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 la recensione cinematografica di intra i sass 

Titolo: I cavalieri delle vertigini
Autori: Gianluigi Quarti, Fulvio Mariani, Giovanni Cenacchi

Produzione: TSI – Televisione svizzera, Lugano, 1999
Distribuzione: Vivalda Editori, Torino 2000
Collana: “I capolavori del Cinema di Montagna”
Durata: 47 min. – colore
Prezzo: € 18,02

 

I cavalieri delle vertigini recensione di Mauro Mazzetti


“Le donne i cavalier, l'armi l'amore”
(Ludovico Ariosto)

C'è veramente di tutto, in questo scoppiettante video che narra di sgarbi e di ripicche, di intrighi e di scontri, di amicizie e di guerre (alpinistiche).
L'occasione è ghiotta: le Tre cime di Lavaredo invogliano e solleticano, alla fine degli anni '50, i grandi alpinisti affermati ed i giovani virgulti locali. Aggiudicarsi una ‘prima’ importante sugli strapiombi della Cima Ovest costituisce infatti un ghiotto obiettivo per tanti alpinisti europei, italiani e non.

Tra gli italiani la fanno da padroni gli “Scoiattoli” di Cortina, ossia i locals, come diremmo oggi con termine arrampicatorio; tra gli stranieri i più accreditati sono due giovani e forti svizzeri, Weber e Schelbert, che gironzolano sotto la parete con fare sornione.
Per interpretare meglio lo spirito di questo frammento di storia alpinistica, i registi del video intervistano alcuni protagonisti quarant'anni dopo la prima ascensione: ebbene, anche se è passato tanto tempo dagli avvenimenti narrati, emerge molto chiaramente come la forte rivalità tra i due gruppi non sia scemata, ma anzi rimanga ben viva nei ricordi.
Le testimonianze sono precise ed accurate, seppur ovviamente ciascuno tiri l'acqua al suo mulino. Così gli svizzeri dicono che gli italiani sono stati scorretti, impedendo loro fisicamente l'ascensione (ossia facendo bivaccare sulle staffe uno “Scoiattolo” a dieci metri sopra l'attacco per bloccare gli altri tentativi). I cortinesi rispondono che gli svizzeri hanno giocato sporco, utilizzando con arti subdole una ‘quinta colonna’ (ossia una ragazzotta un po' invaghita di uno di loro), che li ha informati dell'attività degli “Scoiattoli”.

Tra colpi di scena, trame e spiate, il racconto si snoda godibile e divertente. Sembra quasi che i registi abbiano volutamente creato una sceneggiatura romanzata, forzando caratteri e tipologie di personaggi veritieri, che in effetti sono veri e non simulacri di realtà.
E allora abbiamo da una parte gli studenti svizzeri, fascinosi, interessanti, con lo sguardo tenebroso da ‘sciupafemmine’ e tutti per benino, che possono permettersi di interrompere la preparazione degli esami universitari per correre all'arrembaggio della Cima Ovest; e poi abbiamo dall'altra parte i rudi montanari part time di Cortina, impegnati come fabbri e muratori per sei giorni alla settimana, liberi solo dal sabato pomeriggio dopo una settimana di duro lavoro fisico, temprati, quadrati e tagliati con l'accetta.

Gli svizzeri si mostrano aristocratici, con un apparente distacco dalle umane cose, animati e sostenuti da un peraltro apparente fair play di marca anglosassone (ma non è affatto vero: come gli rode di aver perso la prima!); i cortinesi sono caciaroni e maneschi, popolani e popolari, con l'arguzia semplice ma efficace dei contadini (e a distanza di tanto tempo non hanno perso la voglia di gustarsi e rigustarsi la vittoria ottenuta). Gli svizzeri si chiamano Hugo e Hans, bei nomi importanti ed altisonanti, degni di una schiatta nobile e guerresca. Gli italiani rispondono con Candido e “Mescolin”, quasi a ridicolizzare tanto inutile spiegamento di muscoli fatti guizzare per spaventare il ‘nemico’.

Sia ben chiara una cosa: non si vuole dare nessuna interpretazione pseudo storico-sociologica, né ridurre gli sforzi e l'impegno delle cosiddette parti avverse, sminuendone l'importanza e l'intensità. Al contrario, solo una corretta collocazione sincronica della vicenda, ossia circoscritta nel tempo e negli avvenimenti, può rendere giustizia alla rilevanza dell'impresa, alimentata e sorretta da uno spirito di vitalità, di intraprendenza e di coraggio, elementi tutti che si ritrovano sia negli svizzeri, sia negli italiani.

Il film deve quindi essere valutato (e goduto) per quello che è: la storia di una prima ascensione che è stata seguita con grande partecipazione ed attenzione sia dagli ‘addetti ai lavori’, sia anche da mezzi di informazione che, allora, si occupavano con interesse e competenza di obiettivi importanti e di problemi alpinistici di prim'ordine.
 

Mauro Mazzetti
Genova, febbraio 2003


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