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  Domenica 30 Novembre 2003
LIBRI/1. I documenti del Comandante "Paolo" recuperati da Bepi Magrin
Grande alpinista, partigiano indomabile Quando Soldà voleva uccidere il Duce
Aveva la stima dei gerarchi, non gli riuscì l’impresa e lottò nel battaglione Valdagno

di Claudio Tessarolo


Voleva uccidere il Duce. Gino Soldà era uomo che sapeva ben coniugare le idee con l’azione. Ci aveva riflettuto a lungo: eliminando Mussolini avrebbe posto fine all’agonia di un regime che aveva portato l’Italia alla rovina. Le sue imprese alpinistiche, esaltate dai fascisti prima e durante la guerra, gli consentivano una certa libertà di movimento e una buona entratura fra i gerarchi della Repubblica di Salò. Avrebbe potuto così avvicinare il duce, che conosceva personalmente, senza destare sospetti e mettere in atto il proprio progetto.
Era stato addirittura invitato sul Garda alla presentazione di un’auto speciale, che i fascisti consideravano una vera e propria arma segreta. A comando si aprivano delle feritorie nella carrozzeria dalla quali spuntavano potenti mitragliatrici. Un mezzo ideale per combattere i partigiani, sempre più audaci nell’assalire i convogli militari. Si racconta che Gino, rivolgendosi ai presenti, replicasse scherzosamente al gerarca che aveva sostenuto la possibilità di un tale impiego del nuovo mezzo: "Ma va là...che voi i partigiani non li prendete neanche quando li avete sotto il naso...!".
Sfrontato e temerario: perchè lui, il grande alpinista che con le sue ascensionie le sue imprese sportive, sci ai piedi, aveva fatto inorgoglire l’Italia, in realtà era un membro della resistenza, e non un partigiano qualsiasi, ma un capo, il " comandante Paolo" del battaglione autonomo Valdagno. Alla fine il proposito di assassinare Mussolini non andò in porto: forse il comandante Paolo avrà ritenuto che i tempi non erano maturi, soprattutto per la massiccia presenza in tutto il Norditalia di truppe tedesche. Chissà. Il proposito però ci fu eccome, fu lo stesso Soldà a confidarlo ai suoi compagni.
È questo uno dei tanti episodi e aneddoti raccolti in un agile volumetto da qualche giorno nelle librerie che consente di tracciare un profilo fino ad ora sostanzialmente inedito del grande alpinista valdagnese e di ridisegnare, alla luce di nuovi e mai pubblicati documenti, una pagina non secondaria della resistenza vicentina con particolare riferimento a vicende sviluppatesi dal ’44 fino al termine del secondo conflitto mondiale, nella valle dell’Agno.
Il merito di questo recupero va dato a Bepi Magrin, alpinista e storico della Grande guerra,, scrittore e ricercatore di innegabile fiuto che ha dato alle stampe l’interessante libro sul "Comandante Paolo".
Magrin ha saputo trovare, dimenticate nei polverosi archivi militari romani, le carte originali relative alla costituzione e all’attività del battaglione autonomo Valdagno, fortemente voluto da Torquato Fraccon , funzionario di banca di estrazione cattolica, esponente di spicco della Dc di Vicenza, per un lungo periodo presidente del Cln provinciale, che trovò la morte con la famiglia nel campo di concentramento di Mauthausen.
Il libro di Magrin ripercorre tutte passo passo le vicende del battaglione autonomo Valdagno, resosi protagonista in collegamento con i comandi clandestini del capoluogo, di numerose azioni di guerriglia e di sostegno dei numerosi ricercati dai nazifascisti. Soldà, uomo libero e indipendente, sostenuto da profondi ideali, mise al servizio della causa tutto il suo coraggio e la sua perizia in montagna, rischiando in più di una occasione la vita accompagnando in Svizzera attraverso percorsi impervi e solo a lui conosciuti, ebrei, aviatori inglesi, disertori e uomini della intelligence alleata che avevano compiti di collegamento con le unità partigiane.
Ricco di documenti e testimonianze inedite, il libro sul "Comandante Paolo" ripropone, oltre al puntuale resoconto di Soldà sulla attività svolta dal battaglione autonomo Valdagno, anche le schede compilare dallo stesso Soldà su ogni singolo partigiano facente parte del gruppo.
Nomi di noti professionisti come il medico Gino Massignan o l’avvocato Pietro Daffan, insegnanti, impiegati, industriali come i fratelli Adone e Mario Maltauro o semplici operai, preti come don Giovanni Dall’Armellina, condannato ripetutamente a morte dai nazifascisti, studenti e casalinghe utilizzate nel ruolo di steffette, come Lena Trevisan, moglie di Soldà.
L’avvincente racconto scritto dallo stesso Soldà sulla sua avventurosa fuga in Svizzera, sottraendosi all’arresto sia da parte dei fascisti che dei tedeschi, è un capitolo del libro che mette bene in evidenza il carattere, la personalità, il coraggio di un uomo che in un momento storico tragico e confuso ha saputo mettersi in gioco e scegliere senza esitazioni la difficile strada verso la libertà. La più impegnativa e rischiosa ma anche la più diretta, come le vie che aveva tracciato sulle più ardue pareti dolomitiche.

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