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 Comunicati culturali 

27 GENNAIO 2004
Società degli Alpinisti Tridentini
Collegio delle Guide Alpine Sez. CAI del Trentino

 


Trento, 23 gennaio 2004
Contro la criminalizzazione
dello scialpinismo

La SAT e il Collegio delle Guide Alpine del Trentino hanno seguito finora con attenzione lo straripare di notizie che i mass-media hanno fornito sull’argomento delle attività sulla neve e dei rischi ad esse connessi; a ciò aggiungiamo la lettura d’alcune discutibili ordinanze in cui si “proibisce lo scialpinismo e lo sci fuoripista su tutto il territorio comunale”.
Anzitutto respingono con forza la gratuita ed assolutamente ingiustificata criminalizzazione dello scialpinismo, praticato da moltissimi satini, da innumerevoli soci del CAI o equivalenti Club di tutto il mondo, un certo numero accompagnati dalle Guide.
Il percorrere la montagna nella sua veste invernale con gli sci e pelli di foca è nato agli inizi del 20° secolo anzitutto per la necessità di muoversi delle genti dell’alpe fra un maso e l’altro per i più elementari problemi di sopravvivenza; tant’è vero che una legge di Francesco Giuseppe, forse tuttora valida nel TAA, consentiva l’attraversamento di fondi privati purché effettuati con gli sci ai piedi allo scopo evidente di facilitare gli spostamenti dei singoli quando il manto nevoso cancellava strade e sentieri. Poi, con la realizzazione dei collegamenti stradali e l’avvento della motorizzazione, il muoversi con gli sci si trasformò in un’attività alpinistica per conquistare le vette innevate e godere d’inebrianti discese nella neve fresca. Così nacque lo scialpinismo, dapprima fra una ristretta elite, poi sempre più diffuso fra i frequentatori della montagna.
Solo successivamente furono realizzati impianti di risalita e piste per far gioire dell’ebbrezza bianca quante più persone possibile con un ritorno economico che ha portato al Trentino molto benessere.
Per quale motivo ora lo scialpinismo è improvvisamente additato come un’azione criminale e di conseguenza lo scialpinista come un potenziale delinquente? Non esiste alcuna spiegazione all’accanimento dei mass-media e dei sindaci (pochi per la verità) contro questa disciplina che comporta rischi sicuramente inferiori, sia in valore relativo sia assoluto, rispetto ad una marea d’attività umane che nessuno si sogna di proibire, regolamentare o limitare.
Va anche annotato che l’opera di prevenzione effettuata dalla SAT, come da tutte le associazioni alpinistiche del mondo in sintonia e collaborazione con i professionisti della montagna, attraverso scuole e corsi, serate informative, giornate d’addestramento, organizzazione delle gite, fornitura d’apparecchiature specifiche, diffusione della cultura della sicurezza ecc. è capillare e continua; soprattutto è ascoltata e recepita dalla stragrande maggioranza degli interessati senza alcun bisogno di leggi che lo impongano.
L’aumento dei frequentatori pone problemi di un’ancor più ampia diffusione di conoscenze ed esperienze, di cui la SAT si è fatta da tempo carico, mettendo a disposizione delle Sezioni l’esperienza dei propri istruttori attraverso la propria Commissione Scuole e Prevenzione.
Lo testimoniano gli ascolti dei bollettini valanghe e meteo, preziosissimi informatori non solo dello scialpinista, la consultazione di guide e cartine dedicate, l’adozione d’abbigliamenti ed attrezzature consoni allo stato dell’arte; il dato più importante sta nella diminuzione degli incidenti nonostante il continuo aumento delle presenze sulla montagna invernale non organizzata.
Ci troviamo di fronte ad un aumento della frequentazione invernale della montagna, non solo attraverso lo scialpinismo o lo sci fondo escursionistico ma anche con attrezzature quali le racchette da neve o, più semplicemente, a piedi.
Tale fenomeno, che va anche letto come un segnale di rifiuto alla monotonia dei caroselli sciistici e nuova forma di turismo invernale, non può essere affrontato a colpi di decreto ma colto nel suo valore.
Si sa che il rischio “zero” non esiste per nessuna attività umana, compresa quella di non far niente! Ciascuno ha diritto a fare le proprie scelte di rischio e condividerle con i compagni d’escursione, tanto più quando, lontani dai territori antropizzati, non si pone in ogni caso a repentaglio l’incolumità di alcuno che a tali scelte non ha partecipato.

Walter Vidi - Presidente Collegio Guide Alpine
Franco Giacomoni
- Presidente SAT

 

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