzysztof Wielicki è
l'unica persona che è salita in vetta al Manaslu ben due volte. Per Marco
è stato il suo primo ottomila mentre per Christian il secondo, avendo
salito nel 1991 il Cho Oyu. Anche gli altri tentarono la vetta, spronati
dal successo dei compagni e dal tempo favorevole. Con la gioia d'aver conquistato la vetta e l'amarezza per la perdita di due compagni, si è conclusa la spedizione che ha modificato la classifica dei successi e delle vittime al Manaslu nel modo seguente : 100 scalatori in vetta (Krzysztof Wielicki per 2 volte) e 42 deceduti. La malia, il richiamo irresistibile che trasmettono questi monti, supera ed oscura ciò che queste cifre possono suggerire. Cosicché, pur ricordando la tragica fine dei compagni perduti, ritornerei prontamente in quei posti, rispondendo ad un indecifrabile e forte richiamo.
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Tressilla di Pinè, 1992-2003 © giugno 2003 intraisass |
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Mario Corradini
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N.d.a (*) Reinhold Messner descrive molto bene questa salita nel suo libro L'avventura alpinismo edito da Athesia BZ, nel 1981. |
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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALEMARIO CORRADINI, Spedizioni – appunti di viaggio dalle montagne nel mondo, Brescia 2001. JERZY KUKUCZKA, Al quattordicesimo cielo, Milano 1990. REINHOLD MESSNER, Sopravvissuto - I miei 14 ottomila, Novara 1987. REINHOLD MESSNER, L'avventura alpinismo, Bolzano 1981. ----------------------------------------------------------------------------------------------------
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