Gamboa

 

di Mauro Florit

 

 

Tutto era pronto, organizzato, Mario sarebbe partito prima, in due mesi aveva tutto il tempo di organizzare la nostra piccola spedizione in Brasile. Lui c'era già stato più volte, conosceva il posto, e mi aveva fatto sognare pareti inviolate di granito che spuntavano come per incanto dalla vegetazione.
Venerdì sera, ci incontriamo per gli ultimi accordi, poi vado a prender un po' di pioggia sulle ‘mie amate’ Carniche. Il suo volo per San Paolo è per la mattina del giorno seguente.
Domenica sera rincaso tardi, la segreteria telefonica lampeggia:
“Sono Mario. Sono partito. Ho svuotato lo zaino di tutto il materiale d'arrampicata. Scusa.”
Dopo un mese ricevo una lettera:

 Città di Salvador-Bahia

Ciao Mauro,

non ti ho ancora scritto una riga, dopo il messaggio che ti ho lasciato in segreteria telefonica. Sì, all'ultimo momento, mezz'ora prima di partire da casa, ho svuotato lo zaino dai chiodi che avevo appena comperato, dalle corde, dai nut e friend, adesso nell'armadio in garage c'è un mazzo di chiodi luccicanti come non avevo mai posseduto. E' rimasto per caso solo il martello, che ho già regalato a un tipo di San Paolo che ha una palestra artificiale di arrampicata. Mi hanno portato ad arrampicare due giorni nella regione. Era un posto bello, pieno di verde, di una tranquillità diametralmente opposta alla dimensione allucinante della città di San Paolo, il cui inizio è sconosciuto, in quanto di giorno in giorno si espande, e a parere di un tassista il suo diametro è di circa quaranta chilometri. Avevo con me le scarpette, vecchie, e l'imbrago leggero, sempre quello. Poi sono partito. Lasciando lì anche l'imbrago e le scarpette, non voglio nemmeno pensare alle scalate perché vedi, appena tocco la pietra, mi vengono in mente le forme curiose delle Carniche, delle Giulie, delle Dolomiti. Mi viene dentro il sapore delle nebbie che scorrono verso l'alto delimitando lo spazio e rendono l'abisso ancora più inquietante e magnifico. Il profumo delle nebbie fredde ed inquietanti che si portano appresso il timore del tuono.

Così, adesso sono a Salvador, dove la popolazione è quasi totalmente negra. Sto facendo molte foto. Ho conosciuto una comunità di pescatori che vive vicino al centro della città, in una località che si chiama Gamboa e che comprende anche un forte costruito nel 1810 circa ed ora diroccato; ci sono vecchie case coloniali in riva al mare, sul costone che sale ci sono altre casette, e baracche di gente umile che vive in maggioranza di pesca. E' una comunità secolare, dall'epoca del forte. Ho conosciuto una vecchia che ha 97 anni. Passa il giorno affacciata alla finestra, guardando il mare, i bambini che giocano con le onde, i pescatori che lavorano. Il suo viso ricorda le rocce scure e screpolate che affrontano i marosi, e i suoi occhi chiari - molti negri qui hanno gli occhi chiari - hanno la stessa vastità dell'orizzonte. Suo padre era pescatore, e i suoi figli, e i suoi nipoti e forse i bisnipoti che giocano argentini con le onde non lo saranno più, perché il governo e gli speculatori hanno riscoperto questo piccolo mondo dimenticato a quattro passi dal centro storico, dove ancora si può trovare quella poesia del mare descritta da Jorge Amado nel suo libro ‘Mar Morto’, e stanno cercando di cacciare la gente chiamandoli dei favelados invasori e occupatori abusivi ecc., per farci un nuovo centro turistico, ristrutturando le vecchie case che ora sono dei pescatori. Mettendo negozi e ristoranti dove ora ci sono solo case di mattoni scoperti e baracche, finalmente incanalando le fogne che la città scarica tra le case, incurante della gente di Gamboa.
Gamboa resiste; vogliono trasferirli a un'ora e mezza dal mare, dando ad ogni famiglia venti metri quadrati di casa, togliendo le onde ai bambini, e tutto questo per l'inconsapevole e beato trastullarsi dei turisti, e le tasche di qualcuno. E' triste fotografare un mondo che forse sta per scomparire, ed è prezioso come lo sguardo di uno stambecco incontrato per caso tra le rocce e la neve e il cielo grigio viola d'una sera d'ottobre tra i Jof.

