Le pietre sentono...

Una piccola fiaba di montagna

 

di Silvio Boldoni

 

 

- Sei solo un sasso! – diceva il fossile, perfettamente impresso nella roccia con tutte le sue ossicina e la sua forma serpeggiante. Vi si leggevano gli stampi antichi di costole e femori e bacini e vertebre e perfino di unghie e dentini aguzzi. Futuri studiosi avrebbero determinato le svariate evoluzioni della specie.

– Mi daranno chissà quale nome latino, mi studieranno. Sarò esposto in un museo e visitato da migliaia di persone! Scopriranno che sono l'anello mancante della crescita del mondo animale.
Perfino Piero Angela farà uno Speciale Quark dedicato tutto a me!!!
Tu, invece, stupido sasso, sei lì immobile come una pietra! Ché l'unica cosa diversa dal solito che potrà capitarti sarà qualche capra che ti farà la cacca sopra... -

Il sasso non rispondeva. Se ne stava lì immobile come una pietra, appunto.
Quanto alla cacca delle capre, la pioggia che in montagna scroscia improvvisa e abbondante, avrebbe provveduto.
E va detto che questa storia accadde in montagna: nei silenzi sconosciuti in cui le pietre si parlano tra loro. Solo il sasso taceva, paziente.
Era stufo dell'arroganza del fossile, della sua pretesa di avere un'anima animale, del fatto che lui, semplice minerale, non avrebbe destato alcuna curiosità o interesse umano. Ma aveva pazienza, la pazienza di una roccia, appunto.

Quel pomeriggio caldissimo di marzo, dopo un inverno di neve fin troppo abbondante, là su in alto si sentì un boato tremendo.
- Porcaloca, porcaloca, è la valanga! - disse il sasso. Si era assopito al caldo rovente del sole e, svegliato di colpo, cominciò a sentire il suono sempre più forte di milioni di altri sassi che rotolavano dall'alto.
- CRIBBIO! LA FRANA - gridò verso l'altro - FOSSILE... FOSSILE!!! -

Chiama, grida, urla, ma era tutto un rumore assurdo e un rimbalzare addosso di massi, rocce, pezzi di ghiaccio duri più delle pietre.
Strapparono il sasso dalla sua terra erbosa e lo trascinarono giù, sempre più giù nel canalone, fino a fermarsi nel torrente.

Nel torrente (con i pini sulle sponde, le trote che gli scodano addosso...) pensò al povero fossile rimasto lassù, incastonato nella roccia. Era uno stufone, sì , però con quella sua forma di lucertolaccia pietrificata in fin dei conti...
Pazienza. Del resto un sasso ha pazienza da vendere, per l'appunto.

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Passa il tempo. Molto tempo. L'acqua, col suo scorrere perpetuo, liscia tutti gli spigoli del sasso.
C'è un bimbo col suo papà.
Gli scarponi sulla riva del torrente, i calzettoni stesi ad asciugare.
Arrivano da una bella scarpinata là in alto, e cosa c'è di meglio, quando sei arrivato a valle, di pucciare i piedi nel torrente?

Prima di scappare coi piedi gelati dall'acqua freddissima, il bimbo vede al volo quel sasso bianco, quasi rotondo, lo piglia e corre dal papà, là dove ci sono gli scarponi. Si asciugano i piedi e il papà asciuga il sasso nel fazzoletto che usa per pulire gli occhiali.

- E' bellissimo! E' lisciato dal tempo... -

Il bimbo sfrega il sasso su una guancia: è liscio, sì, come il velluto...
Il sasso, nella guancia del bimbo, sente un antico tepore di sole, una morbida culla di terra erbosa, un profumo di stella alpina, nigritella, e genziana che
spuntavano vicino a lui.

 

Giugno 2001

Silvio Boldoni

 

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