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Mercoledì 4 Febbraio 2004
Tradito da una lastra di ghiaccio
Sole e aria calda possono aver provocato un cedimento repentino

Soave. Non sono bastate esperienza e attrezzatura completa e moderna di cui disponevano i due alpinisti Francesco Masnovo e Guido Mastrostefano per salvarli dal tremendo volo sulla parete lucida della cascata di ghiaccio della Giazzusa in Valfontana, nei presi di Ponte in Valtellina (Sondrio). Resta al momento senza spiegazione certa la dinamica dell’incidente. Il fascicolo aperto sul tavolo del magistrato Stefano Latorre non riporta ancora nessuna novità e pare consolidarsi l’ipotesi del distacco di una lastra di ghiaccio dalla cascata su cui sarebbero dovuti essere assicurati i due amici veronesi che procedevano legati in progressione. L’ipotesi è stata avanzata per primo da Valerio Reboi, tecnico dell’elisoccorso che accanto ai corpi senza vita dei due alpinisti ha potuto vedere anche i resti dell’attrezzatura di cui disponevano. Le piccozze sono rimaste piantate nel ghiaccio, mentre i corpi scivolavano in basso per decine di metri: questo confermerebbe l’ipotesi di un cedimento del ghiaccio nel punto dov’erano ancorati invece i chiodi (lunghe viti cave, in realtà) regolarmente piantati per ancorare la corda che avrebbe dovuto arrestare la caduta.
L’innalzamento della temperatura nel pomeriggio di sabato, quando è avvenuta la disgrazia, potrebbe essere una spiegazione dell’incidente. Il cambiamento deve essere stato abbastanza brusco e non ha dato probabilmente il tempo ai due alpinisti di rendersi conto che stavano affrontando una parete in condizioni climatiche diverse da quelle presenti quand’erano partiti. Al momento dell’incidente la cascata di ghiaccio era già stata colpita dai raggi del sole, che combinandosi con la corrente d’aria calda di quel pomeriggio, hanno preso il posto del gelo e reso infido il ghiaccio su cui Francesco e Guido stavano salendo.
Gli amici alpinisti, pur a conoscenza di questi rischi, sono cauti: «Solo chi è intervenuto con la squadra di soccorso potrebbe ricostruire con sufficiente precisione la dinamica dell’incidente, in base alla disposizione degli attrezzi e alle tracce lasciate e darci delle risposte», dice Franco Castagna, accademico del Cai e che in passato ha arrampicato con Francesco. (v.z.)


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