Mauro, non essere arrabbiato con me. Ti auguro buone scalate e con i chiodi che sono in garage apriremo una via in montagna, bella, difficile, senza spit e la chiameremo Gamboa, e quando ci chiederanno:
“Perché Gamboa?”
Risponderemo: “Perché Gamboa è il mondo che scompare, l'umanità meravigliosa”.

 

                                                                                   Ciao MARIO

 

P.S. I chiodi sono in un vecchio armadio nel garage a casa di mia madre. E' un grosso mazzo legato con un cordino. Valli a prendere, cerca e apri tu la via di cui sopra. Poi mi ci porterai. Cerca, usali tutti, aprine più d'una, ma Gamboa deve avere le caratteristiche di cui sopra. Sarà qualcosa che sentirai nelle mani e nel corpo in quell'intervallo di contemplazione che segue alla salita e precede la discesa.

Vai a prendere i chiodi. Sono un regalo. Ciao!

 

 

ALPI CARNICHE
GRUPPO COGLIANS - CJANEVATE
CRETA DA CJANEVATE

ANTICIMA EST

parete SUD

VIA “GAMBOA

 

FLORIT Mauro C.A.A.I.  con:
ORTOLANI Barbara, CORTESE Paola, CAROLI Andrea
il 12/10/96,18/05/97, 05/09/97
dislivello: 400 m + 200 m fino all’Anticima Est
difficoltà: 5°+, 6°, 7°+
usati 15 chiodi di protezione (lasciati 14) + 2 chiodi di progressione (lasciati) + 10 chiodi di sosta (lasciati 7).

Bella via che sale in successione i due pilastri posti all'estrema destra della parete. Rispettivamente il primo a sinistra della “gola di destra”  ove sale la via Castiglioni - Soravito ’37  ed il secondo più a destra. Dalla cima del pilastro su facili rocce rotte si raggiunge obliquando verso sinistra la via normale di discesa. Il quarto tiro era già stato salito lungo un itinerario proveniente dalla sinistra.
Per una ripetizione sono utili alcuni chiodi, nut e friend anche grandi.

ACCESSO: in due ore circa dal Passo di Monte Croce Carnico (1360 m). L'attacco si trova in comune con la via Castiglioni - Soravito ’37 nel catino roccioso sottostante la gola.

 

RELAZIONE:

1° TIRO: dal catino alzarsi in artificiale (A0) su friend grandi e due chiodi raggiungendo un diedro fessurato strapiombante alla cui sommità sostare.

                50 m, sosta su 2 chiodi, A0, 7°-   (4 chiodi)

2° TIRO: in obliquo verso sinistra attraversare fino allo spigolo e seguirlo fino alla base del pilastro.

                50 m, sosta su clessidra, 5°+   (3 chiodi)

TIRO: diritti sul diedro aperto, uscire a destra sotto uno strapiombetto e proseguire lungo la fessura fino a raggiungere un pulpito.

                35 m, sosta su 2 chiodi, 6°+   (2 chiodi)

4° TIRO: proseguire direttamente nel canale arrampicando sul suo lato destro fino a raggiungere la cima del primo pilastro.

                50 m, sosta su 1 chiodo, 6° poi 4°   (2 chiodi)

TIRO: un facile diedro permette di raggiungere la “gola di destra” mirando poi alla base del secondo pilastro.

                55 m, sosta su 2 chiodi (1 tolto), 3°

6° TIRO: alzarsi direttamente dalla sosta per tre metri poi a sinistra altri due ad un chiodo da cui con splendida arrampicata raggiungere uno strapiombetto fessurato. Superatolo ancora diritti lungo fessure alla sosta sul canale al termine delle difficoltà.

                50 m, sosta su clessidra ed 1 chiodo, 7°+   (5 chiodi)

7° TIRO: proseguire per il canale fino alla cresta.

                30 m, sosta su clessidra, 3°+

    8° TIRO: per salti di roccia compatta direttamente allo spigolo del pilastro.

                50 m, sosta su 2 chiodi (tolti), 5°+

TIRO: gli ultimi facili metri a destra della cresta portano alla fine delle difficoltà.

                30 m, sosta su friends, 3°

Facilmente per rocce rotte obliquare a sinistra fino a raggiungere gli “ometti” che portano, come per tutte le altre vie della Creta, al sentiero della via normale di discesa.  200 m di dislivello, primo grado.    

 

 

Gennaio 1998 

Mauro Florit

 

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