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Domenica 1 Febbraio 2004
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La testimonianza del
sopravvissuto Moreno Camposilvan, 28 anni
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«Eravamo quasi arrivati in
vetta Sono vivo solo per un miracolo»
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di Marco Scorzato
«Un miracolo. Sono vivo per miracolo». Moreno
Camposilvan è sdraiato su un letto d'ospedale: è ancora in stato
confusionale e ha gli occhi lucidi, orientati verso un punto
indefinito del soffitto. Ma, tutto sommato, sta bene e parla.
Racconta la terribile tragedia che si è portata via il suo amico
Thomas Peghin, compagno di tante escursioni, e che gli ha
incredibilmente risparmiato un analogo destino. Camposilvan, che
ha ventotto anni e vive a Recoaro, adesso è ricoverato nel reparto
di ortopedia dell'ospedale San Lorenzo di Valdagno. Nella disgrazia,
se l’è cavata bene: politraumi che rendono un po’ difficile la
respirazione e per il momento è costretto a stare sdraiato a letto.
«Ma spero di guarire in fretta», si ripete per convincersi. Ha
subito anche un forte trauma cranico. «Per fortuna indossavo il
casco - racconta Camposilvan -. Ad un certo punto, mentre cadevo, ho
sentito un forte colpo in testa. Forse è stato in quel momento che
mi sono tagliato all'altezza dell'orecchio. Forse, se non avessi
avuto il caschetto non sarei qui». Anche Thomas indossava il
casco, «come faceva sempre, del resto - sottolinea Camposilvan - ma
io adesso sono ancora vivo. È un miracolo. Ho ancora davanti a me
l'immagine del mio amico morto. È una sensazione terribile». E da
quel letto prova a ricostruire quegli attimi terribili.
«Mancavano trenta metri alla vetta quando all'improvviso si è
mossa la neve sotto i nostri piedi. È stata una frazione di secondo:
io e Thomas abbiamo avuto appena il tempo di gridare, quasi
contemporaneamente: "Valanga". Poi abbiamo iniziato a rotolare giù,
insieme alla neve. Circa seicento metri di caduta. Non so quanto
tempo è passato prima che ci fermassimo, forse 5 minuti». Il suo
racconto si interrompe un attimo. Il tempo di rigettare lo sguardo
nel vuoto e cercare le parole per esprimere la tragedia. «Mentre
rotoli giù non hai il tempo né la capacità di pensare a tante cose.
L'unica mia preoccupazione era di tenere la testa alta, fuori dalla
neve. Ogni tanto finivo sotto, ma l'importante era non tenere la
bocca aperta per non ingoiare neve e rimanere soffocato. Ci siamo
fermati quando il pendio si è fatto meno scosceso. Io mi sono
fermato per primo, perché al momento della valanga ero più a valle
di Thomas. Qualche secondo dopo la fine del mio volo ho intravisto
arrestarsi anche il mio amico. Ma ero frastornato e per alcuni
minuti non riuscivo a reagire. Poi ho chiamato il suo nome, senza
avere risposta. Ho infine trovato la forza di alzarmi e di andare da
lui, ma mi sono subito accorto che non respirava. Allora ho chiamato
il 118 e dopo 10 minuti un elicottero era già lì a prenderci».
Moreno Camposilvan è nato a Valdagno, ma da parecchi anni vive a
Recoaro, dove aveva conosciuto Thomas. Legati dalla passione per la
montagna, da più di otto anni erano soliti partire insieme per
salire quei pendii che fanno da cornice alla loro città. I loro
scarponi conoscevano bene le insidie di quei monti, d'estate come
d'inverno. Anche ieri mattina erano partiti con lo spirito di
sempre: prudenza e rispetto per la montagna. «Siamo partiti con la
mia auto alle cinque e mezza - racconta Moreno -. Alle sei eravamo
già alla Gazza, pronti a metterci in cammino lungo quel canale che
né io né Thomas avevamo mai percorso in precedenza. Il vajo Battisti
è piuttosto ripido, ma di media difficoltà: ne avevamo fatti
certamente di più impegnativi. Eravamo saliti con calma, scattando
anche qualche foto, la nostra seconda passione dopo la montagna.
Vedevamo a pochi metri la vetta, quando la valanga ci ha portati
giù». Moreno Camposilvan non sa spiegarsi la disgrazia: «Come
sempre eravamo ben equipaggiati: ramponi, piccozza, occhiali da
neve, casco, giacca a vento e tè caldo nello zaino. Anche stavolta
la nostra esperienza ci diceva che le condizioni climatiche erano
buone. Faceva freddo, chi avrebbe immaginato che la neve ci sarebbe
partiva da sotto i piedi?». Adesso, in ospedale, vicino a Moreno
ci sono i genitori. «Sono qui con me, a darmi forza. Mia sorella
invece non l'ho ancora vista, non so se sappia già dell'accaduto».
La famiglia Camposilvan intera sta vivendo momenti di
apprensione, come già tre anni fa era successo: durante
un'escursione estiva, Moreno si ruppe una gamba, colpito da un masso
staccatosi dalla parete. «Già quella volta mi vennero a prendere con
l'elicottero e mia mamma mi disse di non andare più in montagna. Ma
la passione mi ha riportato su quelle vette ancora tante altre
volte. Fino ad oggi. Adesso però, credo che la passione non basterà
a farmi rimettere gli scarponi».
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