Gamboa
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di Mauro Florit | |
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Tutto era pronto, organizzato, Mario sarebbe
partito prima, in due mesi aveva tutto il tempo di organizzare la nostra
piccola spedizione in Brasile. Lui c'era già stato più volte,
conosceva il posto, e mi aveva fatto sognare pareti inviolate di granito
che spuntavano come per incanto dalla vegetazione. Città di Salvador-Bahia Ciao Mauro, non ti ho ancora scritto una riga, dopo il messaggio che ti ho lasciato in segreteria telefonica. Sì, all'ultimo momento, mezz'ora prima di partire da casa, ho svuotato lo zaino dai chiodi che avevo appena comperato, dalle corde, dai nut e friend, adesso nell'armadio in garage c'è un mazzo di chiodi luccicanti come non avevo mai posseduto. E' rimasto per caso solo il martello, che ho già regalato a un tipo di San Paolo che ha una palestra artificiale di arrampicata. Mi hanno portato ad arrampicare due giorni nella regione. Era un posto bello, pieno di verde, di una tranquillità diametralmente opposta alla dimensione allucinante della città di San Paolo, il cui inizio è sconosciuto, in quanto di giorno in giorno si espande, e a parere di un tassista il suo diametro è di circa quaranta chilometri. Avevo con me le scarpette, vecchie, e l'imbrago leggero, sempre quello. Poi sono partito. Lasciando lì anche l'imbrago e le scarpette, non voglio nemmeno pensare alle scalate perché vedi, appena tocco la pietra, mi vengono in mente le forme curiose delle Carniche, delle Giulie, delle Dolomiti. Mi viene dentro il sapore delle nebbie che scorrono verso l'alto delimitando lo spazio e rendono l'abisso ancora più inquietante e magnifico. Il profumo delle nebbie fredde ed inquietanti che si portano appresso il timore del tuono. Così, adesso sono a Salvador, dove la
popolazione è quasi totalmente negra. Sto facendo molte foto. Ho
conosciuto una comunità di pescatori che vive vicino al centro della
città, in una località che si chiama Gamboa e che comprende anche un
forte costruito nel 1810 circa ed ora diroccato; ci sono vecchie case
coloniali in riva al mare, sul costone che sale ci sono altre casette, e
baracche di gente umile che vive in maggioranza di pesca. E' una
comunità secolare, dall'epoca del forte. Ho conosciuto una vecchia che
ha 97 anni. Passa il giorno affacciata alla finestra, guardando il mare,
i bambini che giocano con le onde, i pescatori che lavorano. Il suo viso
ricorda le rocce scure e screpolate che affrontano i marosi, e i suoi
occhi chiari - molti negri qui hanno gli occhi chiari - hanno la stessa
vastità dell'orizzonte. Suo padre era pescatore, e i suoi figli, e i
suoi nipoti e forse i bisnipoti che giocano argentini con le onde non lo
saranno più, perché il governo e gli speculatori hanno riscoperto
questo piccolo mondo dimenticato a quattro passi dal centro storico,
dove ancora si può trovare quella poesia del mare descritta da Jorge
Amado nel suo libro ‘Mar Morto’, e stanno cercando di
cacciare la gente chiamandoli dei favelados invasori e occupatori
abusivi ecc., per farci un nuovo centro turistico, ristrutturando le
vecchie case che ora sono dei pescatori. Mettendo negozi e ristoranti
dove ora ci sono solo case di mattoni scoperti e baracche, finalmente
incanalando le fogne che la città scarica tra le case, incurante della
gente di Gamboa. Mauro, non essere arrabbiato con me.
Ti auguro buone scalate e con i chiodi che sono in garage apriremo una
via in montagna, bella, difficile, senza spit e la chiameremo Gamboa, e
quando ci chiederanno: Ciao MARIO P.S. I chiodi sono in un vecchio armadio nel garage a casa di mia madre. E' un grosso mazzo legato con un cordino. Valli a prendere, cerca e apri tu la via di cui sopra. Poi mi ci porterai. Cerca, usali tutti, aprine più d'una, ma Gamboa deve avere le caratteristiche di cui sopra. Sarà qualcosa che sentirai nelle mani e nel corpo in quell'intervallo di contemplazione che segue alla salita e precede la discesa. Vai a prendere i chiodi. Sono un regalo. Ciao! ALPI CARNICHE ANTICIMA EST parete SUD VIA “GAMBOA” FLORIT
Mauro C.A.A.I.
con: Bella via che sale in successione i due pilastri posti all'estrema
destra della parete. Rispettivamente
il primo a sinistra della “gola di destra”
ove sale la via Castiglioni - Soravito ’37
ed il secondo più a destra. Dalla cima del pilastro su facili
rocce rotte si raggiunge obliquando verso sinistra la via normale di
discesa. Il quarto tiro era già stato salito lungo un itinerario
proveniente dalla sinistra. ACCESSO: in due ore circa dal Passo di Monte Croce Carnico (1360 m). L'attacco si trova in comune con la via Castiglioni - Soravito ’37 nel catino roccioso sottostante la gola.
RELAZIONE: 1° TIRO: dal catino alzarsi in artificiale (A0) su friend grandi e due chiodi raggiungendo un diedro fessurato strapiombante alla cui sommità sostare. 50 m, sosta su 2 chiodi, A0, 7°- (4 chiodi) 2° TIRO: in obliquo verso sinistra attraversare fino allo spigolo e seguirlo fino alla base del pilastro. 50 m, sosta su clessidra, 5°+ (3 chiodi) 3° TIRO: diritti sul diedro aperto, uscire a destra sotto uno strapiombetto e proseguire lungo la fessura fino a raggiungere un pulpito. 35 m, sosta su 2 chiodi, 6°+ (2 chiodi) 4° TIRO: proseguire direttamente nel canale arrampicando sul suo lato destro fino a raggiungere la cima del primo pilastro. 50 m, sosta su 1 chiodo, 6° poi 4° (2 chiodi) 5° TIRO: un facile diedro permette di raggiungere la “gola di destra” mirando poi alla base del secondo pilastro. 55 m, sosta su 2 chiodi (1 tolto), 3° 6° TIRO: alzarsi direttamente dalla sosta per tre metri poi a sinistra altri due ad un chiodo da cui con splendida arrampicata raggiungere uno strapiombetto fessurato. Superatolo ancora diritti lungo fessure alla sosta sul canale al termine delle difficoltà. 50 m, sosta su clessidra ed 1 chiodo, 7°+ (5 chiodi) 7° TIRO: proseguire per il canale fino alla cresta. 30 m, sosta su clessidra, 3°+ 8° TIRO: per salti di roccia compatta direttamente allo spigolo del pilastro. 50 m, sosta su 2 chiodi (tolti), 5°+ 9° TIRO: gli ultimi facili metri a destra della cresta portano alla fine delle difficoltà. 30 m, sosta su friends, 3° Facilmente per rocce rotte obliquare a sinistra fino a raggiungere gli “ometti” che portano, come per tutte le altre vie della Creta, al sentiero della via normale di discesa. 200 m di dislivello, primo grado.
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Gennaio 1998 | |
Mauro Florit
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